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Árstíðir Lífsins - Saga Á Tveim Tungum II: Eigi Fjǫll Né Firðirmartedì
19/05/2020
( 1398 letture )
Una voce calda, profonda culla le orecchie dell’ascoltatore, accompagnata da una chitarra acustica e da archi malinconici. Il suono dolce e soave dell’antica lingua norrena si sviluppa lungo tutta Ek Býð þik Velkominn, la prima canzone di Saga Á Tveim Tungum II: Eigi Fjǫll Né Firðir della band tedesco-islandese Árstíðir Lífsins, secondo capitolo della saga iniziata l’anno scorso con Saga Á Tveim Tungum I: Vápn Ok Viðr. Prosegue qui la storia dei due fratelli, che già avevano animato la narrazione del disco precedente, ambientata nella Norvegia sul finire del primo Millennio e governata da re Óláf Haraldsson, figura santificata dalla Chiesa cattolica: nato in epoca pagana, egli, una volta autoproclamatosi re di Norvegia, operò un processo di evangelizzazione forzata del territorio, non risparmiando neanche atti di violenza e brutalità nei confronti di quei re locali intenzionati a mantenere intatte le proprie radici pagane.

Ad ogni modo, torniamo a parlare di musica. Oltre a quanto menzionato in apertura di recensione, cosa c’è in questo secondo capitolo della saga? Fondamentalmente, essendo questa una “parte II” di una singola opera più ampia, la musica di Eigi Fjǫll Né Firðir non ha nulla di più e nulla di meno di quanto abbiamo potuto udire in Vápn Ok Viðr. Ciò sottolinea una certa tendenza, fortemente radicata nella musica estrema contemporanea, all’abbondanza e, anzi, alla sovrabbondanza. È diventato ormai raro, in una inversione delle abitudini rispetto al passato, trovare dischi della durata compatta di trenta, quaranta minuti, mentre sempre più diffuse sono le durate estese, che non di rado sfociano in una dannosa prolissità. Questa prolissità dannosa non è propria dei Nostri i quali, nei circa settantacinque minuti di musica (che si sommano ai settanta della parte I, traducendo così questa maxi-opera in un’epopea di quasi due ore e mezza), riescono a mantenere alta l’attenzione dell’ascoltatore, specialmente una volta superata la coppia di brani che aprono il disco. Incentrati principalmente sulla narrazione, l’elemento acustico e folk funge, nella già citata Ek Býð þik Velkominn e nella successiva Bróðir, Var þat þín Hǫnd, da sfondo alla voce di Marsél che, nella seconda canzone, raggiunge livelli di soavità prossimi a quelli di un ASMRtist. Superati questi primi due capitoli, assai suggestivi ma con poco mordente, gli Árstíðir Lífsins sfoderano l’artiglieria pesante, composta da un black metal anni ’90, che a fasi rapide e sferzanti alterna rallentamenti doom, riff che ora attingono alla durezza del thrash metal ed ora, più melodici, concedono ampio respiro allo spettatore. Alla durezza imperante delle componenti più propriamente metal si fondono, con grande intelligenza, da una parte l’elemento narrativo, con la voce di Marsél che si incunea non solo nelle sezioni più pacate ed atmosferiche ma anche in quelle più furiose, e, dall’altra, seppur un po’ più nascoste, le sonorità folk evocate da chitarre acustici, violini e percussioni quasi tribali. Ed è, forse, questo il difetto più grande: pur affondando le proprie radici in quelle regioni del black metal che affidano la propria ispirazione alla musica tradizionale locale, quest’ultima non di rado fatica ad emergere, essendo sovrastata, in fase di missaggio, dalle chitarre elettriche e dal basso, che gettano su di essa la propria ombra minacciosa.

Poiché, come detto più sopra, le novità rispetto alla parte I già recensita sulle pagine di Metallized sono ben poche, per non dire nulle, e trattandosi di un album comunque qualitativamente valido, la valutazione che si leggerà in calce non potrà non risentire di questo more-of-the-same. Seppur dettata da necessità commerciali -vendere un album di due ore e mezza non è un’impresa facile, sebbene non impossibile: basti pensare alle oltre due ore di The Astonishing dei Dream Theather-, una scelta simile deve essere supportata da un valido motivo per l’acquisto del disco: certamente, la trama prosegue ma non può essere questo il “valido motivo” (quanti conoscono l’antico norreno?); sarebbe stata, pertanto, necessaria una evoluzione o, comunque, un sound in grado di rendere ciascuno dei due dischi, sebbene facenti parte della medesima opera, riconoscibili: un po’ ciò che è stato fatto, in ambito cinematografico, da Quentin Tarantino con Kill Bill o da Lars Von Trier con Nymphomaniac (entrambi film singoli suddivisi in due volumi per necessità di distribuzione).



VOTO RECENSORE
72
VOTO LETTORI
89.63 su 11 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2020
Van Records
Folk/Black
Tracklist
1. Ek Býð ik Velkominn
2. Bróðir, Var þat þín Hǫnd
3. Sem Járnklær Nætr Dragask Nærri
4. Gamalt Ríki Faðmar þá Grænu Ok Svǫrtu Hringi Lífs Ok Aldrslita
5. Um Nætr Reika Skepnr
6. Heiftum Skal Mána Kveðja
7. Er Hin Gullna Stjarna Skýjar Slóðar Rennr Rauð
8. Um Nóttu, Mér Dreymir þursa þjóðar Sjǫt Brennandi
9. Ek Sá Halr At Hóars Veðri Hǫsvan Serk Hrísgrísnis Bar
Line Up
Marsél (Voce, Narrazione)
Stefán (Voce, Chitarra, Basso)
Árni (Voce, Archi, Batteria)
 
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