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27/12/24
EDOARDO BENNATO
AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA ENNIO MORRICONE, SALA SANTA CECILIA - ROMA
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PESTILENCE - Musica, robot, smartphone e partite a pallone
12/09/2018 (2203 letture)
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Quello dei Pestilence, pur tra alti e bassi, è sicuramente un nome "pesante" della scena metal degli ultimi anni. Sia come musica, che come influenza su ciò che è venuto insieme e dopo di loro. Nel dettaglio, il loro leader Patrick Mameli è sempre stato uno con qualcosa da dire, ed anche stavolta non si è tirato indietro.
Manca poco all'inizio del Meet&Greet del gruppo, quando un rilassato ed affabile Patrick Mameli apre la porta del suo camerino all'Agglutination per lasciarci entrare e con voce molto tranquilla ci invita a sedere per scambiare due chiacchiere. Un tavolino, due sedie ed il solito casino tipico di questi ambienti sono stati il contorno di una discussione che ha toccato temi anche extra-musicali, prendendo alla fine persino una piega da anziani seduti ad una panchina del parco intenti a rimpiangere i vecchi tempi. E senza avere torto, forse.
Francesco: Ciao Patrick e grazie per il tuo tempo. Vogliamo partire da Hadeon? Mi sembra un lavoro molto vecchia scuola. E' stato un processo naturale a riportarti verso queste cose dopo i precedenti esperimenti, o una scelta precisa? Patrick: Non esattamente. Ho solo cercato come sempre di fare il miglior album possibile, ma forse ho chiuso un cerchio, in un certo senso. Mi è venuto spontaneo tornare alle mie radici e questo è ciò che ho prodotto. Ma ogni volta che incido un album, comunque, ho lo stesso approccio nel produrre musica ed alla fine è sempre anche una combinazione dell'apporto dei musicisti che sono con me. Per molto tempo la mia musica è stata definita anche dai musicisti con i quali ho lavorato, ma fondamentalmente è sempre la stessa, con lo stesso sviluppo strutturale. Quelli che sono stati interpretati come esperimenti sono in realtà solo l'uso di corde differenti e cose del genere. Ad ogni modo questa volta i ragazzi nella band sono davvero i migliori che abbia mai avuto in formazione e mi sono realmente sentito a mio agio con loro. Quello che voglio dire alla fine è che non è stato intenzionale tornare alle mie radici old school, ma è stata più una cosa naturale. Combinando il nostro modo di lavorare è venuto fuori questo album che sta piacendo molto al pubblico, anche se la Hammerheart, la nostra casa discografica, è una piccola compagnia e forse non è in grado di promuoverlo come potrebbe fare una più grande.
Francesco: Se non ricordo male la copertina originale è stata ritirata. Puoi raccontarmi cosa è successo? Patrick: Bè, è andata che ci siamo affidati ai ragazzi che avevano già lavorato per la copertina di Obsideo ed eravamo felici di lavorare ancora con loro. Ad una settimana dalla pubblicazione dell'album, però, si è scoperto che alcune parti di quella che avevano preparato erano rubate da altri lavori. Io voglio solo roba originale, non voglio essere certo accusato di plagio ed abbiamo quindi ritirato la copertina. Fortunatamente avevamo lavorato anche con altre persone perché ho sempre avuto in mente l'idea che potesse succedere una cosa del genere. Ho sempre avuto chiaro in testa come doveva essere la cover e ce n'erano quindi anche delle versioni alternative che oltretutto sono migliori di quella precedente ed abbiamo usato una di quelle.
