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17/01/25
SRL + LOCULO + VOX INFERI + NECROFILI
CLUB HOUSE FREEDOM, VIA DI BRAVA 132 - ROMA
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Armored Saint - Win Hands Down
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( 5847 letture )
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Tra la marea di nuovi gruppi emergenti, supergruppi e vari progetti solisti (anche di musicisti piuttosto rinomati), negli ultimi anni la scena metal è letteralmente esplosa di nuovi nomi, tanto da far fatica a stare dietro a tutti. In questo immenso panorama costantemente in espansione, a volte capita di perdere di vista band storiche o comunque con alle spalle un passato glorioso. Oggi sotto i riflettori abbiamo il nuovo ed attesissimo disco dei losangelini Armored Saint. Quegli stessi Armored Saint che nel lontano 1984 pubblicarono un certo March of the Saint, album che, forte di una proposta musicale piuttosto caratteristica, per quanto allo stesso tempo classicheggiante e potente, schiuse alla band le porte della vita da cult band, rispettata un po’ da tutti. Dopo cinque anni dal loro ultimo lavoro e a ben trentuno dai primi successi, la formazione dei fratelli Sandoval ritorna sulle scene con Win Hands Down, che si prefissa l’obiettivo di fungere da nuovo passo avanti nella strada per riportare la band sulla scena in grande stile.
Pur non stravolgendo minimamente la caratteristica proposta musicale della band, Win Hands Down rappresenta, sotto molti aspetti, un piacevole passo avanti rispetto al suo predecessore, anche se va detto che chi non ha mai particolarmente apprezzato i lavori di Bush e soci, difficilmente cambierà idea di fronte a questo nuovo lavoro. Tolte queste doverose precisazioni, ci troviamo davanti ad un album con un sound fortemente tendente all’hard rock, curato con maestria sotto il profilo tecnico e dal quale traspare la forte passione del quintetto losangelino. Appena inserito il disco nel lettore, si viene letteralmente travolti dalla carica e dall’irruenza della opener (anche title track), un brano dai ritmi serrati ed al contempo ben definiti, che sfocia in un ritornello facilmente canticchiabile, il quale, se sfruttato bene, potrebbe risultare davvero esplosivo in sede live. La traccia seguente, intitolata Mess, non è da meno ed in generale, proseguendo con l’ascolto, risulta chiaro come la band punti praticamente tutto sull’energia e sulla varietà del songwriting: infatti si nota una cura maniacale per ogni dettaglio, con pezzi di durata generalmente superiore ai cinque minuti (tranne un paio di eccezioni) e dotati di una struttura molto articolata che potrebbe non piacere a tutti. Durante alcuni passaggi, come ad esempio la tutt’altro che discutibile In An Instant, qualcuno potrebbe rilevare una certa prolissità e in ogni caso la sensazione che il pezzo si sarebbe potuto chiudere prima senza nulla perdere in qualità. Tutto ciò rientra comunque nelle scelte stilistiche di cui sopra e, sotto un certo aspetto, fa piacere vedere come i musicisti abbiano deciso di comporre ciò che più si sentivano, senza limitarsi o far ricorso ad espedienti di carattere “commerciale” poco consoni alla loro carriera. Proseguendo poi con le acide melodie di An Exercise In Debauchery e le caratteristiche divagazioni atmosferiche di Muscle Memory, il ritmo rimane sempre abbastanza sostenuto, passando anche per i groove possenti di That Was Then, Way Back When e fermandosi solo un momento a riprendere fiato con Dive, inusuale ballata dai toni cupi che a tratti richiama vagamente alcuni passaggi di Lifting Shadows Off A Dream o Fatal Tragedy dei Dream Theater, per poi tornare nuovamente alla carica con Up Yours, brano conclusivo, nel quale si nota anche una piccola, quanto piacevole, contaminazione di street metal. Così si chiude un album dalle mille sfaccettature, che, come già detto, fa della varietà il suo punto di forza, grazie anche ad una controparte tecnica caratterizzata da un missaggio che da ampio respiro all’ottima performance di ogni singolo musicista: scendendo nel dettaglio, troviamo a fare gli onori di casa, sua signoria John Bush, qui davvero in gran forma, dotato di un’espressività notevole ed il cui timbro acuto e graffiante si intreccia magistralmente con gli assoli chitarristici veloci ed urlanti di Phil Sandoval e Jeff Duncan e con i loro massicci riff. A completare poi il quadro troviamo la scioltezza del bassista Joey Vera e la precisione tellurica di Gonza Sandoval, che offrono una formula esplosiva di cui andare certamente fieri.
