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17/01/25
SRL + LOCULO + VOX INFERI + NECROFILI
CLUB HOUSE FREEDOM, VIA DI BRAVA 132 - ROMA
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DevilDriver - The Fury of Our Maker`s Hand
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14/10/2017
( 3148 letture )
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I primi dieci anni del Terzo Millennio, come già spesso detto in queste sedi, sono stati un periodo di grande importanza e fioritura del metal moderno: da fine anni 90 fino al 2010 si sono venute a prospettare tutta una serie di band e album che hanno cambiato le sorti del metal, trasformandolo pian piano. Per fare alcune semplificazioni esemplari, il death metal/brutal diventava deathcore, il death melodico diventava melodic metalcore e il thrash metal diventava groove (se vogliamo già molto prima, con una certa band di nome Pantera). Ed è proprio al groove metal che volevamo andare a parare, prendendo in considerazione i DevilDriver, con il loro straordinario The Fury of Our Maker’s Hand, facenti parte della seconda ondata di band groove metal americane e sicuramente alfieri della NWOAHM. Il 2005 è stato -fra gli altri- un anno decisivo per il modern metal (con lavori come Killing with a Smile dei Parkway Drive, Doom dei Job For a Cowboy, e Shadows Are Security degli As I Lay Dying), e proprio in quest’anno usciva l’album in questione, contribuendo all’arricchimento dell’evoluzione e del divenire ormai nell’etere. Premettendo che già con il precedente album self-titled (Roadrunner, 2003) la band aveva espresso molte delle proprie intenzioni, The Fury of Our Maker's Hand va ad affinare idee, strutture e prospettive. Con ''groove'' intendiamo dunque un thrash metal spigoloso, dissonante, accattivante e in your face. La produzione è già moderna, la voce è molto più estrema, i riff di chitarra e i ritmi sincopati vanno ad anticipare tutta quella geometria e quei suoni spessi che saranno poi in parte ripresi molti anni dopo dal djent. La sensazione incalzante e accattivante di questo lavoro, il cui assetto è dato da una presenza costante e preponderante di tutti gli strumenti, porta a un continuo desiderio di movimento e incapacità di star fermi. Non a caso i DevilDriver sono diventati famosi anche per il loro tentativo di entrare nel guinness dei primati per il circle pit più grande del mondo. In questo bel quadro c’è però spazio per lo swed metal, ben camuffato nelle strutture, ma assolutamente presente. Così la melodia agrodolce di gusto Goteborg fa capolino nel mezzo dell’aggressività pura, stupendo e carezzando per un attimo l’ascoltatore. Vi è dunque un’alternanza e commistione di un gusto puramente americano a sfumature nord europee, fattore che crea una variegatura onnipresente ed efficace insieme ai vari cambi di ritmo. Proprio grazie a ciò, ci è stata regalata una delle intro più belle della storia recente nel pezzo d'apertura End of the Line. Non bastano le parole per descrivere l’intensità e il divenire di questa manciata di secondi di chitarre pulite ed effettate: dilatato, echeggiante, lungimirante, si tratta di un inizio inaspettato che diventerà poi in un pezzo storico. Sono in realtà i primi 4-5 pezzi che stupiscono per il loro susseguirsi in un songwriting davvero straordinario e di classe, anche se selvaggio e infuriato. Driving Down the Darkness con la sua batteria dinamica e il suo groove molto catchy, Grin Fucked incalzante e sfacciata, Hold Back the Day con le sue chitarre guizzanti e il suo ritornello che si manda a memoria, e la bellissima Sin and Sacrifice con la sua intensa, interiore attitudine swed' che ben si alterna alla primordialità.
La voce di Dez Fafara, un growl piuttosto acido e graffiante, è inconfondibile e lui la utilizza per linee vocali decisamente animalesche, dinamiche anche se per lo più monofrequenza e a volte strafottenti. Le chitarre invece sono un tripudio di pattern ritmici, mentre i soli sono relativamente semplici ma brillanti (Pale Horse Apocalypse), il tutto supportato dalla ricchissima impalcatura di batteria. Il pezzo Ripped Apart ci colpisce per i suoi riff metalcore, sia però chiaro che questo album fa l’occhiolino al metal/HC per attitudine, ma non vi troviamo sfacciate dimostrazioni all’atto pratico: si tratta quindi dell’altra faccia del modern metal. Per chiudere in bellezza la tracklist abbiamo la geometrica ed esaltante Before the Hangman's Noose ma soprattutto la title track, evocativa e altisonante con inserti di cantato pulito. Dal punto di vista dei contenuti lirici, già il nome e il logo della band (la ''Cross of confusion'' che mette in dubbio la validità dei dogmi del cristianesimo) nonché il titolo stesso del lavoro dicono molto sul modus pensandi dei Nostri. Infatti, nei testi, troviamo l’espressione di un essere umano confuso, spaesato e arrabbiato, che si pone domande in un cosmo controllato da forze non sempre identificabili con una divinità retta. In conclusione, un lavoro esemplare nell’ambito del groove, che parte in quarta e mantiene un ottimo livello qualitativo per tutta la sua durata. Un album da ascoltare assolutamente per accademia e puro intrattenimento, in quanto segnante nel passaggio dal metal old school al metal più moderno.
