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21/12/24
GORY BLISTER + AYDRA
RCCB INIT, VIA DOMENICO CUCCHIARI 28 - ROMA
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05/03/2020
( 4691 letture )
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Che bello risentire gli H.e.a.t. La band svedese, fondata a Upplands Väsby nel 2007, giunge al sesto album in studio, con l’esordio eponimo dato alle stampe nel 2008. II segue lo sperimentale Into The Great Unknown, disco diverso ma per certi versi riuscito, con l’hard rock nativo lasciato un attimo in naftalina: questione di scelte. Invece, dall’alto di questi stimolanti 11 nuovi pezzi, il gruppo proveniente da terre produttive come nessuno in campo hard rock nelle ultime due decadi, ritorna sul vecchio sentiero con energia rinnovata e aguzza. Come il quintetto ha tenuto a precisare: “Se avessimo pubblicato il nostro album di debutto nel 2019, questo è il sound che avrebbe avuto”.
Il legame fortissimo tra la band e il mood dei trascorsi anni ottanta è palese, verrebbe da dire inscindibile; insomma, chi pronosticava la morte del rock duro si sarà reso conto, negli ultimi lustri, di aver provato a sotterrare un’entità che proprio di morire non ci pensa affatto. Per fortuna aggiungo io. Gli H.e.a.t brillano di potenza sonora, melodie sfavillanti e vena compositiva cospicua, con la voce del singer Erik Gronwall che scudiscia, pressa e ferisce ad ogni passaggio, e il resto della formazione che picchia durissimo, con le sei corde che s’incendiano spesso e la batteria che demolisce inutili resistenze. Rock Your Body schizza via melodica che è un piacere e siamo solo in apertura, chitarre pompate, la voce vola alta, key nebulizzate e un ritornello corale, urlato e fremente, mentre la batteria bastona, e il solismo straripa da ogni poro della song: una mazzata di grande impatto. Bentornati nel pieno degli anni 80. Dangerous Ground viaggia a mille tra voce filtrata, armonie, ricordando le colonne sonore di pellicole del tempo, tra Rocky e Top Gun per intenderci; il quintetto non si risparmia e confeziona uno spaccato di passato molto attuale. Come Clean brilla di luce abbagliante, l’ugola d’acciaio raggiunge altissimi picchi di interpretazione, quasi in chiave AOR visto il lavoro delle tastiere, solo furioso di Dave Dalone, il ritornello è strepitoso. Altro centro perfetto, seguito dalla composita Victory che alterna perlacei arrangiamenti a cavalcate chitarristiche, stacchi potenti, aperture sui tasti d’avorio, con un inciso che sa di epic metal; ottimi soli incrociati a darsi battaglia tra l’ascia e il synth. We Are Gods mette i brividi, l’intonazione blues alla Coverdale fa accapponare la pelle, Erik Gronwall si dimostra un performer dotatissimo, da tenere sotto stretta osservazione, il brano è magniloquente, fatto di bordate strumentali, inserti e l’ugola pazzesca che cannoneggia pesante la stesura, solo della guitar bruciante con Jona Tee che si ustiona i polpastrelli sulla consolle. Adrenaline fa trasparire, chiaramente, elementi agguantati dal titolo aggiungendo melodie di grande stratificazione e un ritmo spezzato assai convincente, One By One è class metal senza fronzoli e ventate catramanti, guarnito da un chorus da urlare nelle arene, solo della sei corde urticante e ricco di pathos, mentre Nothing To Say è una ballad che nasce su tasti sognanti con una prova del cantante, ancora una volta, eccelsa, una traccia delicata, da FM americane. Tastiere in evidenza su Heaven Must Have Won An Angel, che pesca a piene mani nella tradizione AOR, Under The Gun molla una sventola in piena faccia, con cori altissimi che puntano all’empireo, poi Rise serra i boccaporti con l’ennesima prova compatta e luccicante, costruita su trame armoniche ed enfasi dal DNA epico nei cori e nella stesura.
Gli H.e.a.t mettono a segno un gran bel colpo, un’operazione riuscita già ai Crazy Lixx di Ruff Justice del 2017, riscoprendo hard e class degli eighties, mettendoci dentro belle canzoni, energia, voglia di esserci e ottime idee. Senza risultare stantii o antiquati. La band, poi, gira come un orologio atomico, senza mostrare mai una crepa o un’esitazione, con interpreti di livello totale e freschezza nelle interpretazioni. Una voce al massimo, chitarre pressofuse, tastiere che sanno orientarsi su una vasta gamma di suoni, ora duri ora teneri, sezione ritmica solida e atletica. II è un disco che spacca e intrattiene, solo i puristi dei melting pot e dell’originalità a tutti i costi avranno da ridire. Go swedish guys!
