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Mudhoney - Every Good Boy Deserves Fudge
( 3846 letture )
I Mudhoney sono una di quelle band che hanno codificato un intero mondo musicale, dando a chi è venuto dopo di loro un patrimonio inestimabile, ovviamente senza che questo desse in realtà a loro stessi alcun vantaggio in termini di riconoscimento o successo. Eppure di tutto questo a loro non sembra essere interessato poi molto: la band ha continuato sulla propria strada anno dopo anno, album dopo album, seppure senza mai raggiungere uno status che andasse oltre il mero cult, anche nel momento di maggior successo del genere che avevano contribuito in maniera determinante a creare. La leggenda vuole addirittura che sia stato proprio il chitarrista/cantante Mark Arm ad utilizzare per primo la parola “grunge” per descrivere il suono della propria band, all’inizio degli anni 80. Di fatto, sono una dei pochi gruppi che possono davvero fregiarsi di questo appellativo per descrivere la propria musica. Ecco, potremmo dire che per tutti quelli che sostengono che il grunge fosse un genere commerciale e che le band ad esso riferibili fossero attratte più dal successo che dalla musica in sé stessa, i Mudhoney sono la definitiva variabile che fa crollare il sistema. Il gruppo irriducibile, intoccabile, puro. Al pari dei Melvins dai quali proveniva il bassista Matt Lukin o dei Green River, dai quali provenivano Mark Arm e Steve Turner.

Scelto il monicker da un film del celebre Russ Meyer, i Mudhoney firmano per la Sub Pop, l’etichetta responsabile del lancio della scena grunge e debuttano subito dopo (siamo nel novembre del 1989) con il loro primo EP, il leggendario Superfuzz Bigmuff, anticipato dall’altrettanto leggendario singolo Touch Me I’m Sick. Vero e proprio manifesto del suono grunge e primaria influenza per tutti i gruppi nati da qui in avanti, l’EP lancia anche la carriera della band che, come tutte le principali del genere (Soundgarden, Nirvana e Alice in Chains in primis), comincia ad essere corteggiata dalle major. Ma l’anima del gruppo era indipendente e fieramente alternativa ed è così che il qui presente Every Good Boy Deserves Fudge uscì ancora sotto l’egida della Sub Pop nel luglio del 1991. L’album è considerato probabilmente il più ispirato e vario della band americana e anche se queste classifiche lasciano sempre il tempo che trovano, è indubbio che la materia musicale ivi contenuta sia magmatica ed estremamente multiforme, probabilmente molto più di quanto molti si aspetterebbero da loro. E’ certo che il punto di partenza e la natura profonda della musica suonata dal gruppo sono rintracciabili in un mix arrogante e irriverente tra garage punk, rock ed heavy blues, che vede negli Stooges uno dei principali punti di riferimento, anche per quanto riguarda la componente noise. Al resto pensano il suono melmoso, sporco e avviluppante delle chitarre, la voce strozzata e sgraziata di Mark Arm e la ribollente base ritmica. Ma non finisce qui, perché un grande gruppo, anche nel momento in cui stabilisce dei canoni per tutti gli altri, dimostra di essere in grado di andare oltre e giocare con sé stesso. Così, già nella prima breve traccia, si potrebbe pensare di aver inserito per errore un altro album nello stereo e di star ascoltando il parto di una qualche band hard/prog anni 70. Ma è solo un attimo e la band piazza una scheggia impazzita come Let It Slide a disorientare completamente l’ascoltatore, per poi rincarare la dose con Good Enough, garage rock splendente e compendio ottimo del suono impastato della band accompagnato dal cantato svogliato e indolente di Arm. A chi pensa poi che le band grunge non sapessero suonare e fossero composte solo da incompetenti ed annoiati dalla vita, si potrebbe suggerire l’ascolto della seguente Something So Clear, dalla ritmica ostinatamente in levare per quattro minuti di stordimento. Perché se i Mudhoney non possiedono le abilità compositive o strumentali di altre band coeve, nemmeno si può sottacere il fatto che si tratti di ottimi strumentisti che giocano a fare gli svogliati e i disordinati, ma di fatto dimostrano di saper suonare eccome. Senza scendere nel dettaglio delle singole tracce che compongono il disco, preme ancora sottolineare la verve surf e psichedelica che emerge qua e là e la follia di alcune tracce, tra le quali è impossibile non citare la bellissima e a suo modo romantica ed epica Broken Hands, la riuscitissima Who You Drivin’ Now? e, ancora, Move Out, Shoot the Moon, la strumentale Fuzzgun ‘91, alle quali non si deve affiancare la magnifica Pokin’ Around che sembra un brano di Bob Dylan annegato nel punk psichedelico e nella trasandatezza più ammorbante, in un modo in cui una band “pulitina” come i Lemonheads non avrebbe mai osato fare.

