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Yes - 90125
16/04/2016
( 7351 letture )
Il decennio degli Eighties non iniziò affatto nel migliore dei modi per gli Yes.
Dimenticati i fasti del cosiddetto periodo "classico" (che ebbe il suo battesimo con The Yes album nel gennaio del 1971 e si concluse con Tales From Topographic Oceans del 1973), la storica band formatasi a Londra nel 1968 iniziava già da qualche anno a vivere momenti di tensione che creavano una condizione di discrasia tra i componenti della line-up originale: Rick Wakeman aveva abbandonato la barca a causa di screzi con gli altri membri della band proprio nel 1973, dopo il tour di promozione a TFTO, salvo poi fare ritorno nel 1977 in concomitanza con la pubblicazione di Going For The One; Jon Anderson iniziò a dedicarsi a collaborazioni esterne e, andando alla ricerca di sonorità differenti, si imbatté in Vangelis, con il quale intrattenne un rapporto musicale duraturo negli anni.
Il punto di rottura del già fragile equilibrio è però da individuare nell'ottobre del 1979, quando gli Yes, reduci dal Tormato Tour primaverile e da un'estate che vide i vari componenti dedicarsi a progetti solisti, decisero di riunirsi in uno studio parigino per registrare nuovo materiale inedito sotto l'egida di un nuovo produttore: Roy Thomas Baker.
Le discussioni, a quanto pare, non dovettero mancare perché il feeling tra Baker e musicisti non decollò mai a causa di disaccordi in fatto di scelte musicali e, in aggiunta a ciò, Anderson giunse allo scontro con i compagni in seguito a una disputa finanziaria. Quando Alan White, batterista della band, si fratturò una caviglia, la scelta di interrompere le registrazioni fu pressoché obbligata e la registrazione finì in un nulla di fatto.
Dopo l'esperienza parigina Wakeman e Anderson decisero di salutare definitivamente gli Yes, costringendo Squire, White e Howe alla ricerca di sostituti in grado di non fare rimpiangere ai supporter le assenze dei due membri storici. Brian Lane, manager della band, dirottò il celebre bassista e i compagni su Geoffrey Downes e Trevor Horn dei Buggles di Video Killed The Radio Star e il risultato fu la pubblicazione dell'album Drama (1980).
Ma il matrimonio tra i componenti delle due band non resistette al tour di promozione del disco e, di conseguenza, nell'aprile del 1981 gli Yes decisero di sciogliersi.
A questo punto, la fiaba che qui vogliamo raccontare potrebbe sembrare conclusa ma, come diceva Giambattista Vico, la storia è un ciclo di corsi e ricorsi.
E quello degli Yes fu un ritorno con tanto di effetti speciali.

Il principale merito della reunion della band londinese va attribuito a Chris Squire e Alan White ma, in realtà, è un merito che nasce da una casualità: l'idea dei due musicisti era infatti quella di costituire un nuovo monicker, i Cinema, con la collaborazione di Trevor Rabin, virtuoso chitarrista sudafricano conosciuto a Los Angeles, e di Tony Kaye, primo tastierista degli Yes.
I quattro iniziarono a registrare materiale scritto da Rabin negli anni precedenti ma la grande svolta e il ritorno alla nomenclatura Yes arrivarono solo quando il gigante buono Squire convinse Jon Anderson a interpretare i brani che stavano iniziando a delinearsi nello studio di registrazione.
Il risultato di mesi di incisioni e sovraincisioni fu il disco che portò il progressive rock ad affacciarsi nell'era di MTV e che donò ai suoi autori un successo mondiale: 90125.
Prodotto dal Trevor Horn dei Buggles e pubblicato nel novembre del 1983 sotto l'egida di ATCO Records, sussidiaria della più celebre Atlantic Records, 90125 è l'album che segna una vera e propria svolta nel sound degli Yes.
