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DGM - Tragic Separation
27/01/2021
( 2577 letture )
Tra le ultime ceneri musicali dell’anno appena passato meritevoli di analisi figurano per certo le note di Tragic Separation, ultima fatica dei nostrani DGM.
I giri di parole richiesti sono pochi, stiamo infatti parlando di un disco elogiato generalmente sia dalla critica che dal pubblico e, aggiungerei, per ovvie ragioni.

Tragic Separation non è un capolavoro ma è un disco ottimamente confezionato, a partire dalla lunga opener Flesh and Blood: virtuosa, pomposa e sognante. La struttura del brano è invero fin troppo plastica ed è ivi presente in ogni canzone, difatti strofa-variazione-ritornello-assolo-strofa potrebbe alla lunga risultare poco accattivante, ma saranno le qualità delle singole parti a innalzare il lotto. I riff diretti e annichilenti, la velocità chirurgica che si apre in giri ariosi melodici, le sezioni intricate con valanghe di note in un tapping impeccabile. Ma ciò che ancor più di questo farà saltare dalla sedia sarà l’assolo, o meglio, gli assoli presenti in ogni singolo pezzo. Brano per brano si potrebbero scorgere riff interessanti, linee vocali alla Redemption alternate ad altre che sfociano in melodie power, un groove di grancassa thrash che diventa heavy in un attimo e così via. Ciò che però veramente sarà impossibile da criticare sarà il guitarwork solistico a carico del professionista Mularoni (non a caso collaboratore proprio dei Redemption). A dimostrazione della classe e dell’eleganza a tratti terremotante -rappresentata anche dalla copertina meravigliosa del disco- della chitarra di Simone sono due brani in particolare: l’opener già citata e la quarta Hope. Proprio quest’ultima è un piacere per le orecchie, dove ogni musicista si ritaglia la sua fetta e riesce ad emergere con personalità, in primis Mularoni e poi Casali alla tastiera nel loro solo di coppia.

Per il resto parliamo di un album ricco di sezioni radiofoniche, esattamente come in fondo accade con i Redemption e similari. Invero il difetto più grande dell’opera, che evita di elevarla a capolavoro, è a tratti l’estremo auto-citazionismo, quelle sezioni in cui sa tutto di già sentito da altre band o addirittura dai brani appena precedenti. Un difetto che non può essere ignorato soprattutto se la qualità dei pezzi più originali è così alta. I DGM infatti hanno realizzato un album progressive metal divertente, in cui le influenze dai vari sottogeneri e le note elettroniche non infastidiscono mai ma, anzi, si amalgamano armoniosamente in maniera preponderante nella prima metà dell’opera. Sino alla title track è indubbio che Tragic Separation sia emozionante, ficcante, sofisticato ma distruttivo. Il pathos avvertito proprio nella quinta traccia che porta il nome del platter è incredibile, seppur la sezione ritmica non sempre emerga per carattere. Peccato per un leggero assopimento a partire da Stranded, che seppur in più parti ricordi il meglio del prog anni ’90, non riesce ad innovare alcunché. Stesso discorso per Land of Sorrow con il suo ottimo basso, o per Silence e le sue strofe hard rock alternate a orchestrazioni digitali, riff monocorda diretti e finale sincopato. A richiamare l’ottima prima traccia c’è poi l’ultima ufficiosa Turn Back Time, forse un po’ troppo stucchevole nella chiusura ma incisiva, rapidissima e strumentalmente ben scritta. Curtain si aliena in un solo ticchettio scandendo la fine del disco, su cui si poggiano accordi distanti in un finale idiosincratico capace di farci ricordare in appena due minuti sia dove siamo stati durante l’ascolto… sia dove non si è stati affatto: una chicca assoluta.

Solo per lo stile dimostrato, per le idee portate in campo -specialmente nella prima parte del disco-, per la copertina, per il guitarwork fuori di testa, per le linee vocali agili e fresche e infine per l’infrastruttura seppur a tratti prevedibile ma estremamente rocciosa, l’ultima fatica dei DGMTragic Separation” merita di ricevere delle notevoli lodi, seppur con qualche piccolissima riserva. Non sarà difficile trovare un lotto di dischi più accattivanti di questo, ma i quattro anni che ci hanno separato dal precedente album della band a noi conterranea sono stati sicuramente ben spesi e le orecchie meno pignole, o che vorranno evitare un’eccessiva pignoleria, saranno ripagate con un disco di progressive metal quadrato e sognante, come quello che insomma ci fa sempre piacere ascoltare ogni anno per sviare dai labirinti più spocchiosi del genere.



VOTO RECENSORE
80
VOTO LETTORI
81.52 su 109 voti [ VOTA]
accio 86
Martedì 2 Febbraio 2021, 20.01.33
8
recensione che mcoglie il punto: album nettamente sopra la media, ma pecca di citazionismo plateale(synphony x), quando non proprio di autocitazionismo. Il top rimane il precedente di gran lunga
andrewlikesmusic
Lunedì 1 Febbraio 2021, 10.58.57
7
album spettacolare, tecnicamente ed emotivamente molto coinvolgente. voto 85
Aceshigh
Giovedì 28 Gennaio 2021, 18.24.40
6
Per me un ottimo ritorno, album di poco inferiore allo splendido The Passage. Indubbiamente la componente tecnica ha una grande importanza all’interno del loro stile, forse in qualche caso il rischio di soverchiare l'aspetto emotivo effettivamente c’è (le ultime 2/3 tracce non mi hanno lasciato granché), però trovo che pezzi come Surrender (refrain meraviglioso) o Stranded, o Flesh and Blood portino con sé anche una bella carica espressiva. Io li promuovo senza alcun dubbio. Voto 83
Firth of Fifth
Giovedì 28 Gennaio 2021, 13.13.20
5
Mi spiace, ma pur rilevando le lor evidenti doti tecniche ed esecutive, a mio avviso mancano del tutto di fantasia compositiva e sopratutto di pathos. I pezzi mi sembrano sostanzialmente tutti uguali, sopratutto sul verante emotivo. Troppa fredezza, insomma. Ovviamente si tratta di gusto personale. Vedo che sono tuttora molto apprezzati e che sopratutto questo album ha riscosso grande successo critico. Ho comprato diversi loro album in passato, ma ho finito per sentirli pochissime volte proprio perchè non riesco a entrare in sintonia con questo tecnicismo esasperato a discapito dell'emotività. Limite mio, immagino.
progster78
Mercoledì 27 Gennaio 2021, 17.50.56
4
E' da giorni che lo ascolto e mi piace sempre di piu....voto 85!
Trollhammaren
Mercoledì 27 Gennaio 2021, 15.34.42
3
Album eccellente per una band a mio avviso troppo sottovalutata.
qualcosa nel culo
Mercoledì 27 Gennaio 2021, 12.51.22
2
Il loro migliore album.
Cuppitiello
Mercoledì 27 Gennaio 2021, 8.05.30
1
Album molto convincente, sia come songwriting che come produzione. Musicisti talentuosi, specialmente il chitarrista (assoli mostruosi). Voto: 80
INFORMAZIONI
2020
Frontiers Records
Prog Metal
Tracklist
1. Flesh and Blood
2. Surrender
3. Fate
4. Hope
5. Tragic Separation
6. Stranded
7. Land of Sorrow
8. Silence
9. Turn Back Time
10. Curtain
Line Up
Marco Basile (Voce)
Simone Mularoni (Chitarra)
Andrea Arcangeli (Basso)
Emanuele Casali (Tastiere)
Fabio Costantino (Batteria)
 
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