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17/01/25
SRL + LOCULO + VOX INFERI + NECROFILI
CLUB HOUSE FREEDOM, VIA DI BRAVA 132 - ROMA
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20/01/2017
( 1967 letture )
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Nonostante il white metal -il metal di matrice cristiana- non goda spesso di buona nomea presso ampie fasce di ascoltatori dell’heavy in tutte le sue sfaccettature, è innegabile che il settore abbia regalato alla scena numerose buone band. Tra le tante, spicca senz’altro il nome dei Theocracy. Partiti nel 2003 come progetto personale di Matt Smith, i Theocracy si sono poi evoluti in una band vera e propria, la quale ha trovato la piena maturità col precedente As the World Bleeds, una ottima miscela tra power e progressive metal. Il compito di bissare il meritato successo di quel disco viene ora affidato a Ghost Ship, nuovo CD del gruppo di Athens, Stati Uniti.
Presentato da una inquietante cover firmata Felipe “Prezzemolo” Machado, un nome arcinoto nel giro, Ghost Ship poggia innanzitutto su una ottima produzione. Così come in passato, la resa del disco da questo punto di vista è senz’altro molto buona, con tutti gli strumenti chiaramente percepibili; voce in primo piano, ma non soverchiante ed il suono che aggredisce in maniera efficace ogni volta che la scrittura punta in quella direzione. Proprio da questo, però, si notano alcuni cambiamenti che non sempre colpiscono nel segno. Analizzando la scaletta di Ghost Ship balza infatti all’orecchio la diminuzione netta della vena prettamente progressive ed il maggiore spazio concesso al power. Evidente anche la presenza di un paio di pezzi molto ammiccanti e più “americani” del solito. Non che l’album sia moscio o che non contenga brani che faranno la felicità degli appassionati del power più potente, ma lo spazio concesso a riff più amichevoli ed a coretti di più facile presa è certamente aumentato. A confermare le qualità fin qui espresse in carriera restano canzoni come Paper Tiger; Ghost Ship; The Wonder of it All; Castaway (le ultime due ed in particolare The Wonder of it All, con più che semplici spunti vicini al thrash stemperati da un chorus arioso e gioioso) e Stir the Ambers. Seppur in maniera parziale, anche la scrittura che guarda al cielo di Wishing Well, ma ci sono anche alcune cadute di tono. La facile ricerca dell’airplay in Around the World and Back e Currency in a Bankrupt World e, pur in misura molto minore, quella di A Call to Arms sono esempi in tal senso. Discorso a parte per la conclusiva Easter, mini-suite che mostra all’ascoltatore tutte le componenti che concorrono a formare il complesso della proposta targata Theocracy, regalando un finale di album avvincente e di gran classe. Buona anche la scrittura dei testi, permeati dall’incoraggiamento alla speranza.
Ghost Ship è un CD estremamente (ben) costruito, in cui ogni singola nota suonata ed ogni aspetto legato alla sua produzione -curata dallo stesso Smith- è minuziosamente calcolato e posto in essere. Tutto scorre perfettamente ed è funzionale ad uno scopo. Dall’insistenza sulla ricerca di arrangiamenti fluidi agli assoli di chitarra incisivi; dall’uso delle ritmiche talvolta più aggressive, talaltra molto più soft, alle progressioni armoniche sempre molto catchy; dall’inserimento di ritornelli e coretti “inclusivi” che guardano ad un pubblico più ampio di quello tradizionalmente power/prog, alla ricerca di soluzioni più evidentemente aggressive a bilanciare con sapienza questa attitudine. Ogni cosa non può che essere valutata come estremamente professionale e riuscita. Tuttavia, operare in tal senso significa anche andare inevitabilmente incontro ad una maggiore prevedibilità, alla perdita di un po’ di quella intensità e di quel pathos che contraddistingueva i vecchi Theocracy. Al tirar delle somme e considerando quanto fin qui espresso, è realmente impossibile dare un voto basso ad un album come questo. Tuttavia, la ricerca ossessiva della giusta soluzione per ogni problema e l’eliminazione di ogni fonte di possibile rischio, rende alcuni passaggi e addirittura qualche canzone troppo prevedibile nel suo svolgersi. Questo anche se, si badi, nessuna è mai sotto la soglia della sufficienza o ci si avvicina. I Theocracy della stagione 2016/2017 ricordano il Napoli. Una squadra dal gioco sempre piacevole che è ormai stabilmente inserita tra le big del campionato, alla quale manca qualcosa per vincerlo. I suoi studiatissimi schemi sono in grado di scardinare qualsiasi difesa, ma il suo più grande fuoriclasse ed allenatore/giocatore -il buon Smith- si è ingabbiato in una disciplina tattica che lo rende sempre in grado di guidare la squadra alla conquista di un piazzamento in Champions League, ma non di vincere il torneo. Un grande risultato, se vogliamo, ma viste le potenzialità possedute è quasi un’occasione parzialmente sprecata.
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5
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Around the world and back e pochissimo altro. Che delusione dopo 2 CD fantastici. 55 |
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4
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Altra band che non riesce a trovare il guizzo definitivo per arrivare al top. |
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3
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Per me uno dei top album del 2016. Gli aspettavo da anni, e pur non bissando la qualità (altissima) di quel lavorone di As The World Bleeds, sono tornati con un disco bellissimo e, a tratti, emozionante. L'unica pecca che posso riscontrare è la "l'alleggerimento" del sound, nel senso di costruire canzoni più dirette che vanno al punto senza tanti ghirigori. Questo non è un male, hanno comunque unito prog, power e parti thrash,e i risultati sono ottimi. Around The World And Back penso sia uno dei loro apici, canzone bellissima. La titletrack, Wishing Well, Currency.., The Wonder Of It All sono di livello superiore, ma cali non ne trovo e tutti i brani sono godibili, cantati sempre ottimamente da Matt e suonati in maniera esemplare. Menzione d'onore per la suite Easter: niente da fare, nella costruzione di brani simili sono sempre grandiosi. Come dice Raven non saranno mai tra i nomi noti, ma hanno già la loro grande schiera di fans e il loro stile è ormai consolidato. |
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2
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Concordo. Un buon album. Purtroppo, pur essendo di più facile presa, mi ha preso meno dei due (apprezzatissimi) precedenti...poteva essere l'album che faceva spiccare definitivamente il volo a questa sottovalutata splendida band power, invece una lieve flessione/monotonia nel songwriting non lo rende possibile...spero lo stesso abbiano la visibilità che meritano, ma io purtroppo, a questo giro, passo. |
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1
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Gran bel disco a cui manca davvero quell'ultimo guizzo per essere di livello superiore. Around the world and back secondo me é da antologia del power metal. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Paper Tiger 2. Ghost Ship 3. The Wonder of it All 4. Wishing Well 5. Around the World and Back 6. Stir the Embers 7. A Call to Arms 8. Currency In a Bankrupt World 9. Castaway 10. Easter
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Line Up
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Matt Smith (Voce) Van Allen Wood (Chitarra solista) Jonathan Hinds (Chitarra) Jared Oldham (Basso)
Musicisti Ospiti: Shawn Benson (Batteria nella traccia 2)
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RECENSIONI |
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