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METALLIZED CHARTS 2020 - Death Metal, Brutal
04/01/2021 (2534 letture)
Ennesima annata ricca di uscite per il death metal e affini. Nonostante tutto e nonostante l’impossibilità di tenere I concerti, I gruppi non hanno smesso di registrare materiale nuovo con la speranza di tornare molto presto a proporlo davanti ad una folta schiera di persone. Come ogni anno siamo davanti a gruppi esordienti e non, con i primi che ancora una volta tengono vivo il meraviglioso ambiente underground attraverso passione per la causa e idee che difficilmente si riscontrano a livelli più alti. È sempre difficile scegliere “I migliori”, anche perché trattandosi di scelte si rischia sempre di lasciar fuori qualcosa che nonostante tutto non può essere definite “brutto”. Questo per dire che la lista qui presente è stata fatta tenendo conto di diverse cose, a partire da quanto i dischi siano interessanti e meritino attenzione. Il tutto in ordine puramente alfabetico. Come gli anni passati non ci si è limitati ad elencarne quindici, ma è qualcosa che scoprirete leggendo… Buona lettura quindi, e buoni ascolti!

AFTERBIRTH - FOUR DIMENSIONAL FLESH
Ormai non ci sono più scuse: chi cerca del brutal death che sappia stupire, che offra qualcosa di anche solo leggermente diverso dal solito ma che non perde un briciolo di cattiveria e anzi, prende ispirazione dallo slam, deve assolutamente passare dagli Afterbirth. Con una lunga storia alle spalle, in parte anche difficile, gli statunitensi vengono generalmente considerati “progressive brutal death” grazie a melodie, tastiere e altre piccole aggiunge che rendono questo secondo disco della loro carriera un vero gioiellino. Riff, tecnica al punto giusto e un growl mostruoso: fatelo vostro.

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BLASPHEMER - THE SIXTH HOUR
Con una carriera che anni fa si è interrotta per cause di forza maggiore, il rischio che i nostrani Blasphemer si fermassero anche dopo l’uscita dello strepitoso Ritual Theophagy c’era tutto. Quattro anni di tempo, concerti e l’entrata in formazione di Nicolò Brambilla (Ekpyrosis), hanno dato nuova carica al gruppo che con The Sixth Hour cambia un po’ le carte in tavola arricchendo le composizioni ma restando fedeli al death più blasfemo. Maturazione? Cambio stilistico? Poco importa, perché i quaranta minuti del disco mostrano un gruppo che anche grazie alla propria esperienza e ad un’alchimia invidiabile, non sbaglia un colpo.

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COSMIC PUTREFACTION - THE HORIZONS TOWARDS WHICH SPLENDOUR WITHERS
Lo scorso anno ci aveva colpito At The Threshold Of The Greatest Chasm, e in meno di 365 giorni ecco che Cosmic Putrefaction, progetto di Gabriele Gramaglia, torna a stupirci con un secondo album che segna un passo avanti. Magari non c’è ancora quella “perfezione” a livello compositivo, ma il death metal che nonostante sia ricco di dissonanze e tecnica si apre a passaggi carichi di atmosfere sci-fi e qualche volta stranianti del progetto è comunque riuscito e regala soddisfazioni, complice anche una durata in grado di renderlo un album diretto e adatto al riascolto immediato. C’è della personalità, c’è un musicista che si occupa praticamente di tutto senza che questo abbassi la qualità del lavoro, produzione compresa (ottima anche questa volta) ma ci sono soprattutto pezzi solidi e ricchi di spunti interessanti per il futuro.

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CRYPTIC SHIFT - VISITATIONS FROM ENCELADUS
Azzeccare praticamente tutto con l’album d’esordio, non è facilissimo, specialmente in un’epoca in cui di escono album su album ogni giorno. Ma anche volendo, sarebbe stato davvero impossibile perdersi un debutto come quello dei Cryptic Shift. Visitations from Enceladus porta gli inglesi ai vertici della “nuova” ondata di tech-death dalle tinte spaziali; un connubio tra thrash tecnico, progressive death metal e virtuosismi che seppur molto in vista non fanno cadere il disco nell’anonimato. Un gruppo che più che coraggioso oseremmo definire sfacciato per il solo fatto di aprire il disco con una traccia da ben venticinque minuti. Sarebbero dei presuntuosi, se non fosse per il fatto che tutto funzioni a dovere.

