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31/01/25
EXTREMA
BLAH BLAH, VIA PO 21 – TORINO
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Sadus - The Shadow Inside
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22/11/2023
( 1919 letture )
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Se è vero che il desiderio si nutre d’attesa, le aspettative attorno al nuovo album dei Sadus dovevano essere monumentali. Diciassette anni sono infatti trascorsi tra il nuovo The Shadow Inside e il predecessore Out for Blood (2006), anch’esso giunto dopo quasi due lustri di silenzio discografico. Non si può dunque accusare gli Statunitensi di un’eccessiva frenesia compositiva in questo Terzo Millennio, ben al contrario: dall’annuncio della reunion sono già passati sei anni, durante i quali i Sadus hanno composto i nuovi brani al riparo dagli sguardi, facendoci quasi dimenticare che un nuovo LP, il sesto, era in arrivo. È ormai cosa fatta.
L’artwork di The Shadow Inside, opera del prolifico Travis Smith, richiama alla mente in maniera piuttosto esplicita quello di Swallowed in Black. Eppure, il nuovo nato si discosta parzialmente dal capolavoro del 1990, in primo luogo per la mancanza di Steve Di Giorgio. Certo, sarebbe ingiusto ridurre il gruppo al fenomenale musicista, ma è innegabile che il basso abbia sempre rivestito un ruolo di primissimo piano in tutti i dischi dei Sadus -al contrario del nuovo lavoro, dove lo strumento viene posto nettamente in secondo piano nel mix finale. La band si compone oggi unicamente del batterista Jon Allen e del cantante-chitarrista Darren Travis, che si è occupato anche del basso. Una formazione ridotta all’osso, ma ampiamente sufficiente a scatenare una bella dose di casino. Il violento thrash metal del gruppo è sempre lì, così come rimangono il riffing dall’alto tasso tecnico e lo scream acidulo di Travis. L’iniziale First Blood mette subito le carte in tavola, dopo un’introduzione melodica quanto ingannatrice: l’arpeggio e la seguente progressione strumentale lasciano presto spazio ad un ferocissimo attacco frontale. Veloce, irto di asperità, pause e ripartenze, il brano mostra che i Californiani non hanno perso la mano in tutti questi anni, ma mette parallelamente in luce un andamento meno esuberante rispetto ai lavori passati; la tecnica è più dosata, la canzone più lineare, più immediatamente assimilabile, caratteristiche queste che ritroveremo in tutti gli episodi di The Shadow Inside. Un altro elemento emerge dall’ascolto del platter: una netta preferenza per i tempi medi e le strutture di ampio respiro. Lo si intuisce già a partire dalla seguente Scorched And Burnt, brano che si dipana velenoso su di una rocciosa strumentale. Questo ritmo controllato, più groovy oseremmo dire, pulsa prepotente anche in The Devil In Me, ostica e soffocante, la marziale Pain, o ancora la title-track finale, che mette nettamente l’accento sull’atmosfera. L’inizio del brano si sviluppa infatti in maniera avvolgente, quasi teatrale, anche grazie ad un Darren Travis più espressivo del solito. Se la canzone si ingrossa con il passare dei minuti, raggiungendo un notevole livello d’intensità, si ha comunque l’impressione che la band non affondi mai del tutto il piede sull’acceleratore. I momenti puramente veloci si vedono confinati alla tiratissima Anarchy, una sfuriata di meno di tre minuti, e la rabbiosa Ride the Knife, che ingrana dopo il “solito” intro rallentato. In altri momenti, le sparate si alternano all’andamento che ormai conosciamo. È il caso di It’s the Sickness, che esplode in un’efficacissima accelerazione nella seconda parte, o No Peace.
In definitiva, The Shadow Inside è innanzitutto un album di solidissimo thrash metal, feroce, potente e a tratti piuttosto ostile. La tecnica è ben presente, ma non cerca mai inutilmente spazio sotto i riflettori; le capacità del duo sono piuttosto poste al servizio del songwriting, anche grazie all’importante apporto di arpeggi, melodie e passaggi atmosferici, che completano una pasta strumentale intensa e stratificata. Da un punto di vista puramente musicale, c’è ben poco da aggiungere. Ma è altresì vero che il disco reca un logo sulla copertina e che i nuovi brani siano abbastanza distanti da quanto fatto dai Sadus in precedenza. Bisogna leggere ciò come un tentativo di non rincorrere a tutti i costi il passato, di proporre del materiale contemporaneo? O come un lavoro scisso dal retaggio del gruppo? Probabilmente un po’ entrambe le cose, ognuno troverà la sua risposta; per noi, l'album è promosso, e ancor più se ci si dimentica un po’ del nome sulla copertina.
