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11/01/25
SMOKING FIELDS + EN.MA + LIFE IN BETWEEN
CENTRALE 66, VIA NICOLÒ DELL’ABATE N.66 - MODENA
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Jon Bon Jovi - Blaze of Glory
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20/01/2019
( 3235 letture )
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Il rapporto di Hollywood col mondo del rock è da sempre piuttosto continuativo e proficuo. Impossibile rendere conto delle decine di pellicole che hanno più o meno direttamente flirtato, se non direttamente omaggiato, l’epopea rock e i suoi protagonisti. Non faremo torto a nessuno citando ad esempio i numerosi biopic come il recentissimo Bohemian Rhapsody, piuttosto che il celeberrimo The Doors di Oliver Stone o, ancora, gli arcinoti Almost Famous e Rockstar, per arrivare a Wayne’s World, Singles, Airheads, Velvet Goldmine, The Rose, Roadie e via discorrendo, per concludere infine con film che magari non hanno un contatto diretto col rock, ma lo utilizzano in maniera forte ed esplicita per le colonne sonore, come The Last Action Hero o Iron Man 2, per non dire dell’esilarante scena che in Ace Ventura vede il cameo dei Cannibal Corpse sul palco e alle prese con Hammer Smashed Face. Più difficile riscontrare un tale entusiasmo verso il rock all’interno di un genere come il western che, per propria natura, predilige semmai connotarsi di country, folk o al limite gospel e blues: esempio in tal senso è la stupenda colonna sonora del film Pat Garrett & Billy the Kid ad opera di Bob Dylan. Ed è proprio la storia del leggendario pistolero Billy the Kid che ci porta ad un altro film a lui dedicato, il quale vede all’opera stavolta un artista rock per la colonna sonora. Parliamo naturalmente di Jon Bon Jovi, cantante e compositore statunitense, all’epoca appena reduce dal successo tributato a New Jersey e, probabilmente, anche al centro di una riflessione personale che riflette un periodo di crisi all’interno della band che porta il suo nome e che condurrà di lì a poco alla seconda parte della sua carriera, connotata da sonorità meno votate al rock duro e caratterizzate da testi più riflessivi e introspettivi. Il coinvolgimento del bel Jon in Young Guns II, questo il titolo del film, deriva dalla volontà del protagonista Emilio Estevez di inserire la famosissima Wanted Dead or Alive all’interno della colonna sonora. Il film, che fa seguito al successo del primo capitolo, raccoglieva oltre ad Estevez, alcuni dei più famosi giovani attori alla ribalta in quel periodo: Kiefer Sutherland, Lou Diamond Phillips, Christian Slater e William Petersen. Una volta venuto a conoscenza della trama, tutta centrata sulla leggenda di Billy the Kid, Bon Jovi capì che il testo di Wanted Dead or Alive non poteva adattarsi alle necessità del film, ma desideroso comunque di far parte del progetto, scrisse Blaze of Glory, che divenne la traccia promozionale della colonna sonora e, ormai preso dalla situazione, trovò modo e tempo di realizzare un intero album ispirato al film, nel quale oltre alla titletrack troveranno posto anche l’opener Billy Get Your Guns, mentre il tema portante, scritto dal produttore/arrangiatore Alan Silvestri figurerà nella scaletta del disco.