Infatti, se fino a quel momento gli artisti londinesi erano stati tra i più raffinati paladini del rock progressivo di matrice britannica, a partire dalla loro undicesima release abbandonarono la ricercatezza della suite e i sofismi dei pur magnifici Fragile e Close to the Edge per abbracciare completamente la corrente AOR che proprio in quegli anni muoveva i primi passi con gruppi quali gli Asia di -non può essere una coincidenza- Steve Howe. È dunque difficile valutare 90125 confrontandolo con le punte di diamante della band e, ad essere sinceri, questa sarebbe anche un'operazione inutile. L'undicesima fatica degli Yes va infatti valutata per quella che è, ovvero qualcosa di molto differente rispetto a ciò che il gruppo compose nel decennio precedente, nonostante -ed è ovvio che sia così- alcuni echi stilistici siano ben rinvenibili, soprattutto nella scrittura delle linee vocali e negli arrangiamenti che richiedono l'utilizzo di quei cori di cui Squire e Anderson furono sempre maestri; forse solo i Queen furono in grado di pareggiare l'abilità di intrecciare le voci dei connazionali.

L'apertura dell'album è affidata a un brano che è ormai divenuto una vera e propria icona della musica degli anni '80: Owner of a Lonely Heart.
Su questa canzone non c'è molto da dire se non che Rabin mostra subito un gusto molto differente rispetto a quello di Howe fin dalla scrittura del riff di chitarra iniziale: decisa ma allo stesso tempo orecchiabile, graffiante ma allo stesso tempo melodica, la linea di chitarra del musicista sudafricano ha il sapore di perfezione che solo la consacrazione della Storia è in grado di conferire. Owner of a Lonely Heart è, insieme a Smoke on the Water e Whole Lotta Love, il brano rock che tutti hanno sentito almeno una volta.
Hold On, Leave It e City of Love sono le tre sezioni del disco in cui la vena dei precedenti Yes è maggiormente percepibile anche se, invece di tutte le sessioni strumentali caratterizzanti gli album dei 70s, qui troviamo dei refrain godibili, che accentuano ulteriormente le atmosfere scanzonate che sono sempre state proprie del monicker londinese. I cori di Squire e Rabin accompagnano la sempre magistrale esecuzione di Anderson: il risultato è pressoché indescrivibile con semplici parole ma ci basti evincere che quanto viene creato dagli Yes in questo contesto è un unicum nel panorama musicale di tutti i tempi.
Changes, quarta traccia di questo 90125, è forse l'apice di tutta la release. Il primo strumento che ci viene presentato è la tastiera di Tony Kaye che si destreggia in un arpeggio costruito su tempi compositi su cui gradualmente si sovrappongono anche basso, batteria e chitarra. Vi è però da notare che in questa composizione il cantato della strofa non è appannaggio del lead vocalist, energico nel ritornello, bensì proprio del chitarrista sudafricano, comunque bravo a non far rimpiangere il collega.
L'unica ombra del progetto primigenio di utilizzare un monicker differente è rinvenibile nel titolo dell'unica traccia strumentale dell'intero album: Cinema.
Il paragone più efficace che può essere utile per introdurre questo brano è con Wot Gorilla?, terza traccia di Wind & Wuthering dei Genesis. Entrambe le composizioni nascono da un'incalzante sezione di batteria da cui sembrano quasi prendere vita le atmosfere di tastiera e le note sostenute di chitarra. Ma, se Rabin si traveste per qualche minuto da Steve Hackett e ci emoziona con la sua sei corde, la parte da protagonista della sezione ritmica spetta in questo caso al compianto Chris Squire cui piace ricordarci perché sia considerato uno dei migliori bassisti di tutti i tempi.
It Can Happen e Our Song sono invece le due tracce che più di tutte esaltano la bellezza della voce di Jon Anderson, il quale si esibisce in un cantato cristallino, perfetto per intonazione ed estensione vocale ad interpretare queste canzoni.
A completare il bundle troviamo infine Hearts, composizione che presenta il maggiore minutaggio all'interno dell'album. L'incipit vede una tastiera che vuole emulare il suono di un flauto accompagnare una linea vocale piuttosto originale; lo sviluppo del brano vuole poi un ispirato ritornello dalle sonorità aperte e un ottimo assolo di Rabin, una volta di più impeccabile.
