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Vintersorg - Jordpuls
( 4070 letture )
Se non mi stessi occupando di un prodotto 100% Vintersorg, ne uscirei con parole semi-entusiastiche, cosa che, stante anche l’evidente virata no-prog che allontana Jordpuls dai comportamenti stilistici degli ultimi giri, ho comunque avuto modo di sentire pronunciate da moltissime bocche amiche.
Ma io sono un sognatore. Uno che tutti i giorni chiede al suo genio personale di soddisfare il desiderio di una vita intera. A lui, il mio Mastrolindo privato, ho chiesto molti sforzi in campo musicale: di restituirci Chuck e Quorthon; di riunire band come i Thergothon ed i Nocturnus, di svegliare il cervello intorpidito di James Hetfield, Robert Smith e tanti altri, di far suonare il prossimo album death metal come Left Hand Path (Entombed) o Where No Life Dwells (Unleashed), and so on...
I canonici tre desideri potrebbero insomma non bastare. Il tempo per provvedere nemmeno.
E comunque: Mastrolindo… perché non rispondi?

Nel mentre, torniamo a Vintersorg.
Ebbene, l’attesa spasmodica e le puerili illusioni dell’inguaribile “credulone” Giasse sono state in parte soddisfatte da questo Jordpuls che innesta la retromarcia per fare però solo qualche metro anziché tutta la strada che separa i giorni nostri dal capolavoro Cosmic Genesis: Vintersorg con la sua settima release “piena” sforna infatti un prodotto che ne vuole affievolito lo sviluppo tech (ed anche un po’ freddino) che i più recenti The Focusing Blur e Solens Rötter avevano intrapreso. Mostrate al mondo tutte le proprie indiscutibili qualità esecutive e l’apertura nei confronti di generi lontanissimi dal folk (anche con progetti paralleli, collaborazioni, ecc…), il duo torna a disegnare quadri cosmici con la mano e la vocazione della Madre: l’impianto chitarristico, che costituisce lo scheletro dell’opera, abbandona le spigolature progressive più esasperate, lasciando spazio ad una conduzione maggiormente ariosa e ben amalgamata con le keys, gli strumenti acustici (arpa, ottoni, whistles, archi) ed il cantato corale. Il songwriting abbraccia poi arpeggi puliti, intarsi fiabeschi prodotti dalla strumentazione folk, alternanze, fughe e raddoppi vocali in screaming e clean (e pure in un growling cavernoso che mi ha favorevolmente stupito) e percussioni marziali e martellanti (la drum-machine, in definitiva, fa sempre questo effetto) che alzano frequentemente il ritmo rendendo incalzanti alcune porzioni del disco, il tutto – ingegneristicamente parlando – riconducendosi alle ultime produzioni Napalm in materia (forse proprio la restituzione della chitarra differisce da prodotti alla Falkenbach). Certo, Hedlund e Marklund non sono più natural-addicted come durante gli anni conclusivi del secondo millennio e, come tali, anche le loro creazioni risentono di un affinamento – evolutivo o involutivo decidetelo voi – che finisce per scontrarsi con lo scenario tematico della triade originaria Till Fjälls, Ödemarkens Son e Cosmic Genesis, tutti album incentrati sulla relazione tra vita ed ambiente e che, traendo spunto da quella candida concezione filosofica, si vestono di un tessuto sonoro – oramai perduto – molto intimo ed emozionale. Le fondamenta auditive, ossia la fase armonica e quella melodica, sono concepite in Jordpuls attraverso canoni precisi e minuziosamente limitati all’interno delle regole che la grammatica teorica propone, cosa che, abbinata ad un’ispirazione non proprio freschissima e ad un auto citazionismo un po’ troppo sopra le righe, lascia comunque degli strascichi sullo spirito di fondo della pubblicazione e sulla sua godibilità al play: ascoltando l’album, e soprattutto la ricchezza di alcuni abbinamenti verticali, si perde la tensione atavica trasmessa dai primi titoli e quella viscerale territorialità che permetteva all’ascoltatore di immergersi in una cultura nordica improvvisamente accessibile. A nulla serve una restituzione chitarristica spenta da un gain grezzo e poco potente che pare solo un vano espediente per ricreare la schiettezza con cui si trattarono i soggetti sonori al principio. Va comunque specificato che, dal lato stilistico, la volontà di donare ai vari brani un inquadramento folk – con evidenti richiami ai seminali Otyg – è innegabile, anche se – tirate le somme – si riescono ad isolare molti momenti in cui i pezzi si producono in un andamento comunque contorto e un po’ troppo ripetitivo.
Il buono, soprattutto concentrandosi su Andreas, è da riferirsi alla prestazione canora, tornata finalmente su livelli altissimi: sia quando ruggisce incattivito come una belva affamata, sia quando ondeggia sulle note evocative dei propri corali puliti, il vocalism raggiunge le sinapsi dell’ascoltatore fornendogli quelle emozioni che la musica di tanto in tanto trascura perché non ancora totalmente emancipata dal comportamento cervellotico tipico del prog-style degli ultimi anni. Lo screaming attacca con vigore gli spazi aperti dalle chitarre fornendo quella perfidia che un prodotto extreme-folk/viking dovrebbe di norma possedere, anche se il distorto è principalmente utilizzato come rafforzativo del pulito; quest’ultimo, pur perdendo le riconoscibilissime mono-intonazioni baritonali dei tempi che furono per accomodarsi su linee morbide e screziate, rimane comunque inconfondibile (per timbrica) elevandosi quale incontrastato protagonista delle composizioni moderne: significative le canterine Klippor Och Skär, Skogen Sover e Eld Och Lågor. Prestazione pienamente soddisfacente anche per modulazione e tenuta.

