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17/01/25
SRL + LOCULO + VOX INFERI + NECROFILI
CLUB HOUSE FREEDOM, VIA DI BRAVA 132 - ROMA
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Eagles - One of These Nights
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( 6396 letture )
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La formula instaurata dagli Eagles nei primi anni della loro carriera è quanto di più americano si possa riscontrare in quegli anni: rock, country, pop, melodie west-coast, arrangiamenti superbi, qualità tecniche eccellenti. Mestiere e qualità di songwriting superiori messe a servizio di una musica morbida ed estremamente radiofonica, che non disdegnava evidenti ammiccamenti al rock, senza però rinunciare ad un approdo mainstream sicuramente gradito e voluto. I primi album, rilasciati a partire dal 1972, pur rivelandosi estremamente importanti e amati, non avevano però ancora garantito un’esplosione della band ad un livello superiore, avendo piuttosto contribuito al consolidamento della fama, ponendo il gruppo tra i pretendenti al titolo, in attesa del momento giusto. Momento che, nemmeno a dirlo, si catalizzerà con l’uscita di One of These Nights nel 1975, album che farà davvero il botto su larga scala e trasformerà gli Eagles da promessa pronta al lancio a superstar certificate con un numero uno nella classifica di Billboard e milioni di copie vendute. Il segno che comunque la strada intrapresa era quella giusta fin da subito lo si ha considerando che il disco mantiene in gran parte le caratteristiche tipiche della band fino a quel momento, ma amplia in maniera significativa la varietà stilistica. One of These Nights si caratterizza infatti per un meltin’ pot di suggestioni affiancate e gestite con la consueta eleganza da una band stratosferica che non perde per un attimo la bussola e il controllo delle proprie composizioni, sempre caratterizzate da arrangiamenti superbi e da una qualità straripante sotto qualunque punto di vista. Che il gruppo fosse ormai arrivato al punto giusto era insomma chiaro a tutti e in questo caso quello che fa la differenza è sempre stato un singolo capace o meno di fare man bassa nelle charts. Detto fatto, ecco sfornata proprio la titletrack apripista dell’album, una canzone dall’evidente pulsione funk rock sulla quale si innestano dei cori R&B che verrebbe di definire quasi dance e che non sfigurerebbero su un album dei Bee Gees. Le voci di Henley, Frey e Meisner si combinano al solito magicamente e il risultato è il primo numero uno della carriera degli Eagles, seguito dal numero due di Lyin’ Eyes e dal numero quattro di Take It to the Limit, che sanciscono i quattro milioni di copie vendute di getto e il successo internazionale della band.
One of These Nights però non è un disco che vive della luce riflessa dai suoi scintillanti singoli. Anzi, si potrebbe quasi dire il contrario, perché le altre canzoni sono forse la parte più bella dell’album e costituiscono una delle ragioni della sua solidità e della sua longevità. Se infatti i tre singoli sono in tutto e per tutto parte del mito degli Eagles e restano tra le canzoni più note della band, la loro sovraesposizione e il loro essere così fortemente radicate nell’identità seventies rischierebbero di far passare in secondo piano il valore dell’album nel suo insieme. In realtà, già la seconda traccia, Too Many Hands dimostra quanto ci sia ancora da scoprire e ascoltare in One of These Nights, con una melodia più decisa e rockeggiante esaltata dalla voce di Meisner e degli splendenti duetti di chitarra tra Don Felder e Glenn Frey, che si combinano con le belle partiture acustiche di Leadon. La seguente Hollywood Waltz, come molte delle canzoni contenute nell’album, nasconde sotto la forma della ballata una amara riflessione sui temi dei rapporti umani e sentimentali instaurati nel dorato ambiente dello spettacolo e non solo in quello, a dire il vero. La prima facciata si chiude con un vero colpo da maestro da parte di Bernie Leadon che realizza sei minuti da consegnare alla Storia con Journey of the Sorcerer e le sue atmosfere country oniriche ed epiche: un capolavoro dimenticato da riscoprire immediatamente. Tocca agli altri due fortunati singoli aprire il lato B dell’album e c’è poco da aggiungere rispetto a quelle che sono due tracce entrate nell’immaginario collettivo, se non confermare la bontà della scrittura del duo Henley/Frey che arrivava a sancire la propria leasership all’interno del gruppo. Eppure è la successiva Visions a colpire, non solo perché si tratta dell’unica traccia cantata da solista dal buon Felder, ma per la propria robusta dimensione rock che rilancia al momento giusto le dinamiche dell’album con un gran bel lavoro delle chitarre elettriche a condurre il gioco sia in fase solista che ritmica, con un’atmosfera che ricorda i lavori di Edgar Winter e della James Gang. Anche in questo caso, si tratta di un brano da riscoprire e apprezzare. Chiudono il platter la riuscitissima e famosa ballad After the Thrill Is Gone, che prosegue sulla linea della riflessione amara e, quasi per contrasto, la dolce I Wish You Peace, canzone scritta da Leadon con l’allora fidanzata Patti Davis; canzone peraltro decisamente meno interessante delle altre e che sarà successivamente disconosciuta da Don Henley.