Francesco: Ok, passiamo ad altro. Quando hai fatto musica più sperimentale ed anche se hai già accennato prima alla cosa, il pubblico ha reagito con meno entusiasmo. A prescindere dai tuoi dischi, io credo che quello del conservatorismo eccessivo sia un problema per l'intero mondo del metal. Quando una band cambia il suo modo di fare musica, magari semplicemente perché cresce ed evolve, la gente molto spesso non la segue più e questo è un problema in generale. Patrick: Si e no, però è certamente vero che il mondo del metal è molto conservatore. Se io guardo a me stesso, quando faccio la mia musica penso solo a crearla e non a come verrà accolta, che è quello che è successo ad esempio con Spheres, con il quale non abbiamo pensato solo a restare al top. Ma se guardo dentro di me, se ascolto un album e noto che la band che sto ascoltando ha cambiato un po' il suo stile, anche io posso esserne confuso. Diciamo che il metal è conservatore nella misura in cui segue sempre certe regole, ma è sbagliato. Prendi ad esempio quando gli Slayer hanno fatto Reign in Blood e poi South of Heaven. La prima volta che l'ho ascoltato non mi è piaciuto, perché era diverso dalla furia di Reign in Blood, con canzoni più "sagge" e strutturate. Ma loro sono cambiati fin da Hell Awaits e lo stesso Reign in Blood era già un cambiamento. Del resto è sicuramente difficile per un gruppo attenersi sempre allo stesso stile e non stufarsi delle sue stesse canzoni. Il conservatorismo nel metal comunque esiste. Per tornare a Spheres quell'album -e molte persone questo non lo sanno- lo abbiamo fatto anche per uscire dal contratto con la Roadrunner, perché per loro è stato un album negativo in quel momento, che non avrebbero voluto marchiare con la loro etichetta perché era qualcosa di nuovo, mentre loro si aspettavano un Testimony of the Ancients 2. Una cosa che avremmo anche potuto fare, e così saremmo diventati una band grossa come i Cannibal Corpse. Noi, però, volevamo uscire da quel contratto perché non guadagnavamo un soldo e questa è un'altra cosa che la gente deve realizzare. Se la tua passione è la musica e tu non ci ricavi nulla, chi pagherà i tuoi conti?
Francesco: Credo che una parte del problema sia rappresentato dal fatto che quando la gente ascolta un vecchio album non ascolta solo musica, ma pensa alla propria gioventù, ai momenti legati a quelle canzoni e non accetta i cambiamenti del gruppo perché significa in una certa misura cambiare l'idea che si ha di sé stessi e la percezione dei propri ricordi. Mentre noi ci pensiamo sempre giovani e sempre uguali. Patrick: E' vero, anche io penso alla musica come ad un'immagine ferma nel tempo. Se tu guardi una foto in un album di ricordi la vedi sempre ferma e uguale, anche tu sei sempre giovane e ti senti ancora come quando è stata scattata. Quando ascolti un vecchio pezzo metal ricordi come eri quando lo ascoltavi ed il fatto che ci sei cresciuto e senti ancora dentro quelle sensazioni. Così alcune persone sono legate a Consuming Impulse oppure sono più vicine a Testimony of the Ancients perché è più vecchia scuola. Ma io penso che i miei album abbiano tutti lo stesso "diritto di esistenza" e penso che anche Doctrine fosse un album molto buono; penso che Obsideo fosse un album molto buono; e lo penso proprio perché ognuno è una fotografia di un certo momento fissato nel tempo.
Francesco: So infatti che sei davvero molto soddisfatto di Obsideo, specialmente dei suoi riff. Mi puoi parlare di questo aspetto? Patrick: Si, il discorso è questo: ho sempre... (esita - NdA) ecco, alcuni amano Consuming Impulse, altri Testimony of the Ancients perché è più melodico, ma con Obsideo ho voluto creare un album che fosse il più brutale mai fatto dai Pestilence e tutti i riff di questo disco, che ho creato con una chitarra ad otto corde, sono davvero, ma davvero brutali. E' qualcosa che ho sempre sognato di realizzare: un album che contenesse tutta la brutalità che avevo dentro, anziché qualcosa di un po' più melodico ed a cui la gente era più abituata. Cercare nuovi modi per esternare la mia creatività ed essere quindi più creativo possibile, cercando di andare oltre il confine che c'è tra la melodia e il sound più tipico dei Pestilence.
