|
20/12/24
SAVANA FUNK
THE CAGE THEATRE, VIA DEL VECCHIO LAZZERETTO 20 - LIVORNO
|
|
Oceans Of Slumber - Winter
|
12/04/2016
( 2737 letture )
|
L'inverno richiama facilmente bellezza e distruzione, un po' come la tramontana, emblema di una stagione che nei secoli è stata fonte d'ispirazione per artisti, poeti e musicisti. La dicotomia appena citata è senza ombra di dubbio una buona descrizione di ciò che si nasconde dietro la stupenda copertina disegnata da Costin Chioreanu, che nei suoi colori chiari e nel contenuto criptico, strizza l'occhio vistosamente a quella di Trespass dei Genesis. Winter è una grande crocevia di generi, composta da strade che si incrociano in maniera del tutto inaspettata: dall'emotività del blues, alle sfuriate del black, passando così per le venature avantgarde. Gli Oceans of Slumber quindi non si sono dimostrati progressive solo nella scelta musicale, capace di miscelare ingredienti difficili, ma anche nel loro percorso formativo. Dai tempi della demo Aetherial sono mutate numerose cose e quella che ha inciso di più è stata il cambio al microfono, che ha visto entrare Cammie Gilbert ed uscire Ronnie Allen. Questa scelta ha cambiato drasticamente lo spettro di colori a disposizione per il gruppo, che tuttavia ha tenuto a disposizione una serie di tonalità calde visto il nuovo acquisto ed altre più fredde e graffianti grazie al supporto di Sean Gary, chitarrista e seconda voce della formazione. Fin da i primi ascolti, Winter risulta essere un disco permeato di una certa originalità, capace di catturare l'ascoltatore e di andare a proporre finalmente qualcosa di diverso dal solito, qualcosa che ha un carattere molto forte e personale. Non mancano di certo stili ed influenze affini: percependo quella vena progressive da un punto di vista musicale e sentendo l'abbraccio oscuro della solitudine notturna in termini d'ambience, una delle prime che viene in mente è quella degli Opeth di Morningrise e di Damnation. Tuttavia possiamo affermare con assoluta certezza che le correnti che compongono gli Oceans of Slumber sono strumenti di potere dal quale la formazione attinge, senza rimanerne schiava d'essi.
Whispers death to life A Winter's breath has come to carry you It echoes through the halls Long gone are the days of everything (Winter)
Le prime parole, eteree ed ampie si diffondono sull'arpeggio di chitarra, aprendo il disco in maniera eccellente. La titletrack lascia che le danze inizino in maniera eloquente, con una composizione longeva e che punta a mettere immediatamente in bella mostra tutte le sfumature stilistiche del gruppo. La cosa che più colpisce del pezzo è l'evoluzione che subisce, una serie di continue e repentine mutazioni: l'introspezione dell'intro che stenta a decollare, fino all'esplosione di matrice death, verso un finale dal sapore prettamente black.
Such a long time ago... I'm so lost without you... Autumn sun sets, winter's breath whispers death (Winter)
La voce di Cammie Gilbert si miscela egregiamente con le harsh vocals e il growl di Sean Gary, capace di costruire interessanti trame chitarristiche (da non dimenticare il solo) insieme ad Anthony Contreras. Superando quello che probabilmente è uno dei pezzi migliori dell'intero platter, Devout prosegue con la strada imboccata pochi minuti prima, privilegiando tuttavia una fonte di rabbia violenta e graffiante. Senza perdersi in tecnicismi superflui, a metà brano gli Oceans of Slumber si lanciano in una sezione dal sapore tipicamente prog, che culmina in un assolo di chitarra breve ma ben riuscito, capace di entrare al momento giusto e di fare colpo. A destare particolare attenzione è anche la cover di Nights in White Satin, pezzo del 1967 dei The Moody Blues, nuovamente portato in vita dal gruppo in maniera abbastanza originale. L'atmosfera romantica, miscela il prog sinfonico all'impostazione soul della cantante, sfociando in un bridge centrale nuovamente di matrice black. La cover gode di uno stato di grazia eccellente e, ad esclusione del drumming -opprimente e poco opportuno- di Dobber Beverly nella parte centrale, tutti gli strumenti vengono sfruttati con degli arrangiamenti meravigliosi, sia in termini musicali che ritmici. Il pesante finale del terzo brano non fa in tempo a lasciarci che le note alte ed eteree di Cammie Gilbert tornano protagoniste di un breve intermezzo puramente vocale.