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@Area si' la musica rievoca tanti momenti importanti! ./// Riguardo Dez e' difficile fare un paragone fra i due gruppi, forse anch'io lo preferisco qui e dal vivo mi piace quando fa emergere anche un po' il suo pulito. Un vero peccato che tu li abbia persi di vista, x me se hai amato questo album il successivo The Last Kind Words potrebbe piacerti molto. Gli ultimi lavori non mi hanno entusiasmato ma almeno fino a Beast hanno scritto ottimi pezzi secondo me |
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15
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All'epoca fu per me una graditissima sorpresa, Dez lo preferivo qui anziché coi Coal Chamber che comunque mi piacevano.
@Silvia, io dopo questo disco li ho persi, però associo il tutto a un periodo felice ed inteso (stavo finendo le superiori) e quando mi capita di risentirlo é come fare un viaggio nel tempo. |
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Ogni tanto lo riprendo e mi piace sempre piu', lo considero uno dei lavori migliori del genere. Boecklin un mostro che risaltera' ancor di piu' nei lavori successivi, voce acida ma corposa, ma soprattutto riff monumentali che x me sono una delle colonne di questo album. Concordo in tutto con la descrizione di Valeria ma x me 90 e piu' |
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in effetti leggendo su Wikipedia il deathcore viene descritto come un ibrido tra metalcore, death metal e hardcore punk, che non mi sembra corrispondano alle caratteristiche dei nostri, mentre i devildriver vengono definiti come groove metal e melodic death metal... inoltre nella traccia n. 3 "grinfucked" c'è un passaggio che ricorda molto l'album "storm of the light's bane" dei dissection... però thrash direi proprio di no... quindi tirando le somme il modo più corretto di definirli a questo punto penso sia "melodic death/groove"... |
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mai capito chi li diefinisce deathcore. qui ci sono tante sonorita groove/thrash e melo death ma 0 core. comunque questo é un gran bell'album. |
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11
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È sicuramente il loro album migliore ed è dei primi tre (gli altri non li ho ascoltati) il loro album più sfaccettato e personale. Groove, Deathcore, fate vobis; qua c'è un gran gusto per il riff ed una ottima prova della band tutta e la produzione è azzeccatissima. Voto 85! |
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10
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ma infatti secondo me il modo più corretto di definirli rimane "deathcore", che sarà pure un termine ugualmente non eccezionale, ma rende bene l'idea sulle loro sonorità, che sono una specie di death metal moderno... quando sento "groove" a me vengono in mente i pantera e i machine head, non i devildriver... anche il recensore lo dice, nonostante siano degli stati uniti nel loro sound si sente un rimando non tanto celato al nord europa, e quando penso al nord europa mi vengono in mente soprattutto black e death, e non thrash e groove... |
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9
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Groove, groove, grooooove!!! Che razza di termine, sempre considerato stupido....mah!!!! Comunque i DevilDriver sono sempre stati un`onesta band di thrash modeno, capace di fare buoni brani, ma tanti altri ripetitivi e noiosi. Questo disco lo reputo discreto, diciamo un 70, ma nulla piu`. |
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8
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Il loro migliore secondo me... a differenza di tanti album tristemente piatti dello stesso genere (compresi gli ultimi dei devildriver) ogni brano fa storia a se e i minuti scorrono che è una meraviglia, tra miriadi di riffs davvero ben riusciti, linee vocali ben ispirate e una attitutide dannatamente aggressiva. ottima prova |
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7
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Niente da fare, non riesco a capire il suono di questa band. Ho anche assistito ad un loro concerto ma non sono riuscito a distinguere un pezzo dall'altro. Per le mie orecchie, inascoltabili. |
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6
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Il loro lavoro migliore, stupenda "Hold Back The Day". In ogni caso non mi hanno mai fatto impazzire, soprattutto gli ultimi li trovo abbastanza pallosi e monocordi a parte una manciata di brani quì e là. Voto 75 |
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5
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Confermo in toto quanto detto da picchiatello tranne che per il voto che io ritengo debba essere un bel 92. Furiosi! |
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4
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Confermo in toto quanto detto da picchiatello tranne che per il voto che io ritengo debba essere un bel 92. Furiosi! |
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3
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che disco ragazzi, il loro migliore concordo... si è parlato dell'apertura da brividi di "end of the line", ma perché forse la chiusura della titletrack gli è inferiore? un disco da ascoltare sostanzialmente dall'inizio alla fine, ma la palma della traccia migliore la do alla n. 8 "just run"... incredibile sia la musica che la voce di dez... non mi vergogno di esagerare con il voto, per me questo è 95. |
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2
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il disco migliore dei devildriver, ma tutto sommato i primi tre sono i loro dischi piu accettabili. Voto 80 |
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1
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Finalmente avete recensito questa perla. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. End of the Line 2. Driving Down the Darkness 3. Grinfucked 4. Hold Back the Day 5. Sin & Sacrifice 6. Ripped Apart 7. Pale Horse Apocalypse 8. Just Run 9. Impending Disaster 10. Bear Witness Unto 11. Before the Hangman's Noose 12. The Fury of Our Maker's Hand
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Line Up
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Dez Fafara (Voce) Jeffrey Kendrick (Chitarra) Michael Spreitzer (Chitarra) Jon Miller (Basso) John Boecklin (Batteria, Chitarra)
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