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29/11/24
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Bad Omens - The Death of The Peace of Mind
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21/03/2022
( 2135 letture )
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Nuovo album per i Bad Omens, band che negli ultimi anni si è ritagliata uno spazio importante in quello che potremmo definire il sogno musicale americano: il tutto grazie al loro stile molto variegato che comprende pop, modern rock e metal core con un songwriting interessante, catchy ma al contempo d'alto bordo. Un'accoppiata che ormai è sempre vincente in Usa, quella del pop con il metal core come insegnano già band quali i britannici Bring me the Horizon o gli americani Falling In Reverse: miscellanea di genere che accontenta vari ascoltatori o coloro che apprezzano le realtà più fusion.
Dobbiamo però ammettere che sebbene i Bad Omens con The Death of Peace of Mind confermino il loro talento già palesato nel precedente Finding God Before God Finds Me, questo lavoro è decisamente più leggero e incline al pop rispetto al passato. Si riducono dunque le sfuriate in stile Dethrone, e aumentano le parti soffuse, delicate e recitative, a cui comunque i Nostri hanno sempre fatto l’occhiolino: cosa che potrebbe far storcere il naso ai defender più incalliti, ma che può essere accolta con piacere sia dagli ascoltatori più giovani che da quelli meno integralisti, che cercano una pausa relax dall’ “artiglieria pesante”. Punta di diamante di questa scelta stilistica è sicuramente il singer Noah Sebastian, con la sua voce particolarmente accattivante e dall’attitudine realmente pop – in senso buono- anche se egli non ci fa mancare ogni tanto delle parti estreme con harsh vocals davvero potenti, alternando sapientemente le due modalità canore. E’ però nei clean vocals che lui si esterna al massimo, con una vocalità intima ma espressiva, a volte malinconica, a tratti suadente, tangibile e ricca di tante sfumature.
Detto ciò, senza spoilerarvi troppo, non fatevi ingannare dall’inizio della opening track Concrete Jungle, e andate avanti in un ascolto che vi conquisterà per il divenire immediato ma dinamico e ipnotico, con un’ importante struttura strumentale e una produzione davvero ottima, di quelle che solo i tempi attuali e il metal/rock moderno ci sanno donare: in essa ogni strumento è ben evidenziato e valorizzato nelle sue linee, fra le chitarre dal groove reiterante e la batteria sincopata, così come la voce di Sebastian con il suo flow fluido e convincente è assolutamente elevata. Insomma, una di quelle band che tanto piace alla Sumerian Records, già retroguardia di progetti quali Born Of Osiris e Veil of Maya, non per niente loro label. Quindi è sicuramente questa produzione ad hoc a rendere più ricco questo lavoro, dove non manca un tocco di elettronica e musica digitale, un assaggio di modern prog e persino parti orchestrali di archi: è questa produzione che forse supplisce alle mancanze nel song-writing, che con tutto questo pop si è impoverito un po' rispetto al passato e in certi tratti diventa un po’ ripetitivo e noioso – se lo vediamo in un’ottica puramente metal core e considerando la carriera precedente della band. Se invece vogliamo prendere The Death of Peace of Mind come un lavoro a sé stante, o nel contesto di tutte quelle band metal hardcore che hanno avuto una transizione o un intermezzo pop, possiamo considerarlo un buon lavoro, coerente in ogni pezzo e ben scritto, e volendo un album da tenere in sottofondo senza doverci dedicare chissà quale attenzione per comprenderlo – pur essendo esso anche migliore di certi lavori in questo ambito. Quindi sta a voi scegliere come ascoltarlo, ma sicuramente tracce come Take Me First, Like a Villain, The Grey o Just Pretend sono pezzi che ammaliano e si vanno a porre in un limbo fra ballad e tormentoni, fra pop rock e metal core. Parlando dell’aspetto più lirico, i testi dei Bad Omens sono spesso spontanei e legati alle esperienze umane e all'interiorità, alla sua espressione e cambiamento a seconda dei vari vissuti: in questo caso già il titolo e l’artwork dell’album parlano di un dolore, di una mancanza di serenità, e di una sorta abbandono a ciò.