It never seemed that you needed me when things were doing fine, now it seems I'm the only one who will hold you when you cry... Tell me why should I? Sing to you these lullaby of lies... Tell me why should I? Your lies they dance to melody; a delicate design Beautiful and intricate, they lead to your demise... Tell me why should I? Sing to you these lullaby of lies... We're only here to die We're only here to die (Lullaby)
Nella sua brevità, questa poesia genera un senso di sospensione e di pesantezza mostruoso, che naufraga in un conclusivo presagio di morte. Winter è completamente pervaso -in particolar modo in Lullaby- di una sorta di romanticismo noir. Andando ad ascoltare il platter in questione, è inevitabile infatti pensare ai dipinti di Francisco Goya o di Carlos Schwabe, così tetri e così carichi d'emotività, capaci di scavarci dentro e ferirci dolcemente. Laid to Rest ci offre un ulteriore intermezzo dalle atmosfere sognanti, completamente acustico, che ci veicola con morbidezza verso il brano successivo. Suffer the Last Bridge è senza ombra di dubbio il pezzo più nei canoni e radiofonico del platter, scelto non a caso come uno dei singoli (insieme alla titletrack) di presentazione del disco. La canzone ha un buon tiro e risulta abbastanza compatta: il lavoro della sezione ritmica, in particolare quello del basso è ottimo, e i synth di Uaeb Yelsaeb vanno a colmare quelle poche lacune che vi potrebbero essere. Nonostante il brano rimanga facilmente in mente, allo stesso modo non è dotato di particolare brillantezza, risultando in certi frangenti anche un po' prevedibile. Riprendendo in mano la nostra bella copia fisica del disco ed osservando intensamente la copertina, ci si accorge che nessuno strumentale poteva accompagnarla meglio di Good Life, grazie ad un incedere tribale, delle atmosfere notturne e mistiche. Winter prosegue attraverso Sunlight, che mette sul piatto diverse idee, perdendosi tuttavia in un motivo poco prima della metà e sul finale, eccessivamente prolisso e ripetitivo. Buono lo spunto iniziale del pezzo, che tuttavia fatica a decollare, senza consegnarci -se non parzialmente- le sensazioni desiderate. Con Turpentine ritorna invece la matrice blues, quella in cui Cammie Gilbert da assolutamente il meglio e nel quale gli Oceans of Slumber si muovono platealmente più a loro agio. Panorami glaciali e calde incursioni nel nostro inconscio continuano ad alternarsi, passando dagli assoli blues alla violenza brutale di Apologue. Un drumming velocissimo che miscela death e black offre un pezzo clamorosamente ben riuscito e trascinante, grazie all'ennesima dimostrazione di un songwriting maturo. Diversi stili e approcci vengono proposti in un cantato costantemente vario, capace di emozionare e di trasmettere molto senza stancare, grazie anche alle continue alternanze con la controparte maschile. How Tall the Trees apre lentamente la strada, in maniera cupa e misteriosa, verso ... This Road, tanto da far sembrare le due parti un'unica canzone.
Caress. I'll caress away the pain Your sorrow, your shame... because you've lost your way These things just take some time to mend, to heal So jaded and alone you feel And desperately you and I have tried this way before... hopelessly searching for relief And you know where this road leads (... This Road)
I primi versi vedono protagonista la cantante di Houston, capace di giocare con la metrica e le parole -indipendentemente da quante esse siano- ed usarle a suo piacimento in maniera convincente e fluida. Il pianoforte che apre la lunga composizione lascia spazio ad un attacco più cattivo e risentito, sfociando poi in una sezione prog metal ritmicamente intrigante. Allo stesso modo anche il testo risulta profondo e decisamente provante, sopratutto mettendoci nell'ottica della voce narrante. Proprio con la speranza di essere abbastanza e di trovare un modo per ristabilire ciò che si è perso, Winter si avvicina alla chiusura, passando i suoi ultimi minuti attraverso le note di pianoforte dello strumentale Grace.