Non un album per tutti dunque, questo Win Hands Down. Dotato di un eclettismo musicale davvero invidiabile, che però potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio. A dispetto di ciò va detto che gli Armored Saint non avranno la fama immensa di altri loro colleghi (per quanto comunque non siano degli sconosciuti) ma, a differenza di molti, possono contare su due qualità fondamentali: una passione ancora viva ed ardente e la voglia di non smentirsi mai. Al di là dei gusti personali (che molto probabilmente divideranno in due non solo il pubblico in generale ma anche i fan della band stessa) con questo disco Sandoval e soci sono sicuramente riusciti a rimanere fedeli a sé stessi, senza scadere in ridicoli mezzuci commerciali per accaparrarsi spudoratamente più fan a discapito della qualità musicale, ma accontentandosi di fare ciò che fanno nel modo più genuino possibile. Insomma gli Armored Saint sono rimasti gli Armored Saint. E questa, per chi sa di cosa si sta parlando, è già una garanzia.
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Veramente difficile, nel 2015, far uscire un lavoro cosi multisfaccettato e "ascoltabile" in tutte le sue sfaccettature. Roba da ...Armored Saint. |
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Grandi Armored Saint !!! Anche a distanza di 3 anni quest'ultimo lavoro lo ascolto ancora più che volentieri. Il marchio di fabbrica è onnipresente, ma ciononostante è evidente la voglia di non ripetere banalmente le formule dei loro capolavori storici, tentando invece di fare qualcosa di diverso (pur senza stravolgere il sound), cosa già accaduta nel precedente La Raza. Su Win Hands Down ciò si avverte specialmente nella seconda metà dell'album, composta da pezzi tutt'altro che scontati. Voto 82 |
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Armored Saint, una band fenomenale! È incredibile come ad oltre 30 anni dal loro debutto riescano ancora a suonare nello stesso modo, con il medesimo stile e potenza, senza risultare un plagio di se stessi, o peggio, ruffiani. Credo che ciò sia dovuto principalmente al non aver mai dovuto sopportare il peso eccessivo del successo, potendo così comporre per passione, secondo il proprio gusto, con la consapevolezza di non aver nulla da perdere. Loro non devono accontentare nessuno , forse perché nessuno si aspetta nulla da loro (e mi riferisco allo show business) Se da un lato, quindi, trovo assurdo che a musicisti di questo calibro non sia mai stato riconosciuto il valore che meritano, dall'altro forse è un bene che siano rimasti "per pochi buongustai". La cosa ancor più strana è come la loro musica riesca ad appassionarmi nonostante sia "facile". Generalmente pezzi molto orecchiabili piacciono subito, per poi stufare rapidamente e cadere nel dimenticatoio; non i dischi degli Armored Saint; melodia, potenza, perizia, equilibrio, il tutto amalgamati da un gusto senza pari, specialmente nel panorama attuale. Anche "win hands down" non fa eccezione e, se devo dirla tutta, trovo che abbia ben poco da invidiare ai grandi classici della band. "Ottantiano" ma fresco e moderno; ottima la produzione e la voce di Bush perfetta, senza sbavature. Raccomando a chiunque questo ascolto, metallari e non. |
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Al contrario di InvictuSteele dopo averlo assimilato bene, lo apprezzo e scopro sempre di più. Gran bel lavoro, per me 80 pieno, un gruppo veramente eccezionale |
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Ora l'ho assorbito per bene, l'entusiasmo dei primi giorni è andato scemando, è un ottimo album ma poco longevo, forse troppo semplice e diretto. abbasso un pochino il voto a 75. |
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Disco eccezionale! Un ritorno memorabile...... |
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@ d.r.i. ah ok allora |
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@Cynic: dei metal church ADORO tutto. Generation nothing è bellissimo, io mi riferivo ad una prossima eventuale uscita |
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Condivido l'opinione generale. Ottimo album, sembra di ascotlare una formazione di giovincelli per grinta e carica! voto : 80 facile |
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Ottimo, tutti in gran forma, Bush per me è sempre stato l'erede del Di Anno migliore, come carica e stile interpretativo. Qua aggiunge cose nuove come in Muscle Memory che sembra Dave Wyndorf. Preso, già consumato di ascolti, voto 85 almeno.Perchè i lavori nuovi non possono avere un parametro come quelli vecchi - ..è come mettere un giornale con i libri di storia - Ai classici poi solitamente non si da alcuna valutazione. when the saints go marching in, il titolo del giornale |
