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07/02/25
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Fit for an Autopsy - Oh What the Future Holds
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25/01/2022
( 2274 letture )
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Seppur ancora sconvolti dal passaggio del ciclone Kin, è già tempo di spingerci oltre per seguire da vicino le nuove release della scena deathcore, ormai da alcuni anni in costante evoluzione e foriera di metamorfosi dal potenziale illimitato.
A lasciare un segno immediato in questo 2022 sono i Fit for an Autopsy, formazione del New Jersey che ha iniziato la propria carriera all’insegna della pura violenza sonora per spostarsi gradualmente verso una re-interpretazione della materia a partire da Absolute Hope Absolute Hell (2015), lavoro in cui si manifestano importanti suggestioni melodiche immerse in un’atmosfera di rigida austerità prossima ai Whitechapel. The Great Collapse (2017) è un ulteriore passo avanti, ma è The Sea of Tragic Beasts (2019) il disco che porta il sestetto tra i nomi che contano grazie anche alla firma con la storica Nuclear Blast. Ora, in qualità di aspiranti leader, agli americani era chiesta la conferma definitiva, la creazione di un autentico masterpiece che stabilisse l’avvenuta consacrazione in termini di qualità e individualità della proposta e -per nostra fortuna- Oh What the Future Holds soddisfa in pieno tutti i canoni necessari. La sesta prova in studio pertanto fa tesoro delle esperienze passate e dell’influenza dei modelli, le rilegge in una chiave personale tramite l’aggiunta di nuove ispirazioni e si inoltra in una dimensione che assorbe al suo interno le tappe fondamentali della storia del genere.
Una condizione primigenia corrotta, un Eden violato e dato alle fiamme a causa della folle arroganza dell’uomo, il crollo di ogni valore e l’appressarsi dell’inevitabile fine; il futuro non ha in serbo nulla di buono, solo dolore e morte attendono le anime di chi ha terminato l’esistenza terrena. È questo il messaggio forte dell’album e la risonanza delle parole trova vivida concretezza nello sviluppo musicale, collocato su un terreno liminale che da un lato guarda all’ortodossa brutalità della tradizione e dall’altro si permea delle istanze del recente post-deathcore: si rinviene infatti l’ammirazione per i maestri Whitechapel nell’utilizzo delle tre chitarre, nelle dilatate atmosfere intrise di luttuosa melodia e nell’adozione di un registro pulito sofferto ed aulico al quale fanno da contraltare i cori ammantati di una luce dai tratti sinistri. Il lato “emozionale” appena descritto confluisce però in un’ossatura interamente deathcore nella quale i classici trademark come growl, tappeti di blast-beat e mitragliate in doppio pedale si saldano a possenti ritmiche trasudanti un groove di scuola Gojira, la cui aura risplende anche nella cura riservata al dispiego di tecnicismi strumentali, affiancati da breakdown chirurgici e di estremo impatto.
L’armonia delle introduttive note di pianoforte della title-track costituisce una finta parentesi idilliaca in quanto la cieca esplosione che si ode nella seconda parte si riversa nella funesta Pandora, dove breakdown iper-compressi e l’implacabile drum-work di Orta spalancano il mitologico vaso contenente i mali del mondo, vanificando così la funzione lenitiva dell’algido assolo e dei brevi sussurri di cantato pulito. Rassegnazione pronta a trasformarsi in bieco risentimento guida la corazzata Far From Heaven, traccia paradigmatica del nuovo corso dei Fit for an Autopsy snodantesi tra l’urto e la tecnica dei Gojira, i refrain avvolti da un semi-clean amaro e i cori che dispensano una fosca epicità. Il growl di Badolato risponde alla chiamata dell’abisso nella plumbea In Shadows, mentre la magniloquente Two Towers è un giano bifronte in cui un’anima intrappolata cerca un’inutile via di salvezza in mezzo ad aneliti melodici e alla fragilità delle clean vocals, sfortunatamente intrappolate in una ragnatela di technical deathcore dai compartimenti stagni. La band, non paga di quanto mostrato finora, nei restanti brani decide di sprigionare una potenza che lascia semplicemente annichiliti: la tempesta deathcore mista ad un sensazionalismo tribale in A Higher Level of Hate, le sfuriate policrome e i disperati appelli in pulito di Collateral Damage, l’inaudita mattanza di Savages (terreno minato di blast-beat sadici e breakdown inumani) e la soffocante Conditional Healing, corredata da ambizioni tangenti al mathcore e dal breakdown più devastante dell’intera tracklist. Non si poteva chiudere in altro modo se non con i sette minuti di The Man That I Was Not, sunto in cui le tutte le espressioni incontrate vanno a compenetrarsi in un unicum architettato da voci pulite e melodie “post-“ alla Whitechapel, cori gonfi di pessimismo e la morsa crudele della sponda tecnica del deathcore.
Oh What The Future Holds, in virtù dei numerosi pregi elencati, ha la presunzione di imporsi fin da ora come uno degli album da battere nell’anno appena cominciato e non solo, è un ulteriore testimonianza di quanto il modern deathcore sia un sottogenere in grado di competere a testa alta con le altre ramificazioni del metal. Cinico e sfiduciato, il full-length riflette il clima negativo dei tempi odierni e svela uno sguardo impotente nei confronti delle sciagurate azioni umane: la musica dei Fit for an Autopsy è dunque la colonna sonora adatta a questa stasi filo-apocalittica e l’unica speranza rimasta è l’aspettare un barlume che spezzi la monocromia quotidianamente sotto ai nostri occhi.