Nel complesso, decisamente un ascolto non per metallari: piuttosto un lavoro dal sound moderno, con un’ombra di metal core, da vivere in quanto tale e da ascoltare per conoscere meglio la carriera dei Bad Omens.
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4
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Sono una delle band del momento in quello che si può dire un nuovo corso del metalcore, più “ammorbidito” e melodico, fortemente influenzato da Industrial e Nu metal, ma sinceramente li considero tra i più sopravvalutati. Fin dal loro esordio, l’intenzione è fare la cover band dei Bring Me The Horizon in maniera stucchevole e per nulla interessante. Questo album conferma solamente quanto già noto. Il cantante è bravo, ma c’è davvero ben poco da segnalare. |
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3
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Devo dire che è un lavoro piuttosto inaspettato e molto tendente al pop, costruito a doc intorno la voce del singer, non mi è dispiaciuto affatto, anzi sono rimasto molto soddisfatto del prodotto finale che è si marcato da una evidente influenza Bring Me The Horizon, ma ascoltato tutto di un fiato anche gli intermezzi più sperimentali sono molto gradevoli.
Sono uno di quello che preferiva diciamo la versione ‘pesante’, anche se a dirla tutta non lo sono mai propriamente stati, dei Bad Omens, ma devo dire che mi piace la nuova direzione, magari qualche traccia più pesante non avrebbe guastato, ma lo reputo comunque un ottimo lavoro di musica alternative, voto 80 |
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2
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L'ascolto dei singoli aveva creato delle attese molto alte che sono state confermate solo parzialmente: la title-track, languida e sottilmente erotica, è un pezzo straordinario e per me fino a The Grey è un ottimo disco. Tolta Artificial Suicide, dalla traccia dieci in poi si assiste invece a un calo rilevante con inflazioni pop ed elettroniche troppo marcate.
L'influenza dei BMTH è davvero evidente (IDWTS sfiora il plagio) e inoltre hanno abusato troppe volte dello schema "prima parte pop- esplosione metalcore nella seconda metà"; alla lunga la cosa stanca.
Peccato, mi aspettavo di più (c'è pure un gradevole vibe nu metal ricorrente in alcuni brani ma tant'è). Voto giusto |
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1
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Disco versione USA di una qualsiasi demo di alternative rock proposto negli ultimi anni dai britannici Bring Me the Horizon. Praticamente la versione ECONOMICA e AMERICANIZZATA dei Bring! Il problema è che in 3 dischi i Bad Omens hanno dimostrato che anche se hai soldi, i contratti con label ottime e dei buoni produttori, le canzone SERIE NON le scrivi se NON hai NIENTE da dire. Apparte il vibe "industrial Nu-Metal" di Artificial Suicide dove si denota una certa personalità, questo disco è un PALESE copia-incolla dei bring post That's the Spirit senza però avere un musicista di talente come Jordan Fish che può portare il suond su di un livello mainstream veramente ampio senza scadere nel flop sonoro più becero. Il cantante se la cava e sembra essere l'UNICO nella band che abbia fatto dei passi in avanti...cambiassero strategia perché quella di copiare SOLO BMTH è una formula che può funzionare si e no all'inizio di una carriera ma ben presto la stessa formula si potrebbe trasformare una vera e propra tomba creativa. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1.Concrete Jungle 2.Nowhere To Go 3.Take Me First 4.The Death of Peace of Mind 5.What it Cost 6.Like A Villain 7.Bad Decisions 8.Just Pretend 9.The Grey 10.Who Are You 11.Someone Else 12.IDWT$ 13.What Do You Want From Me 14.Artificial Suicide 15.Miracle
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Line Up
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Noah Sebastian (Voce) Joakim Karlsson (Chitarra, Voce, Programmazione) Nicholas Ruffilo (Chitarra, Basso, Programmazione) Nick Folio (Batteria)
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RECENSIONI |
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