|
21/12/24
GORY BLISTER + AYDRA
RCCB INIT, VIA DOMENICO CUCCHIARI 28 - ROMA
|
|
God Is An Astronaut - Ghost Tapes #10
|
24/02/2021
( 1817 letture )
|
In questo inizio incerto di anno tornano i God Is An Astronaut, gruppo che dopo quasi vent'anni di carriera non ha bisogno di presentazioni. Tornano lasciandosi alle spalle i tristi eventi che avevano coinvolto i fratelli Kinsella e caratterizzato l'uscita del precedente album Epitaph, impregnato di una cupezza davvero importante. Se il lutto è ormai lontano, la sensazione di insicurezza tuttavia permane, e l'amara illustrazione di copertina di Ghost Tapes #10 e il suo titolo sembrano esserne l'esempio più lampante. Ghost Tape #10 è infatti il nome attribuito a una registrazione di fittizi lamenti di spiriti che veniva diffusa dalle truppe statunitensi durante le operazioni militari nella guerra del Vietnam, al fine di scoraggiare e intimorire i Viet Cong, culturalmente molto sensibili al tema della sepoltura. Per i vietnamiti è credenza comune, infatti, che se essa non viene effettuata, l'anima dei defunti continui a vagare per l'eternità, tormentando i vivi. Oltre al titolo dell'album, anche quelli delle singole tracce fanno riferimento a questo fatto, e persino nei videoclip pubblicati per la promozione del disco si avvertono numerosi rimandi.
Per l'occasione, da terzetto che era, il gruppo ritorna alla formazione già conosciuta su Helios | Erebus, richiamando il fido Jamie Dean a occuparsi delle tastiere e della seconda chitarra. E sono proprio le chitarre il fulcro principale di questo nuovo lavoro, che riabbraccia la pesantezza dei suoni proprio di Helios | Erebus. Non disperate però; gli ampi panorami sonori che caratterizzano il post rock dei God Is An Astronaut non sono scomparsi, ma vengono rafforzati dalle tinte davvero heavy, messe in luce già dalla traccia di apertura Adrift, pubblicata come singolo. Il ritmo incalzante iniziale e il riffing ingigantito dalla distorsione marcata delle chitarre disorientano l'ascoltatore, investito da una botta sonora di grande –ma sicuro- impatto. All'interno del brano c'è spazio comunque per momenti di temporanea quiete scanditi dal pianoforte, e le premesse per questo Ghost Tapes #10 sembrano davvero ottime. Burial ("sepoltura" in italiano) inizialmente distende gli animi, soffusa nelle intenzioni grazie agli arpeggi e ai synth disposti su più livelli, che conferiscono al brano l'ariosità tipica del genere, ma subentrano i riff distorti che fomentano l'irrequietezza: il risultato del contrasto tra questi ultimi e gli inserti di pianoforte è davvero encomiabile. Il terzo brano In Flux sembra ritornare sui classici lidi post-rock grazie all'arpeggio iniziale e alle tastiere ambient, ma anche in questo brano emerge la voglia di lasciarsi andare e verso il finale l'ensemble sfocia verso il post/prog metal di The Ocean e soci, con la batteria di Lloyd Hanney a guidare il tutto. La metà dell'album viene scandita da Spectres, in cui il mixaggio delle tracce di chitarra, posizionate all'estremità dei due canali stereo, diventa più evidente, donando tridimensionalità al brano, tra i più violenti ed emozionanti del lotto nonostante la sua brevità. La sezione ritmica, guidata dal basso di Niels Kinsella, introduce uno degli altri due singoli estratti, ovvero Fade. I riff ritornano meno metallici, e ricompare la componente ambient grazie al pregevole lavoro dei synth, in quello che forse è il brano più cerebrale di Ghost Tapes #10. Ci si avvicina alla fine, e Barren Trees abbandona la pesantezza in favore della naturale eleganza alla quale i God Is An Astronaut ci hanno abituati con album come All is Violent, All is Bright, rafforzata dalla presenza di un coro di stampo etereo verso la conclusione. Difficile descriverlo, l'unica soluzione è lasciarsi trasportare dalla musica. Chiusura in bellezza con Luminous Waves, delicata parentesi senza distorsione dominata dagli archi, dalle tastiere e dalla chitarra in clean.
Meno claustrofobico –ma non meno carico- di Helios | Erebus e al contempo meno cupo di Epitaph, Ghost Tapes #10 ci riconsegna i God Is An Astronaut in grande forma, sia dal punto di vista compositivo che puramente strumentale. Sicuramente il gruppo sta vivendo una evoluzione, facendosi tentare da nuove strade più vicine all'heavy metal che al post rock propriamente detto, riuscendo peraltro ottimamente nell'impresa. Le aspettative create dai singoli non sono state deluse e la brevità dell'album -che supera di poco i 35 minuti- non può essere considerata un difetto, dimostrazione che a volte l'approccio "less is more" paga. Ghost Tapes #10, con i suoi brani densi e a tratti caotici ma sempre ben costruiti e con un chiaro obiettivo, è sicuramente una delle uscite più interessanti di questi primi mesi del 2021.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
3
|
Grande album. Anche 90 a mio avviso. |
|
|
|
|
|
|
2
|
Se fossero nati negli anni '60, seeeeeee la sarebbero giocata alla grrrrrrande con i Pink Floyd come miglior band sperimentale. Paghlo dei Pink Floyd prgima maniegha, dal 1968 al 1972. Caghi saluti |
|
|
|
|
|
|
1
|
Copertina fallica inguardabile |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
|
|
|
|
|
Tracklist
|
1. Adrift 2. Burial 3. In Flux 4. Spectres 5. Fade 6. Barren Trees 7. Luminous Waves
|
|
Line Up
|
Torsten Kinsella (Chitarra, Pianoforte, Sintetizzatori) Jamie Dean (Pianoforte, Sintetizzatori, Chitarra) Niels Kinsella (Bass) Lloyd Hanney (Batteria)
Musicisti Ospiti Jimmy Scanlan (Chitarra) Jo Quail (Violoncello)
|
|
|
|
RECENSIONI |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|