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11/01/25
SMOKING FIELDS + EN.MA + LIFE IN BETWEEN
CENTRALE 66, VIA NICOLÒ DELL’ABATE N.66 - MODENA
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The Neal Morse Band - Innocence & Danger
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26/10/2021
( 1978 letture )
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Alla fine del XVIII secolo, il poeta inglese William Blake pubblicava “Songs of Innocence and of Experience”, un’opera dal doppio volto, dalla base sì religiosa ma anche cupa e a tratti disperata. Due sezioni quindi, una dedita interamente all’innocenza, alla purezza infantile, rappresentata tramite immagini e suoni devoti al candido e al divino, e la seconda parte invece contrapposta, più oscura, corrotta e incentrata sulla maturità dell’uomo in quanto peccatore ma anche entità più consapevole. Neal Morse, essendo anch’esso legato ormai da un ventennio al cristianesimo tanto quanto lo fu Blake all’epoca -con ovvie differenze- presenta in questo 2021 un doppio album con una struttura decisamente similare nelle sue fondamenta all’operato del celebre artista inglese. Il disco in questione presenta infatti ben due ore di musica suddivise in due sezioni, due ore di progressive rock in pieno stile morsiano, tra Flying Colors, Transatlantic e Spock’s Beard, performati da un immancabile Portnoy alla batteria, Eric Gillette alla chitarra, Randy George alle quattro corde e Bill Hubauer alle tastiere. Un quintetto che ha saputo portare, nonostante i decenni di lavori alle spalle in questo genere, ancora musica dal livello spaziale. Invero il parallelismo -per certi versi iperbolico- con l’operato del poeta inglese non è del tutto improprio, e qui non si sta parlando del semplice rapporto simbolico bianco-nero dell’innocenza e dell’esperienza rappresentato con quello stile alla De Chirico della copertina a dir poco incantevole, ma soprattutto della struttura che la Neal Morse Band propone in questo duplice percorso: Innocence e Danger, due dischi con caratteristiche del tutto similari alle “Songs” di Blake ossia “Innocence” ed “Experience”, ma ovviamente tradotte in musica.
Innocence è proprio ciò che promette di essere. I barocchismi squisitamente progressive si dipanano in brani non del tutto incomprensibili, non complessi e inafferrabili, bensì in strutture quadrate e mature nel songwriting, ma giocose e infantili nelle emozioni partorite dai vari giri di accordi. Inutile dirlo, il tocco di Morse si sente, ma non di meno quello di Portnoy alle pelli, un vero e proprio buco nero pronto a risucchiare a sé ogni attenzione e gettare nei brani dei fill impensabili anche per i batteristi più virtuosi e abili nel comporre, per non parlare poi di quei pochi ma eccezionali attacchi alla Dream Theater che faranno godere ogni fan della progressive metal band per eccellenza. I suoi groove sono sempre al posto giusto, sapendo unire più generi, sincopi, poliritmie e cambi di tempo sintetizzando una formula con quel sapore alla King Crimson, Genesis, attacchi jazzy e supportando melodie floydiane come quella della quinta traccia The Way it Had to Be in cui anche Randy George con il suo basso sa mostrare gli artigli di questa sezione ritmica. Questo doppio album si conclude dunque non presentando cadute di stile o passaggi monotoni degni di nota, ma volando via attraverso un progressive rock di una efficacia rara ed eleganza affascinante come poche. L’offerta si chiude con una cover di Simon & Garfunkel ossia Bridge Over Troubled Water, in questo stile tra rock puro e fusion che dimostra una capacità nell’arrangiamento di Morse e compagni a dir poco mozzafiato, sempre capaci di lasciare la propria impronta senza snaturare il sound originale.
