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21/12/24
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Saxon - Unleash the Beast
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04/04/2020
( 2822 letture )
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Dopo aver cavalcato da maestri la possente ondata della N.W.O.B.H.M. i Saxon avevano imboccato una strada che li aveva portati oltre la cresta, cominciando una discesa qualitativa e commerciale che a un certo punto era sembrata irreversibile. Il declino dell’interesse per il metal classico e vari altri fattori che elencare nel dettaglio ci porterebbe troppo lontano, unitamente a una vena creativa che sembrava essersi inaridita (al netto dell’indubbia presenza di episodi magari meno aggressivi, ma molto belli), avevano posto gli inglesi nel limbo dei "furono grandi". Almeno per la maggioranza. Il gruppo, però, aveva ancora ben più di qualche cartuccia da sparare. Unleash the Beast arrivò sul mercato quando forse in pochi si aspettavano una ripartenza definitiva da parte loro, mettendo uno dei mattoni più solidi della terza parte della loro carriera.
Ritrovata la giusta convinzione sia per meriti propri, che per un mutato contesto generale e datole energia mediante l’inserimento in formazione di un uomo del loro giro come lo scalpitante Doug Scarratt al posto di uno spento e deluso Graham Oliver, i Saxon si recarono nuovamente in Germania per realizzare il disco del rilancio. Con l’aiuto di Kalle Trapp per quanto attiene agli aspetti produttivi e con lo stesso Byford al mixer. Puntato su una copertina decisamente gotica (Paul Gregory, Studio 54) -in realtà il disco era oscuro solo in alcuni episodi e non organicamente- con in primo piano un gargoyle dagli occhi iniettati di sangue e l’espressione che non sembrava indicare voglia di fare amicizia, con la presenza in foto del solo Biff Byford all’interno a ribadire con forza chi fosse il centro di gravità permanente del gruppo e l’artefice delle scelte di campo nel bene e nel male, i Saxon centrarono il bersaglio. Nonostante la presenza di più di un pezzo abbastanza ammiccante, Unleash the Beast era ben più cazzuto della media delle loro uscite più recenti ed i loro fan, del resto, non aspettavano altro. Aperto da un intro d’effetto quale Gothic Dreams, il disco prendeva quota con Unleash the Beast, pezzo abbastanza ispirato, basato su un dinamismo molto diretto trasmesso da ritmiche compatte e veloci. Nulla di particolare, ma un modo per dire: "Ok, basta cazzate. Torniamo a fare quello che sappiamo fare meglio e basta". Stesso compito affidato a Terminal Velocity, dal riff vagamente priestiano e molto diretto. Altra canzone semplice ed efficace che restituisce i Saxon di un tempo al loro pubblico. Con Circle of Light si entra nella miglior dimensione saxoniana. Qualche tocco oscuro e “affannoso” e pezzo che colpisce per equilibrio tra potenza e classe e per l’interpretazione di Biff. Una delle punte di diamante del lavoro. Tempi medi e ritmica quadrata per The Thin Red Line, altra canzone basata sul pathos, sugli arrangiamenti e su un ritornello da marchio di fabbrica del gruppo. Gioia di suonare che esplode quasi leggera con Ministry of Fools. Solare e arrembante in modo “pulito” come solo un certo approccio alla musica può garantire, riconcilia definitivamente con i vecchi Saxon. The Preacher comincia invece con tastiere solenni e si assesta poi su un mid time semplice e abbastanza roccioso, di buona atmosfera. Anche malizioso, se vogliamo, nella sua costruzione. Ma è tempo di riprendere a correre. Al classico fischio di Biff i bpm aumentano per lasciar scorrere Bloodletter. La canzone è senza freni, ma la classe della band viene fuori chiara e netta ugualmente anche dai toni più cupi di alcuni passaggi, trascinandosi anche alla successiva e molto più plumbea Cut Out the Disease, pezzo il cui testo qualcuno associa a Oliver e a certi suoi comportamenti prima e dopo aver lasciato il gruppo. Dopo la delicata ballata Absent Friend, dedicata a un amico scomparso, rasoiate ignorantissime che ripartono con All Hell Breaking Loose, che mette la parola fine al disco promettendo un prosieguo di carriera sempre all’insegna del metal, come poi è stato.