Francesco: Ho sempre notato anche un certo lavoro sui testi in ogni album dei Pestilence. Puoi dirmi come nascono e quanto in realtà sono importanti per te? Patrick: Posso parlare per me solo a partire da Resurrection Macabre, da quando ho cominciato a scrivere tutti i testi, dato che in precedenza lo avevo fatto solo per una canzone. Penso che siano diventati davvero importanti a partire dal momento in cui ho realizzato quanto effettivamente lo fossero. Forse la maggior parte della gente apprezza più la musica che i testi e pensa che le parole siano solo parole e non capisce davvero ciò che canto. Anche perché, specialmente in ambito Death metal, le parole spesso non si capiscono perché è presente il growl. Io cerco di articolarle e collegarle meglio che posso e di farle sentire bene, ma in ogni caso la questione è secondaria rispetto alla musica, quindi anche se restano di complemento, alla fine va bene. Pensa per esempio al primo album degli Obituary, dove era più importante il "rumore" che facevano le parole, più che il loro significato.
Francesco: Abbiamo citato alcuni album del passato in questa conversazione, ma quanto è cambiato il contorno da quando sono usciti? Quando è cambiata la società da allora, specialmente negli ultimi tempi? Patrick: Se non dobbiamo parlare solo del lato musicale della questione, sento che quando non c'era la rete la vita era più reale. Internet ha distrutto l'industria della musica, ma anche le relazioni umane ed ha abbastanza deteriorato ogni cosa. Guarda questo Smartphone (indica il suo che è sul tavolo - NdA), se io lo togliessi ai miei figli che hanno 13 ed 11 anni, la loro vita collasserebbe, non saprebbero cosa fare. Credo che sia molto pericoloso dare ai bambini uno Smartphone per farli stare quieti invece di dire loro "sta zitto" quando serve. Una volta in famiglia ci si metteva almeno davanti alla TV e si guardava tutti lo stesso programma, ora ognuno guarda da solo una cosa diversa. E prova da uscire la sera, magari per una cenetta romantica con tua moglie e guardati intorno. Guardati intorno e osserva quante lucette sono visibili. Sono tutti Smartphone accesi, con la gente confinata ognuno nel suo piccolo ambiente privato, nel suo piccolo mondo. La vita è lì dentro, ma deve essere anche fuori e mi piace pensare che deva essere il più creativa possibile. E' un po' come quando mi chiedono quali siano le mie band favorite. Non ci sono, mi interesso a tutta la musica.
Francesco: E per quanto riguarda l'uso che se ne fa per la musica, anche quello è un problema. Oggi i ragazzi con i loro Smartphone ascoltano e scaricano un pezzo da un album, due da un altro, ma così non conoscono la storia di un gruppo, cosa c'è dietro quelle canzoni; e spesso nemmeno gli interessa. Patrick: Già, ed io capisco che sia più facile così, c'è troppa informazione disponibile ed il cervello umano non è in grado di gestirla tutta. E quando tu cominci a voler discriminare un po' è anche difficile capire cosa sia vero e cosa no. Molta gente crede a tutto ciò che è scritto su internet e non capisce che qualcosa può essere falsa.
Francesco: Questo porta anche ad un problema economico per i musicisti, presumo. In passato si poteva contare sulle vendite dei dischi, oggi credo si deva contare più sui concerti che su quelli, no? Patrick: Guarda, una volta usavamo portare i nostri CD ai concerti ed ai Festival, ma adesso non lo facciamo più perché ci siamo accorti che non si vendono. Non si vende più niente. La gente si abbona a Spotify e con 10 euro ottiene tutto ciò che vuole. Non gli interessa più la qualità, se si tratta di un mp3 o di un altro formato in cui scaricano qualcosa. Anzi, non scaricano nemmeno più, è un ascolto streaming usa e getta, è tutto diventato così composito che la gente sente che perderebbe qualcosa senza tutto questo. Ha bisogno di essere lì e sapere tutto ed essere la prima a scoprire tutto, ma è una gara senza senso. Non c'è più la capacità di distinguere, ed è una cosa terribile.