Non sempre i dischi che sanciscono il successo di una band sono poi quelli che si rivelano artisticamente più interessanti, ma nel caso di One of These Nights si può senz’altro smentire questa tendenza. L’album è indubbiamente tra i migliori mai scritti dagli Eagles ed è probabilmente il più variegato e complesso, tanto che appare quasi un piccolo miracolo da parte della band il riuscire a mantenere l’equilibrio nonostante le influenze diversissime messe in luce nelle varie tracce. Eppure, un altro degli effetti classici del successo stava invece per colpire il gruppo: nel dicembre dello stesso 1975 Bernie Leadon lascerà infatti vacante il suo posto, portandosi via tutte le atmosfere country che avevano sin a quel momento caratterizzato la proposta della band. La consapevolezza del crescente predominio di Glenn Frey e Don Henley e lo spostamento di conseguenza dell’asse portante la proposta della band, convinsero il chitarrista a congedarsi dai compagni proprio nel momento del massimo successo. Ma per gli Eagles il cammino verso la leggenda era ancora in corso e avrebbe trovato presto la sua consacrazione definitiva con il nuovo entrato Joe Walsh. Certo è che One of These Nights proprio per il suo essere così caratterizzato dall’atmosfera tipica dei seventies risulta oggi un po’ invecchiato musicalmente, ma non per questo meno interessante, grazie anche a qualche episodio erroneamente considerato minore e che merita invece di essere riportato all’attenzione generale. Sicuramente tra i più grandi di quegli anni gli Eagles restano una band da scoprire e apprezzare ancora oggi.
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8
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Il mio album preferito degli Eagles. Pubblicato nel mio stesso anno di nascita. Non una nota fuoriposto, perfezione assoluta, 99 secco. \"Take to the limit\" brano incredibile |
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7
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bene Mr. Comellini, poteva finire la recensione al primo punto. Ma non voglio sminuire la sua disamina, ma e' meglio ascoltare lyin' eyes, quante sono le songs dallo spirito rock cosi' belle? perche' la timbrica e' Rock, vabbe' un po' cowboy ballad, ma proprio per quello rock. Eagles An American Legend , un bel confanetto, quando e se commentero' |
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6
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poco da dire ........il disco è un capolavoro...........loro una delle più grandi band........della storia della musica.......e non intendo solo del country rock........della musica tutta.........con Glen Frey se ne è andato un altro pezzetto della mia vita.......grandi Eagles.....thanks |
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5
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Bello. Un plauso a Too many hands che i Fleetwood Mac avranno ben presente quando scriveranno la loro Chains. 75 |
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4
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Commentare questa band è impossibile......Si adora,punto.Qualitativamente non han sbagliato un disco,sempre al top per melodie,sensazioni uniche.......Mito totale! |
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3
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Gran disco , bella recensione . |
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1
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questa band è straordinaria e ogni loro album merita. Take It to the Limit è una delle mie preferite della loro discografia, davvero stupenda |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. One of These Nights 2. Too Many Hands 3. Hollywood Waltz 4. Journey of the Sorcerer 5. Lyin’ Eyes 6. Take It to the Limit 7. Visions 8. After the Thrill is Gone 9. I Wish You Peace
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Line Up
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Glenn Frey (Voce, Chitarra, Tastiere, Harmonium) Bernie Leadon (Voce, Chitarra, Banjo, Mandolino, Steel Guitar, Pedal Steel) Don Felder (Voce, Chitarra, Slide, Organo) Randy Meisner (Voce, Basso, Chitarra) Don Henley (Voce, Batteria, Percussioni, tablas)
Musicisti Ospiti David Bromberg (Flauti su traccia 4) The Royal Martian Orchestra (Archi su traccia 4) Clara Potter-Sweet (Intergalactic Encyclopedia Researcher su traccia 4) Albhy Galuten (Sintetizzatori su traccia 3) Jim Ed Norman (Piano su tracce 5 e 6, Orchestrazioni, Arrangiamenti e Direzione)
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RECENSIONI |
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