Mi rendo conto, rileggendo il testo fin d’ora scritto, che nella mia economia sentimentale Jordpuls è un continuo “dare e avere”… e l’analisi distaccata della tracklist non fa che puntellare questa mia tesi.
Eccezionali le iniziali Världsalltets Fanfar e Klippor Och Skär, che sintetizzano alla perfezione le due modalità con cui i nostri sanno affrontare la stesura delle partiture. Cattiva e praticamente black/viking, Världsalltets Fanfar squarcia l’overture dell’LP creando un’aspettativa che verrà in parte disillusa. Riffing, ritmica e vocalism sono tirati fino al momento del primo interludio con bouzouki e whistles, dopodiché si alterna con i mid-tempos ed un approccio melodico: di fatto resterà il brano più cattivo dell’opera, cosa che dispiace non riuscendo, almeno da parte mia, a farmi bastare le performance occasionali delle successive Mörk Nebulosa (tra le meglio bilanciate in fatto di contributi), Stjärndyrkan (primo brano stanco della tracklist che però mostra intagli canori di grande impatto, vigore ed epicità) e Vindögat (contemporaneamente cattiva, progressiva e folk, ma scontatissima negli abbinamenti orchestra/chitarra che edulcorano il ritmo elevato, altrimenti ferale).
Dell’”altra sponda” Klippor Och Skär, che invece si muove principalmente su lidi comodi ed orecchiabili, per cucire poi un paio di momenti secchi e pesanti: la direzione melodica della traccia si sposta in continuazione tra i vari strumenti utilizzati; perfette le armonizzazioni: tra archi, sinth, arpa ce n’è per chiunque abbia voglia di cimentarsi nello sfoglio di questa corposa “cipolla” di suoni.
Con Till Danet Av Forsar Och Fall inizia un citazionismo obbligato, ma non fastidioso, che proseguirà per tutta la rimanente successione di tracce. Si introducono così stilemi classici del folk metal e tutto pare un deja-vu bello e buono (ditemi se gli interventi arpistici di prima linea non assomigliano a quelli di una notissima band nostrana).
La chiusura di Palissander e Eld Och Lågor è ancora una volta controversa per il mio gusto ortodosso: esageratamente condita, la penultima risulta indigesta, mentre Eld Och Lågor pareggia le spettacolari Världsalltets Fanfar e Klippor Och Skär: brano triste e doloroso – al massimo un po’ melenso e scarico – che agisce molto bene sulla psiche, terminando un disco che, vivendo di moto oscillatorio, non mi permette di fotografare un giudizio egualmente distribuito in tutti i 46 minuti di run.