Wishful wondering whether you'll restore again And I wish there was a way (...This Road)
Il lavoro degli Oceans of Slumber è arricchito infine di un'ottima produzione, capace di dare una giusta dimensione ad ogni strumento e di mettere in risalto i punti forti del gruppo. Di certo non tutti i brani del platter sono brillanti, ma senza ombra di dubbio questo disco è un esordio di gran classe. Vi sono dei margini di miglioramento, sia per alcune sfumature del songwriting, sia per delle scelte che fatte diversamente avrebbero potuto conferire qualche punto in più al disco in analisi, tuttavia vi è anche un'ottima base dal quale partire. Più si va avanti e più avere uno stile originale e un carattere così forte è una cosa che accade assai di rado. Ora, con il passare degli anni, vedremo se i ragazzi del Texas decideranno di imbarcarsi nella difficile scelta di coltivare un frutto tanto appetibile, quanto pericoloso. Personalmente mi auguro che ci sia il coraggio di rischiare, considerati i risultati di partenza. Rimanendo in tema di speranze future, basta pensare alle parole di uno dei più grandi poeti inglesi dell'ottocento per capire la strada da percorrere.
Oh Vento, Se viene l'Inverno, potrà la Primavera essere lontana? (Percy Bysshe Shelley, "Ode to the West Wind")
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
9
|
Lo sto ascoltando (originale) da diversi giorni. Il gruppo ha un grande potenziale, specie per chi come me ha nostalgia degli opeth più heavy e dei candlemass anni 80, le influenze più riscontrabili durante gli ascolti. Il punto di forza è ovviamente la cantante, eterea e profonda, ma tutto il gruppo viaggia su binari di eccellenza. L’unica cosa che non mi piace granchè sono certi stacchi black alla emperor che secondo me tendono a stridere e a mal amalgamarsi, specie nella bellissima cover di night in white satin dove certe accellerazioni nel finale rovinano un po’ il tutto. Comunque un album da 80 |
|
|
|
|
|
|
8
|
Tutto bene o quasi...Per quanto riguarda la scelta della voce che dirti...almeno è una bella voce!! . Comunque vedo che molte band "alternative" vanno in quella direzione. Mi vengono in mente anche i Madder Mortem....A presto! |
|
|
|
|
|
|
7
|
Oh, bello rileggerti, spero tutto ti vada bene Ma sì, il disco brutto non è, però più lo riascolto e più non comprendo se ci fosse davvero bisogno della voce femminile per ottenere una piega simile. |
|
|
|
|
|
|
6
|
Ciao Undercover! Concordo con te che l'album non è qualitativamente tutto sullo stesso livello e in alcuni momenti strizza l'occhio a melodie catchy. Ma rimane comunque un disco godibile e suonato bene. Diciamo che la voce femminile se è bella e grintosa non è da disprezzare in questo tipo di gruppi. Mi viene in mente la svolta "soft" dei Todtgelichter che io ho sempre adorato per la loro ruvidità ma che nell'ultimo album hanno dato ampio spazio alla singer e ne è vento fuori un discaccio non disprezzabile. Diamo spazio alle quote rosa!! |
|
|
|
|
|
|
5
|
band pazzesca, voce stratosferica, bella scoperta |
|
|
|
|
|
|
4
|
Salto di qualità enorme, lei è semplicemente sublime. Sono solo ai primi ascolti, devo ancora spolparlo per bene, ma è una delle cose più fresche che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi tempi. |
|
|
|
|
|
|
3
|
Secondo me Cammie ha fatto fare alla band un notevole salto di qualità. Una delle prime bombe di questo 2016!!! |
|
|
|
|
|
|
|
|
1
|
Non mi è piaciuto, l'ho trovato talvolta troppo molle e poco affascinante per i miei gusti, in più non ho ben capito perché rifugiarsi nella voce femminile della Gilbert quando con Allen funzionavano benissimo e, sempre a mio parere, dimostravano di possedere una marcia in più. Un album più dolce, che si apre a un pubblico ampio, mossa non sbagliata e comunque non deprecabilie data la qualità tutt'altro che malvagia dei pezzi, ma che mi ha lasciato l'amaro in bocca... "Aetherial" non era un demo, ma un disco vero e proprio solamente autoprodotto. |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
|
|
|
|
|
Tracklist
|
1. Winter 2. Devout 3. Nights in White Satin 4. Lullaby 5. Laid to Rest 6. Suffer the Last Bridge 7. Good Life 8. Sunlight 9. Turpentine 10. Apologue 11. How Tall The Trees 12. ... This Road 13. Grace
|
|
Line Up
|
Cammie Gilbert (Voce) Sean Gary (Chitarra, Voce) Anthony Contreras (Chitarra) Uaeb Yelsaeb (Tastiere, Sintetizzatori) Keegan Kelly (Basso) Dobber Beverly (Batteria)
|
|
|
|
RECENSIONI |
|
|
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
|
|
|
|
|
|