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17/01/25
SRL + LOCULO + VOX INFERI + NECROFILI
CLUB HOUSE FREEDOM, VIA DI BRAVA 132 - ROMA
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Gaia`s Vestige - Sekai No Ato (La Traccia Del Mondo)
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( 3328 letture )
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Tra le uscite italiane degli ultimi tempi, è abbastanza frequente poter ravvisare delle caratteristiche di massima, che spesso, oltre a rispecchiare comprensibilmente le tendenze dominanti in questo periodo, testimoniano di alcune delle peculiarità più durature del nostro metal, nel quadro del complessivo fenomeno a livello europeo o internazionale. In particolare si ha spesso l’impressione che le band nostrane possano sfoggiare una qualità media ed una cura di alcuni dettagli difficilmente ravvisabile nel grosso delle band metal di altri paesi, e la cosa si fa sentire ed apprezzare in particolare in CD come questo esordio dei Gaia’s Vestige. Per quanto riguarda la band veneta, costituita in parte dal “grosso” dei Phobic Pleasure, altra band di buon livello attiva nella stessa zona da diversi anni, ciò che ci è sembrato decisamente più curato rispetto alla qualità media di un’uscita internazionale contemporanea è la stesura dei testi (davvero di qualità e ricca di rimarchevoli “ricercatezze”) e la cura del riffing delle due chitarre, sempre proteso verso il mantenimento di un certo standard di “complementarietà diatonica”, ed inserito nel solco di quel nobile filone di death tecnico-melodico che ha avuto in band come i Cynic ed i primi Atheist i propri padri ed epigoni, e la cui opera è stata continuata nel tempo, pur con le inevitabili differenze stilistiche ed evoluzioni, dalla parte non britannica del progressive europeo anni 90 e dall’avantgarde metal, tra cui si sono distinti, nel corso degli anni, anche alcuni combo italiani.
I Gaia's Vestige propongono in questo CD tracks organiche e strutturate, in cui l’arrangiamento di chitarra e tastiera assume un ruolo spesso predominante, ed in cui le parti cantate, in italiano ed inglese, fanno spesso il verso ai poeti inglesi del romanticismo, con un crescendo di citazioni declamate e growly, che certamente pone il testo dei brani maggiormente in luce rispetto a quanto accade in parte del restante “technical death metal” di produzione europea.
La band vicentina apre il disco con la strumentale, o meglio orchestrale, Viridian Spring, uniformandosi a quella che sembra ormai una tendenza diffusa per un certo tipo di metal estremo, ossia iniziare i dischi con un’intro calma e discreta per poi scatenarsi a partire dalla seconda traccia, che è già uno degli episodi più interessanti del platter, ossia Of Dust And Soil, suggestiva cavalcata “col coltello tra i denti” in cui le chitarre si inseguono e si intrecciano, facendosi notare nonostante una produzione decisamente non all’altezza della composizione; pecca che purtroppo finisce per pesare su quasi tutto il riffing (spesso molto valido) delle 10 tracce. La successiva A Hug For The Gales Lost è anch’essa una song di buon livello in cui il combo vicentino continua, sulla falsariga della seconda traccia, a somministrare generose doti di chitarra intervallate da interessanti intermezzi di tastiere, situate in gran parte ben oltre un’immaginaria “linea gotica” oltre la quale si tende a scegliere l’accordo minore e la progressione di terze, che ha fatto la fortuna di tanta musica scandinava. Nel brano si ha anche occasione di familiarizzare con la chitarra acustica, che tornerà più avanti, e col cantato in italiano, con cui, a nostro modestissimo avviso, si trasmette con maggiore efficacia la vena lirica che pervade i testi del disco. The Fever Ensouled è forse il brano che ci ha colpito meno, a parte l’incipit (davvero molto ben scritto) di chitarra e pianoforte. Credo che il disco tocchi il suo apice con la successiva accoppiata: The Same Crystal-The Obsidional Chronicle, in cui la band espone in modo convincente ed organico le proprie capacità compositive, rendendole un manifesto del proprio stesso stile, ed un gran bel biglietto da visita da passare agli appassionati del genere, assommando la potenza delle chitarre e della batteria “da combattimento”, alle liriche declamate ed alle parti sinfoniche ed acustiche. La successiva Even Murder è la traccia più lunga del lotto, ed impiega forse qualche minuto di troppo ad arrivare alla sua parte migliore, ossia l’intermezzo acustico presente poco dopo il sesto minuto, in