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16
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Il genere mi piace, lo ascolterò meglio...ma far from heaven è esattamente la copia spiaccicata (ma meno riuscita) di Another World dei gojira!...ero convinto fosse una cover, ma non mi spiegavo come potesse essere stata messa al numero 3 della scaletta....in altri brani l'influenza dei gojira è palese ma qui siamo di fronte a ben più di un'influenza.... comunque ottima band! |
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15
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Discreta spupazzata. Voto 67. |
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Ecco, non siamo sulla stessa lunghezza d'onda neppure per quanto riguarda gli Enterprise Earth appena la recensione sarà pronta ne potremo riparlare con calma.
Invece la tua richiesta di rispolverare This is Exile è più che legittima. Il calendario è trimestrale e dunque i dischi da gennaio a marzo sono già stati stabiliti, ma per il prossimo lo farò presente in redazione.
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piùttosto io mi aspetto una rispolveramento di this is exile dei whitechapel, diamo un po' di lustro ai pilastri del genere |
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io sinceramente sono rimasto un po' deluso da 2 su 4 delle band desthcore citate nei commenti, l'ultimo degli enterprise earth mi è sembrato molto forzato ed eseguito in malo modo, veramente, le vocal pulite di dan sono orride, mentre per gli shadow of intent mi trovo alquanto d'accordo, il featuring con chuck billy inaspettato e stranamente calza bene, mai mi sarei aspettato una cosa simile |
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11
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Ciao Indigo.. Io i Gojira ho provato ad ascoltarli ma ho sempre fatto una fatica bestia... |
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10
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@Lucio: o il loro From Mars to Sirius? A parte gli scherzi, queste definizioni sono sempre rischiose quindi cerco di evitarle
@Sicktadone, i dischi da te citati sono ottimi e tra un po' arriveranno entrambe le recensioni; dico solo che per me tutti e tre sono di alto livello e dimostrano concretamente l'evoluzione qualitativa del modern deathcore. |
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9
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Bello si, ma mi pare che la stampa italiana e non abbia un po' troppo facilmente perso la testa per questo disco. Shadow of intent e Enterprise earth hanno fatto uscire due dischi della madonna, variegati, aggressivi e moderni e non ho visto tutto questo clamore. Per me questo è un disco da 70-75 e stop. |
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Ciao Indigo: Definire questo Album il loro Roots, è azzardato? |
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7
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La tua opinione è sempre ben accetta perché sei un grande appassionato di questo settore musicale e una persona molto competente: può capitare di essere in disaccordo (come in questo caso), ma credo che il confronto redattore/lettori sia sempre un'occasione utile per imparare qualcosa in più e ciò vale per entrambi i versanti. Vedremo con le prossime uscite quale sarà la reazione, dato che sono in arrivo band molto interessanti ma divisive...
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6
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diciamo che all'estero c'è sempre un eccessivo gonfiamento dei voti da parte della stampa, stando su vari post di reddit invece ho notato uno spaccamento tra chi lo definisce bello e chi come me lo definisce un relativo passo indietro, poi più che whitechapel nella loro musica c'ho sempre vistuto l'ombra dei thy art is murder |
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5
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Dal mio punto di vista la discografia dei Fit for an Autopsy è la fotografia di una band in costante miglioramento: The Great Collapse e The Sea of Tragic Beasts sono entrambi ottimi lavori ma sono dell'avviso che questo Oh What the Future Holds sia un ulteriore passo avanti. La presenza piuttosto ingombrante dei Gojira (e in parte dei Whitechapel) c'è ed è inutile negarlo però il connubio di tecnica, melodia, potenza e qualità dei testi ritengo sia meritevole del voto alto che gli ho assegnato. Per curiosità ho dato un'occhiata alle votazioni dei portali esteri e, per quello che vale, ho visto che c'è chi si è spinto addirittura a un 90 e un (esagerato) 10/10. Al di là dei numeri, credo sia davvero un grande album, superiore ai precedenti e pertanto degno di una valutazione testuale e numerica importante. |
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4
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ho trovato il disco troppo derivativo e semplificato, manca la ricerca sonora e imprevedibilità che permette il nominativo di capolavoro ai 2 dischi precedenti, è sempre una prova sufficiente, ma da uno come putney mi aspetto molto di più, soprattutto dalla produzione che è troppo ovattata nell'equalizzazione, manca molto l'high end |
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2
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Bravi sono bravi, ma ho sentito i primi 4 pezzi dell'album, in 2 di essi plagiano platealmente i Gojira! |
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1
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Assieme al nuovo Shadow Of Intent, una delle prime cose interessanti del nuovo anno. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Oh What the Future Holds 2. Pandora 3. Far From Heaven 4. In Shadows 5. Two Towers 6. A Higher Level of Hate 7. Collateral Damage 8. Savage 9. Conditional Healing 10. The Man That I Was Not
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Line Up
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Joe Badolato (Voce) Will Putney (Chitarra) Pat Sheridan (Chitarra, Cori) Tim Howley (Chitarra) Peter Spinazola (Basso) Josean Orta (Batteria)
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RECENSIONI |
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