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19/09/24
BELPHEGOR + MALEVOLENT CREATION + MONUMENT OF MISANTHROPY + CONFESS
AUDIODROME - MONCALIERI (TO)
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Def Leppard - Songs from the Sparkle Lounge
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14/11/2020
( 1576 letture )
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Anno 2006: dopo essersi tolti la sete col prosciutto realizzando un album di sole cover, i Def Leppard sentono il bisogno impellente di comporre nuova musica così corrono in studio, iniziano a scrivere e ci rimangono per quasi due anni. Una delle prime cose che fanno per affrontare l’ennesima prova complicata della carriera (l’ultimo materiale inedito uscito su X non aveva convinto granché né critica, né pubblico) è sfoltire la “rosa” dei tecnici, perciò telefonano al genietto “Mutt” Lange con lo scopo di averlo dietro alla consolle ad impartire lezioni come ai bei vecchi tempi ma il tentativo non va a buon fine. A questo punto la scelta più ovvia è affidarsi a Ronan McHugh col quale avevano già collaborato nel recente Yeah!, la succitata raccolta di rifacimenti rock. Risultato? Una maggiore propensione nel catalizzare l’hard rock di chiara matrice ottantiana del gruppo verso sonorità moderne senza comunque snaturarne il sound. Simultaneamente si cerca di ammaliare l’ascoltatore più giovane attraverso basi tipiche dell’alternative, utilizzando al massimo delle proprie possibilità la parte elettronica del drum set di Allen e giocando sulle effusioni fra le chitarre. Ma a parte le intelligenti scelte di spogliatoio, come sono i nostri sul campo? Funzionano le undici Songs from the Sparkle Lounge?
Tralasciando una parte centrale (volutamente?) meno forte, il resto è buono se non addirittura ottimo con un finale, per certi versi, persino sorprendente… ma andiamo con ordine partendo dalla chiara dichiarazione d’intenti Go. L’opentrack racchiude le caratteristiche della musica rock dello scorso decennio: si percepisce la mano astuta del producer nel realizzare un corposo tappeto sonoro elettrificato, le sinuose sverniciate di archi danno adito a qualche dubbio ma la parte strumentale centrale con tanto di assolo li cancella definitivamente. La blues/rock Nine Lives risente della collaborazione con l’icona country Tim McGraw pertanto risulta carina ma nulla più mentre si torna decisamente su coordinate più congeniali ai nostri con il ritornello da arena di C’mon C’mon. Diventa fondamentale il lavoro di fino operato dal sottofondo percussionistico, il quale rende il brano vibrante e seducente. Alla track numero quattro come da tradizione è affidata la ballad dall’originale titolo Love, au contraire il sound è tutt’altro che scontato e la canzone necessita di qualche ascolto per cogliere le diverse sfumature contenute. È una sorta di ballata da band metalcore con tratti operistici alla Queen, anche a distanza di anni rimane criptica. Tomorrow risente delle mode dei teenagers dell’epoca perciò all’hard rock viene preferito un punk/rock innocuo, fortunatamente i Def Leppard suonano meglio della stragrande maggioranza delle band del genere ed è solo per questo che il pezzo si salva. Cruise Control rispetta il titolo impiantandosi su delle regolari quanto oscure linee di basso di Savage e proseguendo il suo percorso in maniera pressoché automatica fino al funzionale ritornello. Con Hallucinate si torna a correre sulle sonorità consolidate negli anni dalla band, quindi spazio a refrain intrecciati, coretti anthemici e chorus da stadio. Il pop/rock di Only the Good Die Young sicuramente non passerà agli annali ma risulta meno terribile di quel che potrebbe sembrare inizialmente, salvandosi in calcio d’angolo grazie al ruffiano ritornello e a sparuti spunti “beatlesiani”. In effetti ci si potevano aspettare più richiami nei confronti dei Baronetti di Liverpool considerando che la cover dell’album riprende quella di Sgt. Pepper. In conclusione i Def Leppard ci fanno finalmente gustare dell’energico rock’n’roll squisitamente ottantiano: lo sleaze veloce di Bad Actress cattura, mentre Come Undone è un chiaro omaggio al passato del gruppo in quanto possiede tutti gli stilemi classici della hit anni 80. Infine Gotta Let It Go, dopo delle strofe dark affascinanti, colpisce duro con dei bellissimi refrain.
Sul finale c’è tutto quello che un fan di vecchia data vorrebbe ascoltare da dei maestri del genere, quindi viene da chiedersi perché non incidere l’intero album su queste coordinate visto che il materiale e l’ispirazione c’erano eccome? Probabile che i Def Leppard abbiano scelto di insinuarsi nel mercato dell’epoca (cosa che peraltro hanno sempre fatto) rendendo maggiormente accattivante il proprio sound verso le nuove generazioni. Tendenzialmente l’operazione è riuscita ma il rischio di scontentare lo zoccolo duro per accaparrarsi ben pochi nuovi adepti c’era ed in effetti, almeno in termini di vendite, Songs from the Sparkle Lounge fu un buco nell’acqua, ovviamente sempre considerando di chi stiamo parlando. Della produzione dei leopardi è sicuramente tralasciabile ma vale la pena sottolineare la bontà di alcuni brani.
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5
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Altra band che dopo i metallica doveva chiudere la bottega già nella prima parte degli anni 90. |
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4
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Un bel dischetto. Ricordo che, dopo lo scialbo X e l’inutilissima raccolta di cover, questo fu una bella sorpresa. Molta più energia e un songwriting più convinto, a parte un paio di pezzi. Le migliori per me: Nine Lives, Love (evidente quanto efficacissimo omaggio ai Queen) e la scatenata Bad Actress. Questo e Euphoria sono a mio avviso gli unici due album post-Adrenalize che meritano veramente. Voto 80 |
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3
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Disco che non mi lasciato proprio nulla. Discograficamente parlando morti con Adrenalize. |
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2
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Me lo hanno regalato e francamente non mi dispiace affatto. Non è il disco che rimarrà dei Def Leppard, ma nella sua semplicità ci sono tutte le sfaccettature del loro sound e anche qualche pezzo atipico che non dispiace affatto. A me Love piace e credo che Only The Good Die Young sia un omaggio, visto il testo. Piacevole. |
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1
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Buon disco. In sintonia col recensore. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Go 2. Nine Lives 3. C’mon C’mon 4. Love 5. Tomorrow 6. Cruise Control 7. Hallucinate 8. Only the Good Die Young 9. Bad Actress 10. Come Undone 11. Gotta Let It Go
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Line Up
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Joe Elliott (Voce) Phil Collen (Chitarra, cori) Vivian Campbell (Chitarra, cori) Rick Savage (Basso, cori, chitarre addizionali) Rick Allen (Batteria, cori)
Musicisti ospiti Tim McGraw (Voce nella traccia 2)
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