cui si ha il piacere di apprezzare un’alta qualità nella registrazione dello strumento, purtroppo non paragonabile, come già sottolineato, a quella della chitarra distorta, abbastanza “poco limpida” e spesso fin troppo “liscia” sui 1000 Hz., tanto da rievocare suggestioni “norvegesi” nel sound della band, laddove crediamo l’intento complessivo, per il sound, guardasse a ben altre band di origine scandinava. Anche la successiva A Vernal Rest Descent, nasce sotto le “insegne del Nord” e continua sulla falsa riga delle tracce più veloci e dure del platter, per poi risolversi in un limpido arrangiamento di chitarra pulita, che introduce i successivi arpeggi di Autumn Intimate: ballata strumentale di buona fattura in cui si apprezza ancora una volta il lavoro effettuato sulla chitarra acustica dai musicisti e dalla produzione. Il pezzo chiuderebbe l’album, ma è presente una bonus track (The Mask Said) in cui la band riprende per l’ultima volta i possenti mid-tempo delle prime tracce, ed in cui si ribadiscono gli aspetti più e meno buoni della release (con i primi sempre largamente superiori ai secondi); dalla bontà della composizione e dell’arrangiamento (da cui traspare una maturità compositiva davvero rarissima per un debutto), la validità del lavoro sulle parti acustiche e melodiche ma anche la non del tutto sufficiente resa delle parti più dure del sound (a dispetto della buona esecuzione da parte dei musicisti), in cui le chitarre e la batteria non fanno la figura che potrebbero fare, e la voce, alla lunga, finisce per risultare un po’ pretenziosa nella costanza del riferimento letterario e nell’estrema riconoscibilità ed uniformità del growling di Andreella, che non mancherà di dividere la critica, creando, probabilmente, giudizi raramente concordi e spesso “estremi”.
La sensazione è comunque che la band abbia fornito una prova d’esordio davvero di gran livello, e che realtà di questo tipo meriterebbero di poter lavorare in strutture, e soprattutto in ambiti che valorizzassero maggiormente le qualità non esattamente comuni che possono mostrare nella stesura dei propri lavori; qualità in virtù delle quali Sekai No Ato ci sembra destinato a lasciare indifferenti ben pochi appassionati ed a colpirne positivamente una grossa maggiornaza.
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7
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fosch fest quest'anno presente! assolutamente ci dobbiamo conoscere!! devo sfoggiare il magliettone nuovo dei folkstone! |
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6
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@ Al: attento, quella volta non ci siamo incrociati perchè stavamo intervistando tutte le band del FF con Max se ci sei quest'anno PRETENDO di farci un birrone eh! |
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5
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ottimo lavoro! tra l'altro l'ho preso ad un fosch fest su consiglio di un certo renato zampieri.... |
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4
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Ottimo esempioo di come la scuola italiana death/black/sinfonica non abbia nulla da invidiare ai colleghi scandinavi. Voto congruo. |
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3
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...ti preferisco in versione scolara, allora Valerio... ...complimenti per la superba recensione!!!mi hai incuriosito e invogliato oltremodo all'ascolto... ...da applausi amico mio ... |
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2
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Ahahah...ok Stiffler d'ora in avanti parlo potabile: parola di lupetto! |
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1
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Il tuo professore di letteratura ti ha dato 10 x questa recensione? Parla potabile fuck face!!!XD |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1) Viridian Spring 2) Of Dust And Soil 3) A Hug For The Gales Lost 4) The Fever Ensouled 5) The Same Crystal 6) The Obsidional Chronicle 7) Even Murder 8) A Vernal Rest Descent 9) Autumn Intimate 10) The Mask Said (bonus track)
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Line Up
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Gabriele Buogo Andreella - vocals Renato Zampieri - guitar Alessandro Carraro - guitar Alessio Favarin - bass Enrico Lucatello (ex member) - drums Giacomo Mazzaron (ex member) - keyboards
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