È il degno finale di un grande disco.

Quando uscì nel 1983, 90125 dovette creare non pochi dissapori tra i fan degli Yes. Sicuramente, come ogni opera che segna un forte cambiamento rispetto alla convenzione, le attese di tutti coloro che avrebbero voluto un ritorno allo stile compositivo dei più prestigiosi lavori della band, Fragile e Close to the Edge su tutti, furono deluse; dall'altra parte della medaglia però troviamo quei milioni di persone che questo 90125 lo acquistarono e lo apprezzarono a tal punto da renderlo una vera e propria icona della musica rock.
La domanda che richiede una risposta è la seguente: questo album può competere con i più elogiati capolavori dei londinesi?
Per rispondere, è opportuno ritornare al pensiero precedentemente espresso e cercare di chiarirlo una volta per tutte: 90125 è troppo profondamente diverso dai capolavori degli anni '70 per poter vedere anche solo lontanamente accennabile un confronto. È più opportuno chiudere gli occhi durante l'ascolto e percepire questi dischi quasi come se essi fossero suonati e interpretati da artisti differenti. Esistono due gruppi che portano il monicker Yes: i primi facevano progressive rock; i secondi hanno contribuito alla commistione di generi tra rock e AOR.
L'unica cosa certa è che 90125 ha una sua fortissima dignità artistica e che è uno degli album più importanti del decennio in cui fu pubblicato.



VOTO RECENSORE
87
VOTO LETTORI
82.96 su 29 voti [ VOTA]
Fabio
Mercoledì 27 Dicembre 2023, 20.45.07
20
Ad uno che piace anche l'aor non può scartare gli Yes anni 80 di questo platter, commerciale sicuramente per i canoni dell'epoca, ma con grande inventiva. Per me il top sarà raggiunto in Shoot High Aim Low in Big Generator, sono legatissimo a quel brano, anche perché fu scelto come intervallo continuo tra una band e l'altra al Monsters Of Rock dell'88. Lussuria tecnicistica ai massimi livelli, un sound crepuscolare inimitabile,
Aceshigh
Venerdì 16 Ottobre 2020, 10.19.18
19
Stesso monicker, ma musica tanto diversa, per certi versi concettualmente opposta a quanto fatto dieci anni prima. Ovviamente ha fatto discutere, ma quando poi ti trovi ad ascoltare pezzi come Hearts, Changes e City of Love il dibattito non ha più tutto questo senso. È “popular”, ma è gran bella musica. Poi può piacere, come no. Paradossalmente ad oggi Owner of a Lonely Heart è proprio il pezzo dell’album che salterei, gli altri 8 li trovo tutti migliori (magari è solo nausea?). A me piacque anche il successivo, mentre non sono mai entrato in sintonia con ABWH, né tantomeno con Union (Talk invece lo reputo un gran bell’album). Per 90125... voto 84
Luka2112
Domenica 16 Agosto 2020, 7.35.01
18
Il concetto di “progressivo” dovrebbe prevedere uno sviluppo più o meno graduale della musica in questione,influenzata dai tempi che cambiano è gli stili ( musicali) che si intersecano dando vita a qualcosa di nuovo.A prescindere da questo mio punto di vista ( opinabile) solo artisti di raro talento e spessore potevano cambiare pelle mantenendo una qualità così alta della loro proposta, poi i gusti personali non si discutono.Per me ottimo album al passo con i tempi che furono.Merito sicuramente di un n artista completo come Trevor Rabin.
