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17/01/25
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Deep Purple - Turning to Crime
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03/02/2022
( 3091 letture )
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Pur con qualche mese di ritardo, ci sembra doveroso analizzare nel dettaglio l’ultima fatica di una delle rock band più amate del globo. Stiamo parlando dei leggendari Deep Purple. Letteralmente irraggiungibili e inimitabili. Un posto d’eccellenza nell’empireo della nostra musica sarà loro per sempre.
Curioso che il ritorno sul mercato coincida con una novità: a poco più di un anno di distanza dal precedente Whoosh!, Gillan e soci scodellano il loro primo lavoro in studio con brani scritti e precedentemente incisi da altri artisti. Sì insomma un album di cover. Va detto che già in passato la band inglese era stata molto tentata dalla visione di fare un album di pezzi altrui, ma nel corso della loro carriera non hanno mai trovato volontà e tempo per realizzarlo. Con lo sbarco del maledetto covid e l’annullamento di tutte le date live, il quintetto, con tutti i membri a distanza, ha deciso di sfruttare i prodigi delle nuove tecnologie per registrare da remoto questo disco, divertendosi anche parecchio. E che Glover e soci si siano svagati a inciderlo si evince dalla brillantezza delle esecuzioni e dalla spontaneità che ne scaturisce. Prodotto da Bob Ezrin, collaboratore di lunga data dei Purple e già in studio per il platter precedente (assolutamente inutile per lui citare un c.v. lungo come la muraglia cinese), la track list sfodera una sorta di itinerario a ritroso, riletto attraverso sonorità e tempi differenti, con il gruppo capace di riconquistare le proprie radici musicali. Turning to Crime, quindi, spazia su diverse matrici: dal rock psichedelico di 7 and 7 Is, riesame di un pezzo scritto da Arthur Lee e pubblicato nel 1966 dai Love, passando al blues e a qualche sprazzo di rock duro con tante striature, mettendoci dentro le peculiarità e i fraseggi che hanno reso immortali i violacei. Osservarli nel promo clip ci fa capire che, nonostante l’età, sono sempre top e lo dimostra l’apertura saltellante e illuminata dal solo di Morse e l’intervento magnifico di tastiere di Airey inseguito dall’ascia, con Gillan in ottima forma nonostante i 76 anni sul groppone. Brano breve ma bellissimo! Così come Rockin' Pneumonia and the Boogie Woogie Flu che ritrova il vecchio rock and roll, manca solo il ciuffone con tanto di brillantina. L’ensemble si diverte molto in questo tipo di cimento, evocativo il brevissimo accenno di Smoke On The Water con il piano, mentre Oh Well (Fleetwood Mac) sgorga dal blues e mena di brutto, mantenendo il sound che tutti conosciamo, con un Gillan carismatico dietro al microfono e grandi assoli di chitarra. L’hammond di Jenny Take a Ride! è big, rispolverando blues e grandi porzioni del vecchio rock con un grande assolo di honky tonky piano e tastiere, incalzato da una guitar brulicante emozioni. Watching the River Flow di Bob Dylan mischia shuffle, slide guitar e ritmi guizzanti con cori appropriati e una fantasia pianistica finale da applausi. Let the Good Times Roll suona come le super orchestre degli anni 50, avvelenata da tratti blues, inoltre veste la band di nuovi affascinanti panni, con l’hammond che sale in cattedra a metà stesura. Grande il lavoro anche di Steve Morse che usa diverse tecniche entrando sempre al meglio in ogni singolo frammento di questo dodici tracks. Dixie Chicken parte dai pattern di Paice e legge la lezione dei Little Feat aggiungendo la solita classe infinita, anche su un andamento a metà tra cori da falò sulla spiaggia e divertissment, con un ottimo intervento della guitar. Shapes of Things è bellissima e annusa la “swinging London” dei tempi che furono con un intervento solista della sei corde in puro hard rock. The Battle of New Orleans, cantata da Morse e Glover stupisce per freschezza e tiro potentissimo, diventando a tutti gli effetti un pezzo della band. Lucifer di Bob Seger brilla nella sua stesura puramente rock. White Room dei Cream, coverizzata poco tempo fa anche da Ace Frehley, è ben eseguita ma personalmente prediligo la versione dell’ex Kiss, mentre il finale è una mega sorpresa che lascia sbigottiti. Con il titolo di Caught in the Act si nascondono tanti brani celebri riuniti in un mix perfetto e molto solido. Vi accenno solo un paio di spunti: Led Zeppelin e Jeff Beck, il resto lo scoprirete da voi. L’esecuzione è stupenda e, pur essendo un patchwork, fornisce la sensazione di essere un’unica rilucente suite.