L’album è il primo da solista per Jon Bon Jovi e si discosta in buona parte dalla produzione realizzata fino a quel momento con la band madre, anche se la mano compositiva rimane piuttosto evidente, così come la voce e l’interpretazione del band leader, assolutamente inconfondibili. Il disco non può in realtà neanche considerarsi propriamente una colonna sonora vera e propria, dato che solo due tracce ne faranno effettivamente parte e, infatti, si struttura attorno a dieci canzoni, interpretate da una band e l’unica traccia strumentale sarà appunto il tema portante del film, unico brano non composto da Jon. Stilisticamente, il rock da arena tipico dei Bon Jovi viene messo totalmente in disparte a favore di sonorità più classicamente rock, con ampio uso delle tastiere e di cori e qualche occasionale puntata in altri generi come il country della titletrack, che segue però il modello di Wanted Dead or Alive, ossia l’incontro/scontro tra l’acustico e il distorto, con una atmosfera western di fondo. I cori, quando utilizzati in senso ampio, si rifanno invece alla classica tradizione gospel/soul e il tutto è un’ottima scappatoia per Jon, consentendogli di comporre qualcosa di diverso dal solito copione, senza le pressioni del necessario successo che deve accompagnare le uscite della band madre e senza aspettative da dover soddisfare, se non le proprie. Insomma, tutto quello che un disco da solista dovrebbe essere per dimostrare di avere un senso, a partire dalla spontaneità e dalla volontà di prendersi dei rischi, andando a giocare su un terreno diverso dal consueto. Accompagnato da uno stuolo di ospiti di livello eccelso, tra i quali spiccano naturalmente Jeff Beck, Elton John, Little Richard, Robbin Crosby, Aldo Nova e Kenny Aaronoff, il band leader mantiene comunque saldamente le redini di tutta la produzione. Citazioni della pellicola sono sparse qua e là nel disco, conferendo continuità con la storia, anche se le tracce non seguono una logica sequenziale rispetto al film, venendo meno ad un vincolo che non rispetterebbe la natura del disco. E’ proprio la voce di Emilio Estevez, impegnato nella citazione conclusiva del film, ad aprire il disco, lasciando spazio a Billy Get Your Guns, brano che pur nella sua natura rock, specialmente nella dinamica, con le tipiche armonie alla “Bon Jovi”, mostra già una natura diversa dal solito, con il piano, l’organo e la chitarra slide in primo piano. A seguire troviamo Miracle, canzone che segna una netta cesura con la scatenata opener, mostrandosi nella sua forma di ballata ariosa, condotta dalla fisarmonica e dalle chitarre acustiche, con la voce di Jon a mantenere saldo il legame col suo classico stile, in un contesto però completamente diverso e che sarà foriero di ispirazione futura. Tempo di calare l’asso ed ecco la titletrack: come detto brano di spessore e di grande atmosfera, che con la precedente Wanted Dead or Alive segna il punto massimo dell’ispirazione “western” uscita dalla penna del compositore statunitense. Gran pezzo, nel quale Jon si sgola in un refrain che colpisce al segno in pieno e tutto gira a meraviglia. Per i curiosi, esiste un racconto di Kiefer Sutherland che spiega la genesi del brano: in pratica, il cast completo era seduto al tavolo di un fast food, intento a sgranare hamburgers e a parlare del film. Al tavolo c’è anche Bon Jovi, sempre più convinto che Wanted Dead or Alive non sia quanto necessario al caso e intento, a quanto racconta Sutherland, a scribacchiare qualcosa per qualche minuto. Tempo di finire un discorso e il cantante annunciò di aver scritto il brano giusto. Sei minuti per una canzone che sarebbe arrivata al numero 1 di Billboard. Leggenda o meno che sia, la canzone resta una delle più interessanti pubblicate negli anni 90 dal musicista. Blood Money è una ballata minimale retta dalla chitarra e dalla fisarmonica e, soprattutto, dalla voce di Jon, protagonista assoluta della scena. I fans della band madre dovrebbero poi prestare molta attenzione all’intro di Santa Fe e forse ci ritroveranno uno stacco molto similare a quello di una famosissima ballad che sarà pubblicata da lì a poco. Si tratta senza dubbio di una delle tracce più significative del disco, con un arrangiamento grandioso con tanto di archi e una bella atmosfera che esalta un testo ispirato: si parla di un episodio reale della vita di Billy the Kid, ma Bon Jovi lo utilizza come sfondo per una riflessione interiore che narra il conflitto tra l’idea di se stesso che ogni uomo ha e quella che invece diventa la sua immagine pubblica, tra i propri ideali e le proprie sconfitte, tra i sogni e i peccati commessi. Non sarà alta letteratura, ma merita una menzione e, peraltro, non è l’unica canzone del disco ad avere delle liriche interessanti. Tempo ora per un altro brano decisamente a segno: Justice in the Barrell inizia con l’imitazione di un canto spirituale nativo, che evolve poi in una intro quasi Pink Floydiana, la quale ci conduce al brano vero e proprio, introdotto da un colpo di pistola e ancora una volta dominato dalla voce del singer, che ci conduce verso il crescendo del refrain, ottimamente sottolineato dallo splendido Kenny Aaronoff alla batteria. Sempre lui è protagonista dell’irrompere rock di Never Say Die, canzone che rialza la dinamica del disco e che in realtà sembra a tutti gli effetti una composizione di Bruce Springsteen. You Really Got Me vuol essere un rock da bar, tutto piano e voce sguaiata con tanto di cori e voci di sottofondo e alla fine riesce a coinvolgere e divertire, aprendo la strada a Bang a Drum, classico brano-carta moschicida con tanto di cori gospel e botta e risposta tra voce solista e coro sugli “Halleluja!”. Nel 1998 Jon inciderà una nuova versione della canzone in duetto con il cantante Chris LeDoux, che otterrà buoni riscontri nel circuito country americano. Chiude il disco Dying Ain’t Much of Livin’, altro pezzone con uno splendido riff di tastiera, nel quale è possibile sentire anche il piano e i cori dell’illustre ospite Elton John. In coda, come detto, Guano City, tema portante del film.