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19
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non c'è dubbio che basti una sola throwing away the day x spazzare via tutto sto disco e altri 100 tuttavia apprezzo questo nuovo lavoro anche xkè avevo aspettative più basse |
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18
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...disco molto piacevole.....musicisti preparati.....ma chissa' con la presenza di quel fuoriclasse.....il voto sarebbe stato piu' alto... |
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17
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Duke,ci voleva anche un tuo giudizio. |
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...di giorgio...era il valore aggiunto della band.....@spirit....mi dispiace che non suona sul disco... |
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15
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Ok,utile punto di vista che mi chiarisce alcuni aspetti. |
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Figurati! Beh a dire il vero a me sembra abbastanza equilibrato da quel punto di vista. Ci sono anche parti belle tirate, vedi Anarchy. |
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13
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Grazie..e concordi col recensore che parla di netta prevalenza di mid tempos.. |
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@Spirit Beh, loro la tecnica ce l’hanno sempre avuta, ma non è questo l’aspetto su cui il lavoro è incentrato. Anzi, direi che è più diretto che in altri precedenti casi, certo non come nei primi due album. Magari qui può mancare quello spunto che rende un “bell’album” qualcosa di più. Il video che c’è in fondo alla recensione è abbastanza indicativo, per quanto secondo me nell’album ci sono pezzi migliori. |
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11
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Senti un pò Acehsigh, ma è tanto tecnico come lavoro? |
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10
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Ben contento di poter riascoltare un prodotto firmato Sadus. Sì, effettivamente l’assenza di Di Giorgio si sente, è come una faccenda di “presenza” durante l’ascolto dell’album. Però, a parte questo aspetto (che non è poco), non mi sento di muovere altre critiche al disco. Un paio di pezzi meno efficaci del resto, ma ci può stare. Ma rimane una bella botta di aggressività (anche più che nei due precedenti album), la voce al vetriolo di Darren Travis ha sempre il suo perché, così come ottima la prestazione di Jon Allen alle pelli (come al solito). Per cui… bentornati! Voto 77 |
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9
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Duke,ma l'hai sentito poi il disco? |
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8
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...no di giorgio...no party.....come un vecchio spot pubblicitario.... |
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7
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Il disco nel complesso è bello ma, a fronte di alcuni buonissimi pezzi, ce ne sono altri di meno riusciti.
Quello che mi aspetterei dai Sadus - perchè è nelle loro corde - è una maggiore ricerca. Da certi pezzi si capisce benissimo che hanno delle qualità rare. E\' nelle loro possibilità fare quello che band come i Meshuggah o i Cattle Decapitation hanno fatto in altri ambiti metal.
Non penso tanto a un technical thrash quanto invece a un progressive thrash, o un advanced thrash. Perchè oltre che con la tecnica, sanno muoversi benissimo sul piano dei suoni, delle produzioni.
Cmq nel complesso direi un 75. |
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6
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Bello... Mi è piaciuto proprio perché meno tecnico a tutti i costi dei primi dischi ma più diretto e con un sound moderno e violento che non stanca ma invece ti invoglia ad ascoltarlo di nuovo da capo. |
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5
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Vi dirò a me è piaciuto molto e gli avrei dato almeno 80. La voce è perfetta per il contesto, i brani tecnici e veloci e dalla sua uscita lo sto ascoltando a ripetizione. Chi ama il thrash non può non amare sto disco |
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4
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Duke,tu che puoi,dopo che hai avuto occasione di ascoltarlo mi fai un resoconto sul disco? Mi fido della tua opinione. |
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3
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Bello veramente cavolo.. Voto troppo basso |
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2
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...lo ascoltero\'...band leggendaria......🤟 |
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1
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voto giusto x me, pure 75 ci starebbe. grandissimi sadus |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. First Blood 2. Scorched and Burnt 3. It's the Sickness 4. Ride the Knife 5. Anarchy 6. The Devil in Me 7. Pain 8. No Peace 9. New Beginnings 10. The Shadow Inside
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Line Up
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Darren Travis (Voce, Chitarra, Basso) Jon Allen (Batteria)
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