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DEFEATED SANITY - THE SANGUINARY IMPETUS
Passiamo da un gruppo esordiente ad uno che ormai non ha più bisogno di presentazioni e merita il titolo di “maestri del genere”. Sì, ma che genere? L’ultimo album dei tedeschi mette in dubbio non solo la concezione più comune di brutal death tecnico, ma dà la possibilità di prendere seriamente in considerazione la fusione tra improvvisazione jazz e brutal. È il disco in cui i tre scompongono ancora di più la struttura di canzone lasciandosi trasportare solo dalla voglia di suonare brutal a modo loro, senza paletti se non quello, fisso, di apparire sempre violenti, tecnici e semplicemente un gradino sopra tutti gli altri. Inarrivabili.

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DEVANGELIC - ERSETU
Gran bel disco quello dei nostrani Devangelic, portatore di un brutal death certamente tecnico ma che mostra accenni molto interessanti. Il precedente Phelegethon ci aveva in qualche modo avvisati, ma chissà se qualcuno si aspettava un lavoro simile. È bastato “poco”, ovvero dare spazio a dei momenti più atmosferici e ragionati per rendere la proposta già più interessante rispetto alle tante uscite simili. Cura per i riff maniacale, strutture meno prevedibili, coppia basso/batteria che ancora una volta lascia spiazzati e un Paolo Chiti che si riconferma essere tra i migliori “growler” in circolazione. Oltre ad essere imperdibile per chi naviga in sonorità come queste, è un disco che mette tanta curiosità sui lavori futuri.

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GOREPHILIA - IN THE EYE OF NOTHING
Ripartire dopo una perdita come quella che è tocca ai Gorephilia dev’essere stato tutt’altro che facile. La tentazione di chiudere il progetto dopo la tragica scomparsa dello storico cantante Henri Emil Kuula c’era tutta, ma i finlandesi non hanno ceduto e si sono messi al lavoro su In the Eye of Nothing, che a conti fatti è il modo migliore per tenere vivo il ricordo e andare avanti. Ma non si parla solo di un album “sentito”, perché parliamo della definitiva conferma di un gruppo che non ha mai smesso di stupire dall’esordio avvenuto ben otto anni fa. Il death metal dei quattro è sulfureo, ricco di atmosfere cupe e in costante bilico tra Morbid Angel e scuola finlandese. Non lascia indifferenti e schiaccia chi ascolta con tutta la sua pesantezza con brani opprimenti e riusciti: pensiamo a Perpetual Procession e Devotion Upon the Worm, probabilmente due dei migliori brani che i quattro abbiano composto nella loro lunga carriera.

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HATEFUL - SET FOREVER ON ME
L’unione tra onirico e death metal. Basterebbero queste poche parole per descrivere Set Forever on Me, terzo lavoro degli storici Hateful che questa volta danno un’impronta molto più definita e convincente al tutto. Sono sempre stati bravi e capaci di fare death metal tecnico senza scadere nell’onanismo strumentale, ma chi c’è qualcosa di più, si va oltre. Nella loro fusoine di tecnica e cattiveria trovano spazio composizioni ricche di momenti e soprattutto in grado di evocare qualcosa in movimento tra sogno e surreale. Atmosfere che ci sentiamo di associare agli Edge of Sanity, ma la cosa migliore da fare è gettarsi a capofitto in uno dei dischi death migliori dell’anno.