In effetti, non si può dire che il contenuto di Blaze of Glory sia di quelli destinati a incidere un solco indelebile nella storia della musica, come d’altra parte non si può dire di Young Guns II, che resta un film poco riuscito e una pura vetrina per i protagonisti. In effetti, la critica non mancherà di andarci giù in maniera pesante, accusando il cantante di un approccio superficiale ed esteriore alla materia, rinfacciandogli addirittura la provenienza dalla costa Est e quindi una sostanziale incapacità di calarsi davvero nelle atmosfere del vecchio West. Eppure, è innegabile che qualche colpo ben assestato ci sia: la titletrack, Santa Fe, Justice in the Barrell, Miracle e, in seconda battuta, Never Say Die, Billy Get Your Guns e Dying Ain’t Much of Livin’ sono brani che si ascoltano con piacere. Il tutto comunque regge anche nel complesso e resta valido a distanza di quasi trent’anni dalla pubblicazione, a conferma della solida ispirazione dietro ad un progetto comunque estemporaneo e della qualità del songwriting del buon Jon, artista che ha saputo mettersi in gioco con naturalezza e spontaneità. Come già detto, essersi ritrovato a bordo in un momento particolare della sua carriera, gli ha consentito di sperimentare, pur rimanendo all’interno di una cornice ben definita e il risultato di questo tentativo sarà poi in parte riportato proprio all’interno della band madre, che muterà negli anni 90 il proprio approccio in maniera sostanziale, confermando una vena lirica più matura e riflessiva. Insomma, se non è tutto oro quello che luccica, l’esperimento ha dato i suoi frutti. Merita assolutamente un ascolto, in virtù di una qualità comunque ben presente e perché rappresenta un aspetto nuovo di un artista fino a quel momento saldamente ancorato ad un immaginario del tutto diverso.
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18
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L Ultimo disco degno di bj, all epoca N.J., grandioso, fu un po criticato dagli hi tech '80 perché debitore del detentore di Mr. A. Park, Bruce; che dire, Bon nella pura tradizione yankee è un cowboy del rock, storia cominciata con back in the saddle |
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17
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Gran bel disco. Mi fu regalato quando uscì, ricordo che per via delle critiche dell'epoca non gli davo due lire... invece sì è rivelato un album che ascolto tutt'ora sempre più che volentieri. A quei tempi di ispirazione ce ne era a tonnellate, anche un progetto esterno alla band madre poteva concretizzarsi in un lavoro di altissimo livello. Indimenticabile la title-track, così come pure Justice in the Barrel (da brividi la parte introduttiva, grandi Beck e Aronoff), Never Say Die e la melodica Miracle, con splendide parti chitarristiche. Meglio la colonna sonora che il film, che malgrado il cast non mi piacque. Voto 85 |
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16
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Anche il pezzo prima del 'solo' di Santa Fe è degno di nota. Vero @hero, è un brano veramente bellissimo. |
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15
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Disco nel complesso molto bello e godibile, ma ci sono dei brani, giustamente citati sia in recensione che nei commenti, che sono dei pezzi clamorosi. Sottolineando la qualità dei musicisti coinvolti, che credo abbia aiutato Jon ad entrare nel mood western, qui c'è da inchinarsi alla prestazione canora superlativa, per me la migliore della sua carriera (assieme forse a Keep The Faith). Un Bon Jovi così non si è più (purtroppo) sentito, voce piena di pathos, estensione, emozione. La titletrack e Blood Money sono stellari, l'opener è divertente come Miracle, ma permettetemi di citare uno dei miei pezzi preferiti in assoluto, ovvero Santa Fe. Per me è un capolavoro senza se e senza ma, dalla musica alla melodia vocale fino ad arrivare al testo, che vi consiglio di leggere. La strofa che parte dopo il primo ritornelli è qualcosa di unico, tanto che l'ho appesa in casa in bella vista. Insomma, disco che merita di essere ascoltato |
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13
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Con nelle orecchie Slippery when wet e New Jersey, l'ascolto di questo suo nuovo lavoro, mi apparve un po' deviante. La Title Track però, suonata fino allo spasimo in quell'estate, mi piacque fin dal primo momento, e acquistai il Cd. Insomma, un lavoro onseto, godibile e sempre piacevole da ascoltare. |
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12
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Fino a Slippery mi sono anche piaciucchiati, poi mi sono scesi fino ai talloni. |
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11
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Bellissimo disco che ascolto sempre con estremo piacere. Alcune melodie contenute in questo disco sono semplicemente stupende come in Santa Fè, Miracle, Blaze of Glory e Justice in The Barrel.