Francesco: Ed un altro problema è che oggi tutti, ma davvero tutti possono incidere un album a casa propria. Magari senza nemmeno saper davvero suonare uno strumento. Questo ha ovviamente molto abbassato la qualità media delle uscite. Patrick: Perché le persone non vanno più a scuola per diventare davvero ingegneri del suono, per capire tutto delle varie frequenze. Comprano quello che è necessario, allestiscono uno studio con un laptop e fanno i dischi schiacciando pulsanti. E questo spiega anche perché alcune band, al giorno d'oggi, quando suonano su un palco non suonano davvero i loro strumenti. Su disco sembrano a posto, ma quando devono suonare dal vivo non sanno cosa fare perché hanno sempre e solo programmato la musica al PC. Un tempo quando dovevi registrare un pezzo, dovevi registrare un pezzo. Adesso si registrano a malapena una o due takes, poi si fa copia-incolla e tutto suona perfetto. Quando poi devi suonare dal vivo, però, le cose possono anche diventare difficili.
Francesco: Ed è una cosa molto triste da pensare. Ma come vedi il futuro, allora? Il metal non è questo, cazzo, non deve essere così. Era una questione di ribellione, di fierezza, di libertà assoluta, di spontaneità... Patrick: Non ci sarà più niente del genere, credimi. Credo che il metal abbia perso la sua forza e sia rimasto solo un piccolo gruppo di persone come noi a pensarla in questo modo (e se ripenso a quando ascoltavo Malleus Maleficarum a basso volume con mio figlio neonato nella stanza accanto, quel "persone come noi" mi suona davvero pazzesco - NdA) perché molta gente adesso ascolta musica "tecnologica", ipnotizzata ed interessata solo al cambio delle frequenze. E' rimasta solo una manciata di veri gruppi nella scena Punk, una manciata nella scena Metal, ma ci sono miliardi di gruppi là fuori e miliardi di informazioni disponibili, così non c'è nessuna identificazione con loro. Le grandi band come Judas Priest o gli Iron Maiden sono ancora lì, ma quando saranno morte o quando altre grandi band come i Rolling Stones smetteranno di fare musica, cosa succederà? Non ci sono altri gruppi del genere. Ci sono solo molte pop star che stanno generando molta nuova musica fatta a sua volta solo per generare molti soldi per le grandi compagnie, ma non c'è più quella vera. E' un segno dei tempi. Tornando con la mente al periodo in cui ero giovane, io passavo il mio tempo a salire sugli alberi e ci costruivo anche delle casette, andavo a giocare a pallone con gli amici, ora nessuno vuole più farlo e in 10 o 15 anni nessuno saprà più cosa vuole fare in generale. Vogliono solo stare dietro ad uno schermo e sembrano dei robot. In Giappone se tu vai in certi ristoranti sono dei robot che ti servono il tuo cibo. Abbiamo macchine che non hanno più bisogno di essere pilotate e la gente pensa che questa sia la direzione giusta, ma Stephen Hawking ha detto che è meglio stare davvero attenti, perché quando i robot prenderanno il sopravvento sarà la fine della razza umana. Non c'è futuro, stiamo andando verso la peggiore catastrofe e questo è davvero triste, specialmente per i ragazzi più giovani. Ci sono troppe persone al mondo e divise in modo che da un lato c'è un mondo ricco che dipende dalla tecnologia, dall'altro un mondo di poveri che può andare tranquillamente a farsi fottere.
GENTILI FRATTURE Purtroppo, è tempo per Patrick di andare al Meet&Greet e, proprio quando la discussione stava diventando sempre più da matus... si stava facendo più interessante, è necessario interromperla. Almeno due, però, le ulteriori considerazioni da fare. La prima è che ogni volta che ho l'occasione di parlare con musicisti che hanno passato i quarant'anni, le valutazioni che si fanno a margine di quelle più "normali" riguardanti il loro ultimo disco o la loro band sono sempre dello stesso pessimistico tenore (lo vedremo anche in occasione della terza ed ultima intervista riguardante l'Agglutination 2018, che pubblicheremo fra qualche giorno) ed usando più o meno le stesse parole. Solo un normale avvicendarsi tra le generazioni che crea fratture che sono tutto sommato quelle di sempre, o c'è davvero qualcosa di cui preoccuparci? La seconda consiste nel rilevare per l'ennesima volta che i musicisti più importanti e con più storia alle spalle, sono di solito i più disponibili e gentili -con qualche eccezione, naturalmente- nel rispondere alle domande durante le interviste. E questa è una cosa che sarebbe utile fosse tenuta presente da tutti.