La copertina è simpaticissima: cinque criminali dediti alla loro musica pur non essendo originale nel significato più stretto del termine. Ian Gillan canta che è un piacere, la sezione ritmica è caliente, Morse è ormai un perno inamovibile e l’hammond di Airey fa venire i brividi. Un progetto davvero molto divertente e piacevole. Bello sentire i Deep Purple, in questa veste nuova, cinque eterni ragazzi che non finiranno mai di stupirci, regalando partiture e interpretazioni di livello altissimo. Go guys!
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8
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Che sorpresa! Comprato il cd più per una sorta di obbligo morale che per convinzione…e invece…freschezza, gioia, classe! Band superlativa (e ci mancherebbe!) e un Gillan ancora re! Scelta dei pezzi originalissima e goduriosa, davvero siamo lontani anni luce dal solito banale dischetto di cover per tirare innanzi un altro po’. 80 e son tirchio. |
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7
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deep purple una richiesta: più+ dischi di inediti e meno classici nei live. vi adoro ma fare ore di macchina per risentire smoke on the water mi uccide e vi fa sembrare passati |
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5
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La versione di White Room secondo me è riuscitissima. Più potente, ovviamente con un suono più moderno, la voce di Ian è splendida e non risente affatto dell'età quando non deve "salire" troppo. E Steve fa un grande assolo finale. Confrontarsi con un superclassico del rock, suonarlo fedele all'originale e al contempo adattarlo al proprio sound significa avere classe e talento a non finire.
Una bella sorpresa anche per me, perché anche io non amo particolarmente gli album di cover. Ci sono anche momenti deboli, inevitabilmente, ma nel complesso l'ascolto è davvero un piacere. Vabbè che io sono troppo di parte.. Mi accompagnano da tutta la vita |
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4
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Un'autentica sorpresa! Preso per mere ragioni di completismo, mi sono trovato ad esaltarmi più volte. Anzi, paradossalmente, i brani meno riusciti sono quelli delle canzoni più celebri (7 and 7 is; White Room - Clapton resta sempre God - Shapes of things). Per contro, The Battle of New Orleans (cantata da tutti tranne che da Paice, in recensione c'è un refuso), Oh well e soprattutto Caught in the act dove il gruppo ribadisce la superiorità tecnica dei suoi musicisti - ed è bello ascoltare i Purple che coverizzano gli Zeppelin. 75 che sale a 80 per pure questioni affettive |
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3
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Non amo particolarmente gli album di cover ma questo l' ho apprezzato, se non altro per l' onestà artistica e la ricerca delle radici del rock. Suonato e prodotto benissimo, si percepisce come i Deep Purple a 70 anni suonati (e più) si siano divertiti a crearlo. Un 75 ci sta tutto |
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1
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Non mi piacciono molto le cover in se, ma questo disco è fantastico! Onore ai maestri che fanno gli alunni |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. 7 and 7 Is 2. Rockin' Pneumonia and the Boogie Woogie Flu 3. Oh Well 4. Jenny Take a Ride! 5. Watching the River Flow 6. Let the Good Times Roll 7. Dixie Chicken 8. Shapes of Things 9. The Battle of New Orleans 10. Lucifer 11. White Room 12. Caught in the Act
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Line Up
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Ian Gillan (Voce, cori, percussioni) Steve Morse (Chitarra, voce nella traccia 9) Don Airey (Tastiere) Roger Glover (Basso, tastiera, percussioni, cori, voce nella traccia 9) Ian Paice (Batteria, percussioni)
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