Unleash the Beast è un album che inaugura un nuovo corso avviato con una rinnovata formazione, riconsegnandoci quel gruppo che molti avevano dato per spacciato/sfiorito evidentemente troppo presto, costruendo una scaletta più "densa" del solito. Merito probabilmente della linfa vitale inserita in seno alla band dall’ingresso di Scarratt, di una fiera presa di posizione di Byford circa il futuro del gruppo nonostante nel momento dell’uscita di questo CD, si potesse certamente intuire che il metal avrebbe preso una strada che l’avrebbe portato sempre più lontano dalle sue origini. Almeno a cavallo dell’inizio del nuovo millennio. La pervicace azione di resistenza dei Saxon e di una schiera di gruppi seminali e non, ha però mantenuto in vita un genere che presumibilmente ha ancora una lunga strada davanti a sé. Unleash the Beast ne è degno alfiere.
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13
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Il migliore degli anni \'90, non c\'è dubbio. In barba ai tutti i nu-metallers che nel \'97 scassavano le balle; e pure adesso, se andate a vedere i divulgatori di metal su youtube sono tutti figli della generazione vomitosa del nu-metal-core. |
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12
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Perché non fate la recensione dei dischi precedenti a questo? Commerciali o no, anche loro hanno detto la loro nella discografia della band. A me non dispiace ascoltare solid ball of rock, forever free e dogs of war. |
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11
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La discesa qualitativa dei Saxon... non me ne sono mai accorto! Anche Destiny era un gran disco. E pure questo! |
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10
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Ne prendo atto |
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9
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Recensione perfetta. Però Raven io comprai il CD in presa diretta, CMC international, e la foto dei componenti nel booklet c'è, con tanto di parruccona per Paul Quinn, che abbandonerà nel successivo Teutonico Metalhead |
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8
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Concordo con Raven, Scarratt diede senza dubbio nuova linfa al gruppo al posto di un Oliver ormai sgonfio e distaccato dalle dinamiche del gruppo. Album ampiamente promosso. Approfitto per dire, invece, che a me Solid ball of rock ha sempre annoiato un bel pp', benché conscio che sia apprezzato dai più (come dimostrato anche dai commenti precedenti). Gusti.... |
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7
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Ottima uscita...una bomba!...disco troppo bistrattato ....90! |
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6
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Mancanpo Solid Ball Of Rock ; Forever Free e Dogs Of War. |
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5
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Discone . Manca Dogs Of War . |
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4
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Concordo con il voto, questo è il miglior disco dei Saxon dopo il bellissimo Solid ball of rock. L'unico che non ha riempitivi e ha un bel piglio per tutta la sua durata. Voto 80 |
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3
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Per me il rilancio c’era già stato con Solid Ball of Rock (album eccezionale che spero di veder recensito prima o poi), anche se il successivo, ‘solo’ buono Forever Free mi aveva smorzato un po’ gli entusiasmi (un pelo meglio Dogs of War). Con questo Unleash the Beast (e ancor più col successivo Metalhead) i suoni si irrobustiscono, quello che si vuole dimostrare è che la band può dire la sua ancora alla grande anche se ha già 20 anni di carriera sulle spalle. Brani potenti come la title-track o la trascinante All Hell Breaking Loose sono un piacere ancora oggi, anche se di anni ne sono passati ancora altri 20. Grandissimi! Tra i più grandi! Voto 82 |
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2
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Questo per me è stato il Painkiller dei Saxon.....il disco del rilancio quando ormai non se li cagava più nessuno ed invece quasi alle soglie del nuovo millennio partorirono una doppietta di indiscusso valore.....perché anche il successivo Metalhead lo gradisco molto......il loro stile inconfondibile era tornato a tuonare.
Voto giusto. Ossequi! |
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1
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Concordo con il voto, l'ho sempre trovato un ottimo disco di ripartenza per i Saxon dopo la buona conferma di dischi come Solid Ball Of Rock e Dogs Of War. Mi piace l'atmosfera oscura di alcuni pezzi, e anche quelli più speed sono convincenti (Termnial Velocity per dire). Dopo Lionheart invece per me tanti dischi di mestiere, ma comunque buoni, se c'è una band che nel metal classico non ti farà mai sentire un disco insuffficiente per me sono i Saxon. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Gothic Dreams 2. Unleash the Beast 3. Terminal Velocity 4. Circle of Light 5. The Thin Red Line 6. Ministry of Fools 7. The Preacher 8. Bloodletter 9. Cut out the Disease 10. Absent Friends (Song for J.J.) 11. All Hell Breaking Loose
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Line Up
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Biff Byford (Voce) Paul Quinn (Chitarra) Doug Scarrat (Chitarra) Nibbs Carter (Basso) Nigel Glockler (Batteria)
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