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LANTERN - DIMENSIONS
Torniamo in Finlandia per parlare di quella che è stata l’ennesima conferma, ovvero Dimensions dei Lantern. Arrivati al terzo disco altro non ci si aspettava se non la conferma di quanto sentito sui due album precedenti, se non addirittura un miglioramento generale che li colloca tra i gruppi da non perdere come i connazionali Gorephilia, Corpsessed e Krypts. Il death metal labirintico e terremotante dei nostri rimane intatto e ancora una volta non disdegna richiami al black; nel loro blasfemo caos riescono comunque a restare concentrati sul realizzare brani scritti a dovere, senza che la furia prenda il sopravvento andando a trasformare il tutto in cosa fine a sé stesso. Non solo ci hanno convinti, ma ci hanno anche stupiti con un brano da quattordici minuti (Monolith Abyssal Dimensions), che può essere visto come il loro manifesto. Sempre meglio!

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NERO DI MARTE - IMMOTO
Enigmatici e complessi, i nostrani Nero di Marte sono ormai una realtà ben consolidata e che chiunque ascolti le forme più elaborate del genere avrà imparato a conoscere. Mancavano da ben sei anni, ma quest’assenza non ha assolutamente causato problemi, perché Immoto è esattamente quello che ci si aspettava dopo l’ottimo Derivae; un lavoro pieno di atmosfere che a livello musicale e giusto per dare un’idea può essere vista come a cavallo tra Gorguts e Neurosis. Non si tratta certamente di una proposta immediata e facile da digerire, data la complessità di fondo e il largo utilizzo di dissonanze, ma è un ostacolo che una volta superato permette di scoprire il mondo sonoro dei bolognesi. Complicato ma non privo d’anima.

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SWEVEN - THE ETERNAL RESONANCE
Seguito spirituale dell’ultimo album dei Morbus Chron, gli Sweven di Robert Andersson pubblicano The Eternal Resonance, un disco che forse figurerebbe più nella lista che i colleghi hanno dedicato al prog ma che almeno per ora può essere citato. Non parliamo di un prog death canonico, e chi conosce gli ultimi due lavori (l’EP A Saunter Through the Shroud del 2014 e Sweven del 2016) dei Morbus Chron lo sa bene; un mix particolare tra death metal, rock psichedelico e soprattutto tanta malinconia. Particolare, unico se vogliamo, ma un disco che dimostra come sia possibile dare una propria interpretazione del genere, magari distaccandosene e chissà, il prossimo disco degli svedesi cancellerà del tutto i riferimenti death, ma per ora non possiamo che premiare quanto fatto dal gruppo e di pensare all’incredibile influenza che Dan Swanö ha avuto sulla musica estrema.

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THECODONTION - SUPERCONTINENT
Ve lo avevamo detto, i Thecodontion, che l’anno scorso ci avevano colpito con il demo Jurassic, avrebbero presto stupito. Con Supercontinent realizzano quello che è uno degli album più strani, riusciti e originali dell’anno. Apparirà sicuramente particolare la scelta di voler suonare tutto avvalendosi solo di voce, basso distorto e batteria, ma fin dalle prime battute appare chiaro come dietro ci sia un grande di lavoro scrittura e di arrangiamenti utili a fare in modo che il disco non senta mai il bisogno di una chitarra, sia per quanto riguarda i momenti più violenti che per quelli più atmosferici ed evocativi.

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ULCERATE - STARE INTO DEATH AND BE STILL
Ennesimo disco da manuale per gli Ulcerate, ormai tranquillamente considerabili come dei veri e propri maestri di quel death metal tanto complesso quanto d’impatto. Non è una rivoluzione, non c’è niente che possa far dire di trovarsi davanti a qualcosa di diverso dal solito, ma perché sperare in qualcosa di diverso quando, utilizzando i propri strumenti, si è comunque in grado di registrare brani come la titletrack, There is No Horizon o Dissolved Orders? Si è al punto che i dischi del trio si apprezzano più per gusti personali che per altro; qualcuno potrebbe averlo apprezzato leggermente meno del precedente o viceversa, ma nessuno, in ogni caso, può dire che i neozelandesi sbaglino qualcosa.

