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Triumpher - Spirit Invictus
15/11/2024
( 478 letture )
Chiamati a bissare il successo di critica della loro opera prima, tornano dopo solo diciotto mesi dal debutto, e con una formazione fortemente rimaneggiata (da power trio alla più classica a 5 elementi), gli agguerritissimi TRIUMPHER. Lo fanno con un disco che ancora più del precedente, affonda le radici nell’ eredità classica della storia ellenica.
Come era lecito aspettarsi, le coordinate stilistiche del primo disco non sono cambiate di una virgola, anzi se possibile sono state portate ancora più all’ estremo, ovvero epic metal furioso con forti derive strumentali di melodic black; differentemente a Storming the Walls, dove questi elementi potevano risultare in alcuni casi come abbellimenti e divagazioni strumentali, nel caso di Spirit Invictus, gli inserti nordici vanno a donare quella compattezza e cattiveria che in qualche caso mancava nel precedente platter (soprattutto la compattezza).

Ripartono esattamente da dove avevano concluso i TRIUMPHER, e lo fanno con la terremotante e serratissima Arrival of the Avenger che, preceduta da una breve e non particolarmente funzionale intro epicheggiante dal nome di Overture to Elysian, ha il compito di colpire direttamente in faccia l’ascoltatore. Arrival of the Avenger è infatti una mazzata metallica dalle ritmiche di chitarra vorticose, e dalle parti di batteria decisamente debitrici agli ambienti estremi del nord Europa, che mette nuovamente in mostra (se ancora ce ne fosse bisogno), sia la perizia tecnica e capacità compositiva dei greci, sia la loro enorme venerazione per i Manowar. Sono infatti fortissimi nel brano i richiami alla band di DeMaio & Adams, in particolare a Wheels of Fire ed alla parte centrale della suite Achilles, Agony and Ectasy In Eight Parts, soprattutto derivanti dalle metriche della voce, e dalla prestazione vocale stessa di Mars Triumph (aka Antonis Vailas), che come già sottolineato nella recensione di Storming the Walls, ricorda in maniera impressionante l’Eric Adams d’annata, e che detto fuori dai denti, gioca anche un po’ troppo su questa somiglianza.
Durante tutta la durata del disco infatti, il greco è fautore di una prestazione assolutamente di livello, anche se non possiamo esimerci da notare che tutta l’enfasi, la foga e la furia battagliera trasmesse, possano talvolta risultare leggermente fuori fuoco, trasformando le ottime metriche e ritornelli, in qualcosa che a volte può risultare straniante; pensate di ascoltare il miglior Eric Adams e di sentirlo costantemente esagerare nei vocalizzi estremi e nelle tipiche “urla” e sarete molto vicini alla resa della prestazione di Mars Triumph.
Il disco prosegue con Athena (1st Chapter) cavalcata epica dall’andamento rallentato e dell’atmosfera solenne e maestosa; il brano inizia con intro di chitarra a terzine che ricalca la melodia di quello che sarà poi identificabile con il ritornello del pezzo, per poi aprirsi in linee vocali evocative declarate da un Mars Triumph decisamente ispirato; le parte di chitarra, nonostante la velocità di esecuzione sia decisamente ridotta rispetto all’opener, risultano sempre serrate e di derivazione black riuscendo nel complesso a donare al brano un andamento trionfale ed epico; risultano particolarmente ispirate nella parte strumentale centrale in cui le melodie vengono armonizzate in maniera decisamente riuscita, trasformandola in uno dei brani sicuramente migliori del platter.
Anche la successiva Spirit Invictus, titletrack dell’album, risulta essere un’ottima cavalcata epica e battagliera, vero e proprio cuore metallico e pulsante del disco, dalle ritmiche marziali e l’incedere guerriero personificato dal “solito” Triumph, qui soventemente sopra le righe nell’interpretazione.
Squisite anche se decisamente tipiche del genere le parti di chitarra e le variazioni strumentali presenti.
Da quanto ascoltato finora, il rimaneggiamento della formazione attuata dai greci ha decisamente giovato all’economia complessiva della band, donando alla prestazione sonora maggiore fluidità e centratura, i cui maggiori benefici saranno riscontrabili soprattutto in ottica live.
Siamo ormai a metà del platter, invero non particolarmente lungo, circa quaranta minuti, e come lecito aspettarsi da una band che fa dell’epica e della furia battagliera la propria bandiera, arriva il brano dedicato al condottiero greco (macedone) per eccellenza, quell’Alessandro Magno che al tempo cambiò il corso della storia sottomettendo quello che era al tempo l’impero più grande del mondo, la Persia.
Alexander narra infatti le vicende del condottiero e la natura oscura dell’ambizione e lo fa con una violenza ed una furia veramente estreme; introdotta da un riff decisamente black e da un’evocativa linea vocale doppiata in maniera dissonante, la canzone si dipana quasi interamente sui territori del black melodico, fatti salvi stacchi strumentali che rallentano ad arte il muro sonoro per il solo decisamente melodico in controtendenza con il mood della canzone. Unica nota leggermente meno apprezzabile in un pezzo decisamente più che valevole, è in questo caso la prestazione vocale che a seguito della foga e della furia dell’interpretazione di Mars Triumph, fatica a legarsi in maniera ottimale con la parte strumentale veramente degna di nota.
Non fa prigionieri neanche la successiva Shores of Marathon, canzone epicheggiante e battagliera che, come sottintendibile dal titolo, narra le gesta della storica battaglia delle Termopili.
Anche in questo caso siamo di fronte ad una trionfale cavalcata metallica carica di pathos, onore e gloria, una di quelle che fa venire la voglia di indossare armature e di alzare spadoni e vessilli al vento, impreziosita con tanto di intermezzo parlato in lingua madre. Ottime in ultimo le prestazioni solistiche dei due chitarristi, ovvero Christopher Tsakiropoulos e Mario Ñ Peters, ascia storica della band il primo e new entry di indubbio valore il secondo.
Si rallentano inizialmente i ritmi con la quadratissima (e autocelebrativa) Triumpher, che ancora una volta ci dimostra la venerazione palese che i greci hanno per i Manowar; la canzone è infatti costruita volutamente sui più rigidi dettami che la band americana ha stabilito nel corso degli anni, con tanto di cori di lancio di ritornello (Hail and Kill docet), e finale al fulmicotone con tanto di urlo squarcialaringe a chiusura del pezzo; fortunatamente è assente la loro tipica pacchianeria.
Chiude un disco decisamente riuscito, Hall of Thousand Storms manifesto e dichiarazione d’amore all’epic metal più classico, in cui i nostri si giocano veramente il tutto per tutto, regalando una prova complessiva veramente d’impatto, soprattutto nell‘ evocativo ritornello, dove ancora una volta Mars Triumph la fa da padrone, con tanto di gorgeggi furiosi!