jaw
Domenica 1 Aprile 2018, 23.42.18
17
Luca, per me i genesis sono il prog da teatro quando hanno sfornato i dischi classic prog, gli yes sono i migliori come musicisti, ma della triade preferisco comunque sempre gli el&p, perche' saranno progressivi, tecnoligici, ma keith in knife edge prende a coltellate il moog, e fa di loro la band rock del prog. I Police sono reggae bianco, gli Zeppelin furono i primi con d'yer mak'er
Emanuele
Domenica 1 Aprile 2018, 23.27.06
16
Beh.. se è per quello anche gli Yes, con Big Generator, si lasciarono un po' prendere la mano con la virata al commerciale.. Ma Trevor Rabin è fior di chitarrista e autore, così la sola Love will find a way vale l'acquisto del disco
Luca
Domenica 1 Aprile 2018, 23.18.48
15
Jaw è vero che Yes e Genesis sono in un certo senso andati di pari passo in quel periodo. Il punk travolse il progressive e i gruppi storici dovettero riadattare il loro suono per sopravvivere. Emanuele ha scritto, per i Genesis, di virata commerciale che ha prodotto cose imbarazzanti. È proprio questo il punto. Gli Yes, con questo lavoro, proseguivano in una strada di grande musica. Mentre alcune cose dei Genesis di quegli anni non le riesco proprio a digerire. Tra Close to the edge e 90125 c'è una differenza di genere, stile e suono. Tra Selling England by the pound e Invisible touch di grande musica e musica scadente. Intendevo dire questo.
Emanuele
Domenica 1 Aprile 2018, 22.53.51
14
A trick of the tail proseguiva il percorso dei primi Genesis, con un repertorio pienamente all'altezza. Dopo è stata davvero altra musica. Duke è un album valido, ma più avanti la virata al commerciale ha prodotto cose imbarazzanti, un pop di scarsissimo spessore premiato dal pubblico oltre ogni legittimo merito. Non è il caso degli Yes. Questo è si un disco che rompe con il passato, ma la qualità delle composizioni è notevole e i brani sono pieni di fascino, mai scontati o banali, anche se orecchiabili e di facile presa (un po' la formula dei Police). C'è inoltre l'affermazione di un grande chitarrista. 90125 non sfigura nella discografia degli Yes, né soffre il confronto -inappropriato- con i loro capolavori progressive. È un altro capitolo nella storia di una grande band.
jaw
Domenica 1 Aprile 2018, 21.10.30
13
Luca per te non hanno nulla e che vedere, per me turn it on again per esempio non e' molto diversa, come singolo, a Onwer. Chiaro che e' musica tecnologica che ha sostituito la sostanza favolistica del prog '70. Complessivamente si potevano ritenere brani new wave
Nyarlathotep
Domenica 1 Aprile 2018, 20.05.38
12
I genesis di Collins hanno prodotto anche A trick of the tail, wind&wuthering e Duke, non dimentichiamolo. E io li amo anche per "genesis" e we can't dance. Gli ultimi Yes invece faccio proprio fatica ad ascoltarli, posto che dal vivo (li ho visti a settembre) sono ancora un'esperienza magnifica.
Luca
Domenica 1 Aprile 2018, 17.57.14
11
Gli Yes di questo album non hanno nulla a che vedere con i Genesis di Collins. Ho letto che qualcuno azzardava un paragone. Ma l'avete ascoltata quella schifezza di Invisible touch? Facciamo un paragone con Selling Englang by the pound?