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ULTHAR - PROVIDENCE
Il potenziale degli Ulthar era evidente già sull’ottimo esordio intitolato Cosmovore pubblicato due anni fa. I tre sono chiaramente figli dell’immaginario di Lovecraft, ma a differenza di altri gruppi e di quanto si possa pensare, non puntano sull’aspetto più oscuro dell’immaginario, quanto più sulla schizofrenia e il surreale. Il loro death metal riesce infatti a suonare quasi psichedelico, distorto, in cui la tecnica è al servizio proprio di queste atmosfere inquietanti e al tempo stesso allucinogene. Il tutto fatto con violenza e concretezza; trentasei minuti di delirio in cui viene difficile non apprezzare una scrittura così ben pensata e delle chitarre Aza(g)thothiane.

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UNDERGANG - ALDRIG I LIVET
Alfieri del death più marcio e rozzo in circolazione, i danesi sono ormai punto di riferimento per chiunque cerchi nel death una forma più primitiva e strafottente. Il ritorno in scena è a dir poco eccezionale, con dei brani carichi di vita propria, trascinanti e che non esagereremmo a definire “hit”. Trenta minuti in cui David Buch “Torturdød” Mikkelsen e soci dimostrano di avere ancora degli ottimi riff dalla loro parte, di avere un’identità marcata e di meritarsi a pieno titolo di essere tra i gruppi migliori degli ultimi anni. Ormai una garanzia.

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SLOWLY THEY ROT
Il 2020 ha visto anche il ritorno di nomi storici. Tra chi bene o male ci aveva abituato ad uscite con cadenza più regolare e chi invece, per svariati motivi, rischiava di non pubblicare più nulla.

DARK TRANQUILLITY - MOMENT
Pur continuando ad essere divisivi per qualcuno ma con ormai una storica base di fan che non ha la benché minima intenzione di abbandonarli, i Dark Tranquillity segnano un ottimo ritorno in scena con Moment. Il classico album degli svedesi che mescola armonia e cattiveria avvalendosi di tastiere e di uno spettro vocale che nonostante l’età non sembra ridursi. È stato poi molto interessante e piacevole scambiare quattro chiacchiere con Mikael Stanne, persona che vive il progetto con grande attaccamento e voglia di fare.

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DEEDS OF FLESH - NUCLEUS
La scomparsa di Erik Lindmark nel 2018 ha scosso il mondo della musica estrema; chi ha passato anni ad ascoltare i Deeds of Flesh, ad imitarne lo stile ed ha amato anche la nascita della Unique Leader Records, è molto probabile che abbia temuto la fine di uno dei più importanti gruppi estremi. Ma così non è stato, perché il materiale che compone Nucleus è stato registrato prima che il chitarrista ci lasciasse. Ed è ottimo. Tipico stile fatto di virtuosismo misto a brutal, tutto a tema fantascientifico (prosegue il concept iniziato con Of What’s to Come (2008)) ma a cui si aggiungono una serie di ospiti a dir poco incredibili. Il modo migliore di omaggiare un grande musicista per noi, un amico per altri.

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INCANTATION - SECT OF VILE DIVINITIES
“Il Death Metal”, basterebbe questo per parlare degli Incantation, gruppo che a partire dal 2021 è praticamente rinato e vissuto un periodo in cui sono diventati l’unico gruppo di riferimento per tutto l’underground death metal. Siamo sempre lì: riff, death e doom. Tre elementi tanto semplici da pensare quanto difficili da unire come si deve. E loro ci riescono ancora una volta registrando un lavoro superiore al comunque valido precedente album; ma siamo convinti di una cosa, specialmente se pensiamo all’ancora irraggiungibile Vanquish In Vengeance del 2012: possono fare ancora meglio.

