|
21/12/24
GORY BLISTER + AYDRA
RCCB INIT, VIA DOMENICO CUCCHIARI 28 - ROMA
|
|
Wind Rose - Shadows Over Lothadruin
|
( 2991 letture )
|
Sellate il vostro destriero, calzate l’elmo d’acciaio e affilate la lama della spada: i tricolori Wind Rose hanno tutta l’intenzione di traghettarci nella Toscana medievale, in mezzo a boschi verdeggianti e borghi caratteristici, mescolando la forza del power metal con le sonorità derivate da un periodo storico tanto affascinante e spesso utilizzato come spunto di idee inesauribile per tanti alfieri dell’heavy più mitizzato. Sorti nel 2004 sotto la torre pendente, i cinque italiani si sono fatti le ossa con un demo di tre pezzi nel 2010, autoprodotto, ed ora sono passati sotto gli stendardi -mai modo di dire fu più appropriato- della Bakerteam Records, la quale produce il debut Shadows Over Lothadruin: un’ora e cinque minuti spruzzata di progressive, talvolta squisita e talvolta troppo prolissa. Una lunga intro da colonna sonora pone prontamente l’attenzione sugli scenari cavallereschi nei quali l’act nostrano si muoverà costantemente, imbastendo composizioni molto gradevoli, tanto nella spessa base ritmica quanto nelle vocals morbide ed evocative. Il drumworking di Daniele Visconti rende più piccante la portata in salsa medievale propostaci dai pisani, i quali si avventurano in trame progressive incentrate su una matrice power, dai riffoni roboanti e con azzeccati inserti di tastiere, ricordando a tratti i Rhapsody e citando anche band come gli Stratovarius. La personalità non manca, tuttavia, a questi cinque prodi metallers, che non scadono mai nel banale e, attraverso composizioni quali Siderion e Majesty (ok, qualche titolo sa, diciamo così, di già sentito), ci fanno respirare un’aria medievale, dandoci l’idea di trovarci tra le mura di qualche antico borgo fiorentino, tra bardi cantastorie, focolari accesi, fanciulle e bambini che giocano ai piedi delle torri. La chitarra di Claudio Falconcini è elegante e curata, nulla di pacchiano o sferzante, ma sempre in linea col tema delle canzoni; anche il parco-riff è assolutamente appagante, così ben fornito e seriamente incisivo: certi giri di chitarra che vengono disseminati lungo il platter suonano davvero erculei ed incisivi, ottimamente in linea con la scenografia creata dai Nostri. Francesco Cavalieri si avvale di una timbrica vocale tipicamente power, assai melodica ma anche ruvida, all’occorrenza, sempre molto accorata e passionale. Attraverso di essa vengono costruiti chorus ariosi e suggestivi, niente di memorabile, ma di sicuro impatto, dotati come sono di valide traiettorie melodiche.
La pulizia dei suoni ed uno stile capace di far coesistere tradizione e modernità completano il quadro di un disco dai risvolti più che positivi, anche se impegnativo e sconsigliato a chi dal power si aspetta soprattutto rapide e devastanti cavalcate à la Blind Guardian (per lo meno quelli del periodo d’oro, 1988-1995 per intenderci). Il disco è introdotto da Prelude, un’ampia parentesi hollywoodiana con tanto di breve assaggio narrato (alla Manowar, direbbe qualcuno), e procede con l’atmosfera distesa ed enfatica di Endless Prophecy, una potente traccia dal pathos crescente dotata di efficaci accelerazioni in coincidenza del ritornello; la quarta traccia, Siderion, possiede un forte alone millecentesco, a partire dal pregevole assolo di chitarra, ed È dotata di valide melodie castellane, vocals positive da danza attorno al falò e taurini riffoni epici. La band toscana va a comporre anche alcuni pezzi lenti, che però non risultano emozionanti come vorrebbero i loro autori: Son of a Thousand Nights è una ballata malinconica non particolarmente toccante, mentre Moontear Sanctuary è più solenne e azzeccata. The Fourth Vanguard e Oath to Betray puntano forte sul loro riffing massiccio e tonante, di proporzioni ciclopiche: la prima è enfatica ed iniettata di cori ridondanti, vibranti tappeti di doppio pedale e tastiera e sembra proprio un incrocio tra la ex band di Luca Turilli ed il colosso finlandese capitanato da Timo Tolkki, mentre la seconda possiede una cadenza stentorea che si fa più incalzante nel refrain, con una gran bella prova vocale del singer. In particolare, The Fourth Vanguard spicca anche per la pregevole sezione solista, con un accurato comparto di tastiere ad accompagnare le note scandite dalle sei corde. Majesty lievita dopo un cospicuo avvio strumentale, quest’ultimo imbevuto di toccanti melodie medievali, e le parti cantate arrivano soltanto dopo due minuti, principalmente sintonizzate su canoni da ballata. La parte centrale poggia su una ritmica corposa e sull’ennesimo riff pesantissimo, questa volta più cadenzato; i nove minuti di durata, però, sono alquanto eccessivi. Episodio un po’ a sé stante, Led by Light è tanto tosto e moderno nelle ritmiche quanto melodico nelle vocals e nel guitar solo, ma anche in questo caso la lunghezza (sette minuti) è esagerata; poco aggiunge, al computo complessivo, la finale Close to the End, altri dieci minuti sempre in bilico tra sprazzi di decadenza ed inasprimenti ritmici più marcati.