jaw
Venerdì 15 Dicembre 2017, 15.59.13
10
Certamente non e' il classico prog anni 70, e' vero yes e genesis vanno di pari passo in questo periodo. Pero' a me il disco piace ed ha anche influenzato parecchie bands come World Trade. Per quello che riguarda l hit single puo non piacere ma oggi di hit di tale qualita' se ne registrano poche
ayreon
Mercoledì 20 Aprile 2016, 16.27.21
9
e dire che su rai3 c'era una volta "l'orecchiocchio" che alle 8 di sera mandò in onda il live di questo tour
jake
Mercoledì 20 Aprile 2016, 9.25.33
8
tutta la musica è soggetiva e opinabile: di quest'album salvo 3 brani..Cinema -Hold On - Chages... degli "Yes" virgolettato appositamente, preferisco di gran lunga Drama che adoro...gli YES per quanto mi riguarda sono quelli con Anderson Bruford Wakeman Howe ( Fragile e Close to the Edge capolavori assoluti)...gli ABWH hanno avuto la pecca di durare troppo poco...a causa della scelta di Anderson di fare Union ( che il produttore ha adattato a causa delle differenza madornale dei brani dei 2 gruppi)e finito il tour di litigare con Squire...ABWH sono e stati sono e saranno l'essenza e l'anima degli Yes...tutte le altre formazioni per quanto valide anche dal vivo ( il dvd del toru di 90125 ne è testimonianza) sono solo contorno... le ultime 2 formazioni poi...lasciamo stare....p.s. Rabin grandissimo chitarrista
ayreon
Martedì 19 Aprile 2016, 15.05.58
7
se già nell'83 ascoltavi"script" non eri in italia ,fortunato te, io invece lo reputo il disco migliore di quel periodo,superiore a "big generator" e "talk"
Le Marquis de Fremont
Martedì 19 Aprile 2016, 13.39.36
6
L'album che mi è piaciuto meno in assoluto degli Yes. Già l'orribile e banale copertina non aveva niente a che fare con le bellissime precedenti di Roger Dean e di Hipgnosis, poi l'antipatica e insopportabile Owner of A Lonely Heart, mi ricordava le altre scelte commerciali dei Genesis di Phil Collins. Mi sono spostato, all'epoca, decisamente sul jazz ECM (Pat Metheny su tutti), lasciando le mie preferenze prog sui Camel (Stationary Traveller è del 1984) e Marillion che nel 1983 uscivano con Script for a Jester Tear. Poi c'erano i Durutti Column e Peter Gabriel, sufficienti a sopportare questa marmellata Buggles/Yes, veramente stucchevole. Lo hanno fatto per i soldi. Poi, fortunatamente, si sono rinsaviti. Au revoir.
edward 64
Martedì 19 Aprile 2016, 10.09.34
5
Grande disco .... un intreccio di AOR e Rock con punte di progressive. Trevor Rabin gran chitarrista !
ayreon
Lunedì 18 Aprile 2016, 11.34.49
4
molto più prog di tutte le cose fatte dai genesis negli anni 80,"leave it" ha degli intrecci vocali sovrumani, altre perle la strumentale "Cinema","it can happen","Changes",messo in auto a palla non lo togli più ,ci riprovarono con "Big generator" ma era una bruttissima copia,per fortuna tornarono al prog più classico con "ABWH",in ogni caso è un disco da avere
Hellion
Domenica 17 Aprile 2016, 20.12.19
3
La mia infanzia. Ore e ore ad aspettare che il video facesse la sua comparsa in una trasmissione chiamata, guarda caso, FRAGILE.
Electric Warrior
Sabato 16 Aprile 2016, 10.50.40
2
Non sono un purista del prog, nel senso che il prog di oggi proprio non mi fa impazzire (a parte certe punte di diamante, leggasi Echolyn e Discipline), però ho amato senza critiche certi album della "svolta" prodotti da mostri sacri come Yes e soprattutto Genesis. Amo questo disco che di prog non ha praticamente nulla ma ha delle sonorità pop rock anni 80 veramente riuscite ed ispirate, idem il successivo Big Generator, veramente sottovalutato.
Alex Cavani
Sabato 16 Aprile 2016, 10.10.00
1
Il disco che mi ha fatto conoscere gli Yes! Da questo poi sono risalito fino al periodo classico. Mi ricordo che quando ero più piccolo amavo "owner of a lonely heart", ma non sopportavo il video perché durava un sacco e interrompeva la musica tipo ogni minuto. Mi irritava un sacco.
INFORMAZIONI
1983
ATCO Records
Prog Rock
Tracklist
1. Owner of A Lonely Heart
2. Hold On
3. It Can Happen
4. Changes
5. Cinema
6. Leave It
7. Our Song
8. City Of Love
9. Hearts
Line Up
Jon Anderson (Voce)
Trevor Rabin (Voce, Chitarra, Tastiera)
Tony Kaye (Tastiera)
Chris Squire (Basso, Cori)
Alan White (Batteria)

Musicisti Ospiti
Eddie Jobson (Tastiera)
 
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