Completamente d'accordo con Painkiller per quanto riguarda il picco compositivo di Blaze of Glory e sulla bontà di Keep The Faith e il successivo e ahimè progressivo calo qualitativo nei successivi lavori |
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10
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Aggiungo la deviva Springsteeniana ormai inarrestabile... |
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9
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Capolavoro mi sembra esagerato.
Nacque come colonna sonora e JBJ si "allargò" facendone un disco solista. È un disco figlio del sound di New Jersey.
Le atmosfere "Western" e "di campagna" avevano preso un po' troppo il sopravvento a discapito della matrice hard rock. |
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8
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L’ho sempre considerato un bel disco dei Bon Jovi non un progetto solista o parallelo....eppure quando leggevo le recensioni dell’ epoca lo bollavano come progetto mediocre con una band in crisi....quante cavolate che si leggono sui giornali.per me Ottimo voto 90 |
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7
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@Lizard: credo che questo disco sia stato l’apice della creatività di Jon Bon Jovi. Keep the faith, venuto dopo questo disco solista ma dopo la prima crisi pesante in seno alla banda, è comunque un ottimo disco, poi la qualità dei pezzi della produzione, sia del gruppo sia del John solista, è andata lentamente ed inesorabilmente calando. Ma questo disco, come già scritto, lo ascolto molto ancora oggi e lo canto in auto sempre con gran piacere. |
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6
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Devo dire che sono felicemente colpito dal fatto che l’album abbia degli estimatori così entusiasti. A suo tempo fu un mio amico a comprarlo e lo ascoltai tanto, come si faceva in quei tempi, tanto da impararlo praticamente a memoria. Riscoprirlo oggi, preparando la recensione, è stato molto piacevole e vedo che non sono il solo ad averne conservato un buon ricordo! |
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5
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Anche per me disco magistrale!! |
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4
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Per me un capolavoro! Una canzone più bella dell’altra, non ho mai smesso di ascoltarlo, qualità eccelsa. 100 |
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3
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Una più che buona colonna sonora! |
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2
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Il film non l'ho visto, ma il disco l'ho finito. Lo adoro. Pezzi come Santa Fe, Blood Money e la title track sono eccezionali. La voce di Jon graffia meravigliosamente e gli strumentisti fanno un lavoro pregevole, basta sentire il solo della title track. Ogni tanto lo riascolto con piacere. 83. |
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1
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Per me album bellissimo con 3-4 brani strepitosi: Blaze of glory ai livelli di Wanted o giù di lì, Santa Fe e Dyin' ain't much...mi piacciono anche i rimandi agli Eagles di Desperado che ho sentito in Blood money e Bang a drum. Film, per contro, non epocale. 80 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Billy Get Your Guns 2. Miracle 3. Blaze of Glory 4. Blood Money 5. Santa Fe 6. Justice in the Barrell 7. Never Say Die 8. You Really Got Me Now 9. Bang a Drum 10. Dying Ain’t Much of a Living 11. Guano City
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Line Up
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Jon Bon Jovi (Voce, Cori, Chitarra, Piano, Armonica, Produttore) Jeff Beck (Chitarra, Chitarra Slide) Waddy Wachtel (Chitarra, Chitarra Slide) Benmont Tench (Organo Hammond, Piano) Bob Glaub (Basso) Randy Jackson (Basso) Kenny Aronoff (Batteria, Percussioni) Alan Silvestri (Arrangiamenti)
Musicisti Ospiti Little Richard (Piano, Voce) Elton John (Piano, Cori) Lou Diamond Phillips (Voce) Robbin Crosby (Chitarra) Aldo Nova (Chitarre, Tastiera, Piano, Tamburello) Danny Kortchmar (Chitarra, Produttore) Dale Lavi (Mani) The Runners (Mani) Myrna Matthews (Cori) Camilla Lento (Cori) Phil Parlapiano (Accordion)
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RECENSIONI |
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