Forse un eccessivo numero di intro e tracce narrate spezzettano eccessivamente l’ascolto, ma in questi generi ci si deve abituare, perché sono soluzioni di prassi, utili sia per creare un’atmosfera adatta che per mantenere la lente puntata sulla storia raccontata. Quello che si crea, non solo per le suddette tracce, è un disco comunque un po’ troppo lungo, nel quale le canzoni sono coinvolgenti ma talvolta eccessivamente dilatate nel minutaggio: spesso costruite attorno ai cinque minuti, le varie composizioni sono tutte caratterizzate da un flavour a metà tra l’epico ed il malinconico (per lo più per quanto concerne le linee vocali) e questo rischia di assottigliarne le differenze, nonostante le trame siano tutt’altro che rigide o banali. Inserire undici tracce così ambiziose, progressive, pompose, solenni ed arrangiate con tanta perizia di particolari è un’operazione ammirevole ma anche rischiosa, che potrebbe intasare l’ascolto e la longevità dell’opera. Lavoro che potrebbe piacere a chi apprezza le proposte power più melodiche, alla scandinava, ma che paga l’eccessiva lunghezza ed omogeneità di una scaletta in cui nessuna canzone sembra ergersi a episodio-simbolo, restando impresso o facendo gridare al miracolo.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
7
|
Ringrazio personalmente il recensore e tutto lo staff... Una bella recensione, molto coinvolgente! Un saluto a tutti i nostri followers del web, Francesco - Wind Rose |
|
|
|
|
|
|
6
|
@The Sentinel, spesso li ascolto in promo grazie ad amici così ti spiego il perché mi capita di rispondere ad album non ancora rilasciati o usciti da poco e non è la prima volta che lo dico. Per quanto riguarda le scopiazzature ascoltati i Symphony X da "The Divine Wings Of Tragedy" a "The Odyssey" e dimmi quanti passaggi trovi uguali non tenendo conto di altre band anche da te citate dal quale prendono sin troppo. E' un debutto, sono bravi ma sono anche citazionisti da far schifo e questa è una pecca, incide sulla personalità del disco che non c'è, non è la loro, appartiene in toto a quelle band dalle quali prendono spunto, non è che due varianti pseudo folk come atmosfera ti salvano il risultato. Le basi sono ottime, ciò che viene mostrato è frutto d'altri, la mia è una critica in positivo perché sono convinto possano fare delle grandi cose, è suonato alla grande ma per come stanno messi adesso per me valgono sei non di più né di meno. |
|
|
|
|
|
|
5
|
Cavolo, leggendo certi commenti (ma non solo a questa rece, vale un po' per tutte), vien da pensare che siete veloci a comprare dischi al volo e ad ascoltarli attentamente, magari varie volte come si dovrebbe sempre fare prima di esprimere un giudizio (soprattutto se pubblico), considerando che spesso molti commentano il giorno stesso della recensione quando il disco è uscito magari da un giorno solo o due (in questo caso ieri), o addirittura a volte potrebbe anche non essere ancora uscito, visto che ovviamente chi recensisce ha il promo mandato dall'etichetta anche un mesetto prima dell'uscita o roba del genere, proprio per poterlo ascoltare per bene, fare le recensione e pubblicarla senza ritardo rispetto all'uscita o addirittura un po' in anticipo per "preparare" il pubblico...e anche un bel portafogli a fisarmonica per fortuna vostra dovete avere, visto che commentate praticamente tutto, quasi ogni titolo che esce o almeno tutto quello che seguite come generi...eh si, son cambiati davvero i tempi rispetto a una volta ;-D Per il discorso influenze più o meno nette o anche qualche scopiazzatura qua e là al limite, se uno mi trova un gruppo o disco, soprattutto di esordienti e di 20 anni, uscito negli ultimi anni (ma anche 10 o 15 uno potrebbe fare) che sia definibile totalmente personale (non dico originale, impossibile da 20 anni e passa), dove non senti mai nemmeno un solo passaggio che ti fa venire in mente questa o quella band/disco storico o meno o qualche passaggio particolare di qualcun'altro cmq precedente, beh mi complimento con lui, mi segno il titolo e la band e lo cerco al volo. Ricordate sempre poi che nella musica esistono anche le coincidenze, le note son sempre quelle e anche le soluzioni alla fine in ogni campo/genere, e questo può essere proprio il caso soprattutto di chi ha una certa età e per forza di cose dubito abbia potuto sentire e soprattutto assimilare davvero tutto quello che è uscito prima, anche solo a livello di fondamentali del proprio genere e di quelli altri più o meno affini ad esso. |