In Jordpuls ci sono brani da brivido e, di contro, momenti che pagano il ricorsivo accanimento agli stilemi base del progetto Vintersorg: la summa impedisce una ricezione esauriente. Esecutivamente parlando la band non si discute (non è possibile discuterla) ed il passo in avanti rispetto a The Focusing Blur e Solens Rötter è innegabile (soprattutto per chi come me che non è naturalmente portato alle sbrodolate ultratecniche), sia nella spinta stilistica, sia nel risultato. Ma qualcosa ancora manca. Mancano le suggestioni che fanno grandi le varie forme d’arte; manca la spontaneità di una narrazione disinteressata ed ingenua; manca, in definitiva, il Jordpuls che avrei sognato ed implorato al mio genio personale.
Per ora dobbiamo accontentarci di un prodotto terreno, sicuramente positivo, ma ancora distribuito tra gioie e dolori. Basterà il prossimo triennio a convincere Andreas ad un altro passo… indietro?
O serve davvero un Mastrolindo qualunque?



VOTO RECENSORE
72
VOTO LETTORI
49.41 su 34 voti [ VOTA]
il vichingo
Mercoledì 22 Febbraio 2012, 9.42.44
8
Ahhh Vintersorg... che grande artista, mi stupisce sempre e le sue canzoni mi entusiasmano sempre. E' proprio una garanzia! Bene, finito il panegirico su Vintersorg, secondo me è sbagliato classificarlo come Viking.... quest'album è avantgarde, o al massimo black, ma col Viking ci azzecca poco. Detto questo un 75 se lo merita senza dubbio.
502
Domenica 19 Febbraio 2012, 10.12.21
7
Questo non può che essere avantgarde metal. ...dimenticavo, album favoloso.
Giasse
Giovedì 14 Aprile 2011, 23.36.00
6
Però a mio avviso di black c'è veramente poco nulla... certo, con Vintersorg non è mica facile trovare un'etichetta
sebevan
Giovedì 14 Aprile 2011, 15.17.33
5
io proporrei progressive black...
Arvssynd
Domenica 10 Aprile 2011, 22.40.33
4
Concordo con l'analisi del disco, molto bello, ma non entusiasmante. Spero abbia riservato idee migliori per i Borknagar..
Giasse
Sabato 9 Aprile 2011, 13.30.45
3
Ne abbiamo parlato molto anche noi dell'etichettatura, che francamente mi pare un dettaglio poco importante a fronte di una recensione esplicativa. Comunque sono pronto a cambiare. Suggeriscimi 1 genere da inserire al posto di Viking (che evidentemente e' lo spirito primigenio)...
sebevan
Sabato 9 Aprile 2011, 13.16.27
2
E questo secondo voi sarebbe viking metal??? mmm.....almeno cambiate il genere per favore...è patetico una "marchetta" del genere su un gruppone come loro.... fate er piacere và!
Ubik
Sabato 9 Aprile 2011, 13.09.12
1
Bell'album non un capolavoro ma godibile. Recensione stupenda come sempre
INFORMAZIONI
2011
Napalm Records
Viking
Tracklist
1. Världsalltets Fanfar
2. Klippor Och Skär
3. Till Dånet Av Forsar Och Fall - assolo
4. Mörk Nebulosa
5. Stjärndyrkan - assolo
6. Skogen Sover
7. Vindögat
8. Palissader
9. Eld Och Lågor
Line Up
Andreas "Vintersorg" Hedlund - Vocals, Guitar, Bass, Keyboards
Mattias Marklund - Guitar
 
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