Every Good Boy Deserves Fudge, un titolo non sense preso dall’acronimo ‘E.G.B.D.F.’, che nei paesi di lingua anglosassone viene utilizzato per ricordare le note della chiave di Sol (Mi, Sol, Si, Re e Fa), inserisce nel contesto dell’identità ormai più che formata della band molte peculiarità, tra le quali alcune chitarre acustiche, l’armonica, perfino l’organo, che ne fanno un album innovativo per i Mudhoney e per l’intero genere alternative. Si esce dagli schemi del punk per fare posto a influenze diverse e variegate, a una produzione leggermente meno caotica per quanto pesantemente lo-fi e a strutture di forma canzone più lineari ed immediate. Il tutto senza che si possa avvertire il minimo accenno ad una volontà “commerciale” del gruppo, che continua imperterrito a suonare marcio, ignorante, dissonante ed assolutamente non compromesso. L’album raggiunse posizioni lusinghiere nelle charts, ma per il gruppo il successo vero non arriverà mai e forse è anche per questo che i Mudhoney sono ancora qui, a differenza di quasi tutte le altre band di quel grande movimento e nonostante l’addio del bassista Matt Lukin (omaggiato dai Pearl Jam con la traccia omonima contenuta nell’album No Code) nel 1999. Nonostante possano vantarsi di essere la band che forse più di tutte ha definito il suono grunge, nonostante siano da sempre il volto più puro di un movimento troppo presto fagocitato e masticato dalle major. Perché a loro di tutto questo, in fondo, non è mai interessato niente. A loro interessava suonare e lo fanno ancora: se non avete niente da fare, fatevi un favore e andate a vederli. Altrimenti, continuate pure ad ignorarli: a loro va bene lo stesso.



VOTO RECENSORE
83
VOTO LETTORI
91.4 su 5 voti [ VOTA]
TacaLapala
Lunedì 14 Aprile 2025, 11.15.41
6
Bella recensione Complimenti e lunga vita a loro (Presi il vinile l\'anno dopo della sua uscita)
Macca
Mercoledì 15 Maggio 2013, 18.10.50
5
Swan Lee@ questo è poco ma sicuro!
Swan Lee
Lunedì 13 Maggio 2013, 20.09.16
4
Bel dischetto. Il più figo però è Superfuzz Bigmuff, pochi cazzi.
Macca
Lunedì 13 Maggio 2013, 11.42.03
3
Lunga vita ai Mudhoney, grande realtà del grunge, quello vero, non contaminato da pressioni discografiche o dalle mode del momento. Questo, Superfuzz, Piece Of Cake e My Brother The Cow sono dischi da avere.
Alessandro DON ZUKER Bevivino
Lunedì 13 Maggio 2013, 11.15.46
2
Una grande band.
Undercover
Sabato 11 Maggio 2013, 14.30.10
1
Mark Arm santo subito, la sua band è una delle realtà fra le più longeve, incorruttibili e godereccie che la scena di Seattle c'ha regalato, i Mudhoney sono cavalli di razza e ogni loro disco vale la pena d'esser quanto meno conosciuto, bella Saverio.
INFORMAZIONI
1991
Sub Pop Records
Grunge
Tracklist
1. Generation Genocide
2. Let It Slide
3. Good Enough
4. Something So Clear
5. Thorn
6. Into the Drink
7. Broken Hands
8. Who You Drivin’ Now?
9. Move Out
10. Shoot the Moon
11. Fuzzgun ‘91
12. Pokin’ Around
13. Don’t Fave IV
14. Check-out Time
Line Up
Mark Arm (Voce, Chitarra)
Steve Turner (Chitarra)
Matt Lukin (Basso)
Dan Peters (Batteria)
 
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