|
|
|
|
|
|
4
|
Anzi, non "...cambio successivo..." avvenuto solo e di colpo con "NIME", visto che anche se in "Imaginations..." erano mediamente ancora piuttosto diretti e speed, proprio con quel disco la loro musica iniziò a farsi più progressiva e ancora più ricercata (sicuramente rispetto alla media del campo, ma d'altronde loro son sempre stati particolari dimostrando grande personalità fin dal debutto, pur totalmente devoto ai primi Helloween in quel caso, per loro stessa ammissione, visto che ascoltavano in continuazione "Walls Of Jericho" al tempo), oltre ad esserci un cambio di suono, poi parzialmente ricorretto dopo per renderlo di nuovo un po' più "arioso", corrispondente all'abbandono alla produzione del più classico e ottantiano Kalle Trapp sostituito da Flemming Rasmussen, quello dei Metallica di "Ride..." e soprattutto "Master..." per intenderci, che rese il suono relativamente più moderno, pesante e compresso. |
|
|
|
|
|
|
3
|
Beh, premesso che conosco già il gruppo e l'ho visto anche una volta dal vivo (uno dei primi concerti credo fosse tra l'altro), e avevo sentito i brani del demo sulle loro pagine, ma non ho ancora sentito il disco, un'osservazione su un passaggio. Da come lo descrivi e per quello che appunto conosco già della band, visto che può essere sicuramente vero che non si tratta di power di quello più coriaceo e immediato (pur allo stesso tempo per nulla banale a sua volta, anzi) come i primi Blind Guardian, allo stesso modo girando il discorso potevi scrivere, utilizzando proprio la stessa band e per lo stesso motivo, cioè il cambio di approccio successivo dei tedeschi, che questo disco dovrebbe essere perfettamente indicato per chi invece, per motivi anagrafici o di semplice gusto personale, adora o ha adorato la seconda parte di carriera dei BG, cioè da "Nightfall In Middle Earth" in poi, con cui ha in comune anche proprio la struttura con vari intermezzi brevi ad introdurre molti pezzi, il concept ecc. Certo, nessuno dice che i pezzi siano a quel livello magari, e stilisticamente i WR hanno anche elementi e influenzei più "moderni" come Dream Theater e Symphony X, ma aspettiamo...questi sono al debutto e hanno 20 anni di media oggi eh (e il gruppo l'hanno formato 5 anni fa se non erro, anche se i componenti erano parzialmente diversi). |
|
|
|
|
|
|
2
|
Bravi, tecnicamente preparati, melodie indovinate ma non proprie, la miglior loro qualità è il cantato particolarmente espressivo per il resto è un copia-incolla di duecento band note e personalità ancora da costruire. Poco più della sufficienza di stima. |
|
|
|
|
|
|
1
|
devo dire che a me è piaciuto molto... ascolto per ascolto emerge sempre piu come ciascuna canzone vada a costituire l'insieme mantenedo però una personalità propria... anche la composizione è alquanto innovativa: elemonti prog, folk, sinfonici si fondono insieme in maniera quasi perfetta... magistrale... |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
|
|
|
|
|
Tracklist
|
1. Prelude 2. Endless Prophecy 3. (The Tournament) 4. Siderion 5. (The Grand March) 6. Son of a Thousand Nights 7. The Fourth Vanguard 8. (Dark Horizon) 9. Majesty 10. (The Havoc) 11. Oath to Betray 12. Led by Light 13. (Sacred Fount) 14. Moontear Sanctuary 15. (Vererath) 16. Close to the End
|
|
Line Up
|
Francesco Cavalieri (Voce) Claudio Falconcini (Chitarra, Voce) Federico Meranda (Tastiere) Alessio Consani (Basso) Daniele Visconti (Batteria, Voce)
|
|
|
|
RECENSIONI |
|
|
|
|
|
|
|
|
|