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NAPALM DEATH - THROES OF JOY IN THE JAWS OF DEFEATISM
Quando si parla di gruppi instancabili, che nonostante l’età e la mole di uscite sulle spalle è sempre lì pronta a registrare, a fare tour e a lanciarsi anche in progetti personali, quello dei Napalm Death è un nome che non può mancare. Li ritroviamo nel 2020 pronti e vogliosi di stupire con un album che ancora una volta non farà felici proprio tutti; Throes of Joy in the Jaws of Defeatism è un album dalla “doppia faccia”. Se da un lato abbiamo le classiche sonorità di casa, dall’altra abbiamo quella che è una vera e propria dichiarazione d’amore per i Killing Joke. Non si stancano mai, e va bene così.

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VADER - SOLITUDE IN MADNESS

Quello dei Vader è un album che può essere descritto come una cannonata. Nonostante l’età è davvero incredibile (e bello!) come Piotr e soci abbiano ancora la voglia e le capacità di spingere sull’acceleratore e registrare un album death metal così violento e barbaro. Tutti in appena trenta minuti di tensione costantemente alta e in cui s’incrociano pezzi da novanta come Despair, Into Oblivion o Final Declaration. Potremmo definirlo un album parallelo allo splendido Welcome to the Morbid Reich (2011), ma chi conosce i polacchi non ha bisogno di ulteriori spiegazioni.

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1000 EYES
Per star dietro a tutte le uscite e non perdersene neanche una ci sarebbe davvero bisogno di mille occhi, ma non ci sono sfuggiti gli album che pur non essendo “da top” (con tutto quello che quest’etichetta possa voler dire) hanno comunque convinto e che secondo noi sono meritevoli di attenzioni. Partiamo con il ritorno in scena degli Azarath, che con Saint Desecration ripropongono un death/black tutto loro e che ormai non è solo e soltanto violenza sparata ad alta velocità. Molto bravi anche i Profanity; il loro Fragments Of Solace è un bel concentrato di tech death che seppur ricco di virtuosismi non sacrifica l’aspetto più violento. Da segnalare poi la presenza di ospiti molto noti in ambito estremo, un bel modo di celebrare un gruppo che raccoglie meno di quanto meriti. Tornando su un nome storico abbiamo poi visto il ritorno di Disavowed e Arsebreed, di cui però segnaliamo il disco dei primi, Revocation of the Fallen, superiore sotto ogni aspetto e dimostrazione di come gli olandesi ci sappiano ancora fare. Da non sottovalutare il debutto dei VoidCeremony, Entropic Reflections Continuum: Dimensional Unravel, assolutamente da non perdere se si cerca un tech death vecchia scuola; c’è qualcosa da sistemare ma le carte per un disco di alto livello ci sono tutte. Stesso discorso per quello che è stato sicuramente un album-sorpresa: Profane Verses Of Murderous Rhetoric di Dead and Dripping è un ritorno al brutal di un certo tipo, ricco di groove, tecnica e un modo di intendere i riff e le strutture dei brani vicino ai Cryptopsy. Tornando in casa nostra non si può che parlar bene dei Bedsore e del debutto Hypnagogic Hallucinations, un bel death metal che pur ispirandosi alla vecchia scuola non cade nel semplice omaggio ma anzi, mostra punti di forza e capacità di creare atmosfere molto riuscite. Restiamo in ambito vecchia scuola per segnalare gli Skeletal Remains con il loro “Morbidangeliano” The Entombment of Chaos e gli Undeath, che grazie a Lesions of a Different Kind diventano uno dei gruppi da seguire nei prossimi anni grazie ad una proposta a cavallo tra vecchia scuola e brutal più recente, davvero bravi. Chiudiamo con Endless Wound dei neonati Black Curse, lavoro oscuro, caotico e d’impatto nato dalle menti di musicisti tutt’altro che inesperti e, sempre per restare in tema chaos, l’interessante death/black dei Prometheus, autori di Resonant Echoes from Cosmos of Old, disco che interpreta a modo suo l’orrore cosmico e getta le basi per qualcosa che potrebbe stupire ancora di più.