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armored saint....motorhead....house of lords..helloween...quest'anno e ancora deve finire...ci sono molte perle rocks.... |
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Disco stupendo, con un Bush eccezionale come sempre; ma che che spettacolo sono Mess e That was then.. ? Chissà che risonanza se avesse avuto il monicker degli Anthrax.. |
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Un disco fenomenale!!! Candidato di sicuro a disco dell`anno. Piu` lo ascolti e piu` cresce, canzoni tutte stupende, due chitarristi in formissima, sezione ritmica spettacolare ed un Bush divino. Voto 95 |
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dopo l'ascolto dello sreraming non posso che essere soddisfatto del nuovo album dei Saints. sono rimasto fulminato dalla title track,acquisto obbligato! |
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Mi associo alle critiche positive, gran bel disco suonato con maestria e...palle! |
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questi sono come il vino...complimenti. mea culpa per non averlo comprato a scatola chiusa. ordino subito il cd. |
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L'avevo anche io ascoltato in streaming, e mi era sembrato un bel disco anche se alcuni ritornelli non mi avevano troppo convinto, me lo dovro' riascoltare , sempre se riesco a procurarmelo, comunque che bella voce Bush. |
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@d.r.i. @Arrraya = CREDETEMI tutti e due se vi dico che ''generation nothing'' Metal Church È un super CA PO LA VO RO, io lo posseggo originale pagato a prezzo pieno cioè 18 €uro li vale tutti fino all'ultimo centesimo! |
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@Arrraya: beh lo spero anche io, i Metal Church potrebbero tirare fuori un capolavoro! |
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Dici bene d.r.i. , la sensazione appena ascoltato è stata di freschezza e di voglia di suonare ancora alla grande. Spero che anche i Metal Church con Howe risorgano in questo modo. |
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Come Arrraya anche io non avevo resistito e sono rimasto colpito dalla freschezza della loro proposta. Tutti grandi musicisti e un Bush in forma! |
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Discone. L' ho ascoltato in streaming sul sito appena uscito, ma è da avere. Band con le palle quadrate. Vecchia guardia non tradisce. Si può tranquilammente dire che questo è ancoro heavy Metal. |
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complimenti a questi 5 uomini che ancor oggi rendono grande questo meraviglioso genere musicale. 95 |
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Joey Vera fa parte di quella schiera di musicisti veramente bravi, ma che non è mai stato considerato come si sarebbe meritato...peccato, comunque bel disco!!! |
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Armored Saint - Win Hands Down è un album MUST HAVE, Punto & Basta. Fatelo vostro senza troppi indugi non ve ne pentirete! È già un classico dell' heavy metal. |
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Ottimo album , band che avrebbe meritato molto di più , Joey Vera è un grande bassista metal. |
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Grandissimo album, gli Armored Saint confermano il loro buonissimo stato di salute. Non hanno mai sbagliato un disco, forse l'ultimo del 2010 era un po' meno potente rispetto al loro standard ma era comunque ottimo. Questo invece è un grandissimo ritorno. l'heavy metal puro è questo qui. |
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1
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Ottima recensione per un gran bel disco. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Win Hands Down 2. Mess 3. An Exercise In Debauchery 4. Muscle Memory 5. That Was Then, Way Back When 6. With A Head Full Of Steam 7. In an Instant 8. Dive 9. Up Yours
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Line Up
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John Bush (Voce) Phil Sandoval (Chitarra) Jeff Duncan (Chitarra) Joey Vera (Basso) Gonza Sandoval (Batteria)
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