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18
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@ Argo, SI per me ''Tearing Down the Walls'' è il loro ''Master of Puppets''. |
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16
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Dopo 3-4 ascolti, cd assimilato del tutto. Non male, manca solamente l'atmosfera di 20 anni fa, cosa da non poco. In ogni caso, vorrei prendere un altro cd di questa band, solo uno, è quasi unanime l'idea che tearing down the walls sia il loro miglior album, me lo confermate? fatemi sapere, grazie |
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15
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A Livello dei primi due, ma più heavy. |
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14
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Serio candidato a disco dell'anno!!!!! Anche per me qui ci sono undici canzoni che potrebbero essere undici potenziali singoli, nessuna canzone sotto tono, anzi. Eric si dimostra un cantante eccezionale e Dalone un ottimo chitarrista. Da tempo non ascoltavo un disco simile, e quando leggo che non escono più dischi fondamentali, ecco questo è uno di quelli. |
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13
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....a mio avviso e' solo buono....ci sono alcuni filler eccome!!!.....we are gods e adrenaline non dicono nulla...rock your body e' banalissima...sono piatte complesivamente!...le altre proseguono bene fino alla penultima....mentre rise e' un pezzo debole! |
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12
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Un disco strepitoso!! Come voto il 100 ci sta tutto: non un filler, non una canzone sotto tono ma 11 potenziali single!!
La dimostrazione come ancor oggi dove si è detto tutto se si ha le capacità si può scrivere un capolavoro che niente ha di che invidiare a quelli del passato, anzi, un disco che tra trent'anni sarà ancora identificato come masterpiece!! |
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11
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...niente male....decisamente interessanti... |
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10
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Ho avuto la fortuna di vederli una volta live in Inghilterra: GRANDIOSI.
Sempre stato un loro fan. Hanno trovato, riciclando idee vecchie, strade nuove. A tratti sono stati anche geniali. |
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9
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Sono tornati, eccome!
Disco continuamente presente nelle mie giornate per il momento.
Secondo me manca un apice come poteva avere Address (disco prequel di Heat II per me a livello di sound), ma ha una sfilza di brani di qualità elevatissima.
Filler non ne trovo, ed è una vittoria dopo qualche passo falso nel disco precedente.
Victory e Under The Gun sono due pezzoni ai limiti del metal (strano sentirli suonare da loro) e soprattutto il secondo è dinamite pura.
Come Clean probabilmente è il brano simbolo del disco, con Rise e One By One che sfondano i muri.
Altro apice è il ritornello di We Are Gods, splendido, mentre .Heaven Must Have Won an Angel non mi esce dalla testa e probabilmente è il brano più AOR oriented del disco.
Nothing To Say forse poteva essere meno banale, ma comunque suona bene.
Promossi assolutamente, non era per nulla scontato partorire un disco di questa caratura.
E che figata gli assoli di Dalone, tornato alla grande.
Non parlo neanche di Gronwall perchè non ha bisogno di altri elogi, su disco è pazzesco, live è un fenomeno (se non li avete mai visti andate a Bergamo a maggio!) dotato di un carisma ed un'estensione fuori dal comune.
Unico appunto sul suono generale: a me piacciono suoni più puliti e meno effettati, qui a volte sembra che la batteria sia triggerata tantissimo e sembra quasi "finta".
Visto che Crash pesta duro, avrei preferito un altro sound al riguardo, ma mi accontento. |
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8
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Bel dischetto, ho visto parecchie recensioni entusiastiche e per curiosità l'ho sentito. Da ieri che ce l'ho in loop, veramente un bel lavoro. |
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7
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Dopo il passo falso di "Into The Great Unknown" , sono nuovamente riusciti a tirar fuori un album stupendo; a parer mio leggermente sotto il fantastico Tearing Down The Walls, ma si parla di sfumature. Concordo con il voto del recensore... |
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6
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Questa band non sbaglia un colpo, un hard rock suonato con classe, in modo impeccabile, c'è davvero poco da aggiungere.
Concordo con chi lo definisce l'uscita dell'anno, sicuro lo è fino a questo momento e resterà una delle migliori del 2020.
Per me da 90. |
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5
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...leggendo i commenti positivi ....qui sotto.....lo devo ascoltare.... |
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4
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album immenso: già in nomina di migliore uscita dell anno!
MASTERPIECE.
Per me vale 99 |
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3
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90 tutta la vita, masterpiece ! |
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2
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Già tra i candidati a disco dell'anno. Questo 2020 in campo hard/AOR tra HEAT, Revolution Saints e Collateral è partito col botto!!! |
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1
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Devo ancora ascoltarlo per bene, ma in prima battuta mi sento di concordare col recensore, gran bel lavoro!
Gronwall un fuoriclasse. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Rock Your Body 2. Dangerous Ground 3. Come Clean 4. Victory 5. We Are Gods 6. Adrenaline 7. One By One 8. Nothing To Say 9. Heaven Must Have Won An Angel 10. Under The Gun 11. Rise
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Line Up
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Erik Gronwall (Voce) Dave Dalone (Chitarra) Jimmy Jay (Basso) Don Crush (Batteria) Jona Tee (Tastiere)
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RECENSIONI |
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