A livello musicale possiamo ritenerla l’ennesima annata soddisfacente e piena di uscite interessanti anche in ambito più underground, con tanti nomi che si sono mossi tra proposte più ricercate a quelle più classiche. L’importante, e su questo non ci sono problemi, è che ci sia sempre la presenza di gruppi nuovi che possano mantenere attivo un ricambio generazionale soprattutto, se non solo, grazie a dischi riusciti e in grado sia di lasciare qualcosa che di tenere accesa quella fame che spinge a seguirli e sperare in uscite future. Nonostante un anno difficile, che ha sconvolto il mondo intero e causato problemi in ogni ambito, è stato un vero piacere poter dedicare parte del proprio tempo a qualcosa che oggi assume un’importanza ancora più alta: la musica. Non resta che sperare in un anno migliore e ricco di uscite in grado di appassionare come sempre.



Devil1
Lunedì 11 Gennaio 2021, 15.06.07
10
Sui Napalm ti do ragione, ho parlato troppo da fan..ma l'assenza dei Benediction persa, l' ultimo è al livello dei loro classici
Kriegsphilosophie
Lunedì 11 Gennaio 2021, 11.32.58
9
Va be' ma sono quattro righe perché la recensione c'è già, qui si tratta più che altro di giustificarne la presenza; gli Skeletal Remains rientrano nelle "menzioni d'onore" perché pur avendo fatto un gran bel disco credo sia un pelo sotto quelli messi all'inizio
Devil1
Lunedì 11 Gennaio 2021, 10.55.55
8
per me non ci siamo proprio: Skeletal Remains appena citati sono al top un po' ovunque, Napalm death liquidati con 4 righe quando hanno sfornato un lavoro come non se ne vedevano da anni e manca del tutto i l clamoroso rientro dei Benediction..... Sul versante nostrano bene i Blasphjemer una spanna sopra agli altri. Old school never dies
dariomet
Sabato 9 Gennaio 2021, 13.28.48
7
concordo con lisa su ulcerate e vader.. per il resto gli ulthar hanno realizzato la perfetta fusione fra death e black
lisablack
Sabato 9 Gennaio 2021, 13.11.47
6
Ulcerate e i nostri Devangelic.. Che album❤️! Ah bè poi i Vader, Incantation. Ottima annata.. Tra le novità i Void ceremony, gran bel disco
FABRYZ
Venerdì 8 Gennaio 2021, 19.20.43
5
I Benediction.. ragazzi non si possono dimenticare, tra l altro tornati con un album mostruoso e aggiungerei tra i piu' recenti i Lik, baluardo del death svedese
Immolazione
Venerdì 8 Gennaio 2021, 14.33.54
4
Bello vedere roba italiana come Thecodontion e Cosmic Putrefaction (tra l'altro usciti su una label come I, Voidhanger che in realtà di solito è dedita più al black metal). Ci avrei messo anche i Bedsore (dei quali tra l'altro uno dei membri ha guestato sul disco dei Thecodontion), ma bella lista nel complesso. Altri dischi belli che vorrei citare sono: Cryptae, Ceremonial Bloodbath, Auroch (anche se è un EP), Evaporated Sores, Void Rot. Dei cosiddetti big invece non me ne è piaciuto nemmeno uno
duke
Venerdì 8 Gennaio 2021, 10.50.05
3
per me...dark tranquillity...sempre ottimi....e gli intramontabili napalm death....
DEEP BLUE
Venerdì 8 Gennaio 2021, 10.47.41
2
Di questi gli AFTERBIRTH con FOUR DIMENSIONAL FLESH svettano, a seguire gli SWEVEN con THE ETERNAL RESONANCE e gli ULCERATE con STARE INTO DEATH AND BE STILL. Il disco dei Napalm death, come al solito, qualcosa di buono e qualcosa no pur apprezzando molto il Grindcore più inventivo. Con Vader e Incantation siamo nel vecchio Death
Travis Bickle
Venerdì 8 Gennaio 2021, 2.23.19
1
Ulcerate al top , alcuni album citati li devo recuperare, aggiungerei pure Edder & Bile dei Cadaver nella sezione “slowly we rot”
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