Danger è invece il corrispettivo di quella che in Blake era “Songs of Experience”, una sezione più oscura, meno dedita ai melodismi ma alla complessità, a ritmi concitati e difficoltà d’assimilazione. Non a caso l’intera proposta di questo disco è di sole due suite che nella loro totalità superano persino la durata delle 7 tracce precedenti di Innocence. Not Afraid, Pt. 2 è il continuo della prima parte inserita nel disco d’apertura, una composizione lineare senza momenti degni di nota. Questa seconda parte è invece una meravigliosa esperienza di venti minuti diluita in ritmi palesemente scaturiti della mano di Portnoy, che si ritaglierà dello spazio anche per delle linee vocali come di consueto. Il sound rock qui trova espressioni metal, l’assolo di chitarra eccellente conferma il tutto e porta anche alla chiusura di una prima stanza di una suite che già avrà rapito l’ascoltatore in poche battute. Il sound romantico e sentimentale, tipico di Morse, torna nel corpus del pezzo, evolvendosi poi in climi che sanno spaziare dai già citati Dream Theater, agli Spock’s Beard e persino ai Queen con una variazione esplosiva che li richiama appieno. Si potrebbe citare la partitura di basso, il piano elegante di Morse, un pathos dato da giri batteristici e fill da mettere in ridicolo i performer più tecnici in fatto a originalità ed esecuzione, ma solo l’ascolto confermerà davvero il tutto, molto più di ogni panegirico. Un altro assolo alle sei corde mette un punto con la continua ripetizione vocale della frase “I am not afraid”, portandoci alla fine del brano a dir poco soddisfatti. Ma il meglio di questo Danger, se non di entrambi i dischi, sono i ben 31 minuti di Beyond the Years, l’ultima composizione del lotto. Un inizio sinfonico ci getta nel pieno della sua classicità prog, una strofa diretta e concreta che non pretende nulla se non di divertirci sino all’intermezzo ispanico con questo guitarwork colorato arricchito dalle tastiere di Neal. La cornucopia di influenze rock e pop rock si uniscono alla perfezione con quelle più pesanti e “underground”, il tutto amalgamato ovviamente dal marchio della Neal Morse Band e lo si potrà vedere dall’impianto polifonico tra la voce imbastita dalla chitarra e quella delle tastiere che si riuniscono in un'unica linea eseguita all’unisono, ma ciò è solo il preludio dell’indescrivibile esplosione alla fine di questo secondo terzo chiuso poi con un assolo di chitarra superbo. L’ultima stanza non smette poi di stupire, ci si ritrova oltre il ventesimo minuto con una facilità strabiliante e si viene investiti da una sezione uptempo in cui la doppia cassa del buon Mike fa la sua comparsa con una cattiveria inaspettata accompagnando sia il guitarwork solistico che il basso funky: ci si trova negli ultimi minuti di follia, violenza, velocità e complessità che, senza dubbio alcuno, rappresentano non solo una chiusura a dir poco perfetta, ma addirittura l’acme di tutto il disco che ci abbandona con queste orchestrazioni dal tono Mahleriano, le stesse che hanno aperto la suite.
Il paragone iniziale con l’operato di Blake non voleva di certo mettere a confronto due opere così diverse, imbastendo una comparazione così profana e blasfema per i più esperti di letteratura, né si voleva affermare che questo Innocence & Danger fosse un capolavoro. Semplicemente, l’album in questione ha delle imperfezioni, contiene alcuni pezzi prevedibili e forse troppo improntati alla melodia piuttosto che all’armonia tra tutte le parti di una composizione musicale, nonché presenta una durata forse proibitiva per ripetere più volte un ascolto completo dei due dischi. Ma, bisogna dirlo, la scelta di dividere quest’opera in due CD differenti -e non strettamente collegati da una narrazione, ad esempio- consente sicuramente un riascolto quantomeno di Danger, una vera e propria gemma pregiata rispetto a un Innocence, leggermente più “catchy”. Entrambi risultano comunque intensi, variegati, ben performati e con musicisti che ancora una volta dimostrano di saper riproporre uno stile musicale altamente old style ma sempre attuale nelle sue manifestazioni odierne, e solo grandi compositori come Morse e compagnia potevano proporre un prodotto così valido e fresco. E qui forse si capisce che il paragone con il poeta inglese non era del tutto scorretto, poiché qui è di poetico che si parla ma non nell’accezione del medium della poesia bensì in senso Hegeliano, ossia del poetico come elemento imprescindibile dell’arte, come suo fondamento. Uno dei dischi più divertenti ed eleganti dell’annata, inutile dilungarsi o analizzarlo ulteriormente.
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4
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Concordo con la recensione. In particolare Le canzoni slegate (nella struttura) permettono anche di avere delle preferite e di ascoltarle separatamente, cosa che non sempre si poteva fare coi precedenti dischi senza snaturarne l'ascolto. I&D nel complesso è un po' più (relativamente) immediato ma non è un difetto, anzi le canzoni e i refrain ti entrano in testa già dopo due ascolti. In definitiva, disco scritto, suonato e prodotto divinamente.
Aggiungo, forse non rimarcato nella recensione, Eric Gillette quando è il suo turno canta in modo strepitoso (ascoltare ad esempio The Way It Had to Be e finale di Not Afraid Pt. 2) . Tra lui e Neal due voci davvero superbe. |
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3
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Ennesimo capolavoro. E' incredibile come il duo Morse/Portnoy riesca a non sbagliare mai un album... ( vedi l'ultimo dei Transatlantic )
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2
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Ottimo disco, la recensione rende molto bene. Questo Portnoy e’ proprio quello che ci vorrebbe sul nuovo DT…
Voto82 |
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1
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Grande disco ancora una volta, il secondo cd e’ spettacolare tipicamente loro, contraltare del primo piu’ improntato alla forma canzone e piu’ semplice ed e’ una novita’ per loro, la classe non e’ acqua |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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CD 1 - Innocence 1. Do It All Again 2. Bird on a Wire 3. Your Place in the Sun 4. Another Story to Tell 5. The Way It Had to Be 6. Emergence 7. Not Afraid Pt. 1 8. Bridge over Troubled Water
CD 2 - Danger 1. Not Afraid Pt. 2 2. Beyond the Years
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Line Up
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Neal Morse (Voce, Chitarra e Tastiere) Eric Gillette (Chitarra e Voce) Bill Hubauer (Tastiere, Organo, Piano e Voce) Randy George (Basso) Mike Portnoy (Batteria e Voce)
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