Rispetto a diciotto mesi fa la band è decisamente cresciuta, soprattutto dal punto di vista della maggiore coerenza d’intenti e della compattezza sonora, che traspare chiaramente nelle varie tracce di Spirit Invictus. Nonostante siano state corrette quasi interamente quelle ingenuità e sbavature che ogni tanto emergevano nel disco precedente, la band persiste ancora, forse in maniera un po’ troppo marcata, nel voler rendere costantemente omaggio alla band che evidentemente li ha maggiormente ispirati, rischiando talvolta di scadere nel fanboy-ismo più estremo.
Come scritto in occasione della recensione del precedente Storming the Walls, per fare il vero passo avanti definitivo e tracciare una propria rotta, è auspicabile che Mars Triumph, leader della band, prenda consapevolezza che un distaccarsi maggiormente dallo stile di Adams non potrà che giovare sia a lui, che alla band, che ha nuovamente dimostrato di avere un sacco di frecce al suo arco confezionando un lavoro complessivamente migliore del già ottimo esordio. L’eventuale passaggio da ottima band emergente a band di riferimento di un genere chiuso ed esigente come l’epic, potrebbe proprio dipendere dalla consapevolezza sopra auspicata, e certo il prossimo disco, il famigerato terzo album, ne deciderà o meno la consacrazione definitiva.
Nel frattempo, ottimo lavoro e HAIL to the TRIUMPHER!!



VOTO RECENSORE
80
VOTO LETTORI
90 su 3 voti [ VOTA]
Agallore
Lunedì 18 Novembre 2024, 10.03.40
4
Ottima crescita, ora la band mi sembra piú a fuoco rispetto all\'esordio, per me un 90 ci sta tutto, spero di vederli dal vivo
Sandro70
Venerdì 15 Novembre 2024, 19.26.15
3
I Manowar di kings of metal pari pari. Non mi dicono molto.
★Andrea★
Venerdì 15 Novembre 2024, 16.54.22
2
Per gli amanti dei Manowar e delle loro sonorità, è una band fantastica. Certo, il cantante non ha le qualità canore che aveva Sir Eric Adams. Questa band nell\'Epic di oggi è probabilmente la migliore. In mancanza dei Manowar, ci possiamo accontentare..alla grande. Album più maturo con Athena come mia preferita. Poi altre song molto valide. Continuate così.
Mos Maiorum
Venerdì 15 Novembre 2024, 15.59.33
1
disco fantastico, sono cresciuti un sacco rispetto a STW (che si perdeva parecchio ed era a tratti poco a fuoco, secondo me). Arrival of the avenger, athena e hall of a thousand storms pezzi clamorosi, il resto tra il buono e molto buono. molto manowar ovviamente, ma in fin dei conti non troppo, secondo me. viste le tematiche mi stupisco di averci sentito poco o niente dei virgin steele
INFORMAZIONI
2024
No Remorse Records
Epic
Tracklist
1. Overture to Elysian
2. Arrival of the Avenger
3. Athena (1st Chapter)
4. Spirit Invictus
5. Alexander
6. Shores of Marathon
7. Triumpher
8. Hall of a Thousand Storms
Line Up
Mars Triumph (Voce)
Christopher Tsakiropoulos (Chitarra)
Mario Ñ Peters (Chitarra)
Stelios Zoumis (Basso)
Agis Tzoukopoulos (Batteria)
 
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