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Ogni scelta é legittima, anche vivere su una colonna come gli stiliti o in una botte come Diogene Laerzio. Io cerco di cogliere il meglio da ogni possibilità e Spotify, a 10 euro al mese, mi consente di avere praticamente tutto lo scibile musicale E, cosa non da poco anche per chi, come me, ha superato il migliaio tra cd e vinili, SEMPRE e DOVUNQUE.
Il problema della remunerazione del diritto d'autore esiste e non solo nella musica, é UNO dei nodi del nostro tempo. Quanto poi alla resa sonora...sono un musicista (dilettante) e so bene che é spesso piú un feticcio che una realtà. Quanta fatica per registrare cose inudibili anche dai cani, perse tra mille tracce....non parliamo poi delle follie digitale-analogico... |
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@Sicktadone e invece è solo una questione di case discografiche, che sono proprietarie per sempre delle edizioni che pubblicano a meno che gli artisti non se le ricomprino (vedi Metallica). Comunque ci tengo a precisare una cosa: io non uso socialcosi di nessun tipo (neanche uozzap), ho ancora un vecchio nokia 1100 e posso dire con assoluta sicurezza che anche quelli che dicono di usare poco socialmedia, spotify ecc. in realtà ne sono totalmente dipendenti. Solo chi non usa niente di tutto ciò se ne può rendere conto. |
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Ma che fine avrà fatto il mitico Marco Foddis? |
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Perché non hai visto il fronte |
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Bella la maglietta metallized, peccato non sia nera, mi piacerebbe |
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si sta perdendo la magia della musica...comprare un supporto e sentirlo a casa con un buon hi-fi...molto spesso con mp3 o streaming si perde la qualita'... il computer riproduce la musica con qualita' inferiore e tante sfumature si perdono....anche perché spesso si sente la musica per strada e la musica si confonde con i rumori della citta'... |
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@Niklas, ma vedi... non é che vanno conosciuti i meccanismi, semplicemente Spotify a mio parere come anche di qualcun'altro qui sotto é un ottimo strumento per conoscere musica nuova LEGALMENTE, poi se una cosa davvero ti piace te la compri fisicamente. In realtà é una grande invenzione che non affossa più tanto tutto quanto.
Sui Pestilence e su Spheres non mi esprimo perché avevo solo il Cd di Testimony, venduto poi anni fa quando ho perso interesse nel Death Metal. |
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Io non conosco bene i meccanismi delle case discografiche ma il discorso su Spheres (il mio preferito dei Pestilence) suona strano anche a me: se l'intenzione era slegarsi dall'etichetta, una volta pubblicato il disco avrebbero potuto continuare invece di sciogliersi, finalmente liberi di fare quello che più gli andava di fare... altro dubbio: se Spheres era da contratto l'ultimo album con la roadrunner come si spiega la raccolta del 95 Mind Reflections? C'era in contratto un altro disco o le raccolte non contano? |
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Condivido solo il discorso sugli smartphone, ma su Spotify proprio no.
Come tengo in casa quintalate di CD che compro regolarmente (almeno 3 al mese), Spotify è un bel mezzo per ascoltare, approfondire e scoprire nuovi gruppi, ma se uno non si sa regolare non può essere colpa della piattaforma, ma solamente sua.
Io lo ho e ascolto comunque, più o meno, sempre le stesse cose, di tanto intanto mi addentro alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma la cosa finisce lì.
Comunque sembra che più o meno gli artisti siano contro Spotify o altre piattaforme streaming, bene, perchè allora (Pestilence inclusi) alla fine ci trovi tutti quanti nella ridetta? Ah non rispondetemi che la colpa è la casa discografica perchè un artista ha i propri diritti su quello che crea e non è comunque vincolato a rimanere in un' etichetta che lo "obbliga" a pubblicare il materiale lì dentro.
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Grazie @Raven. Su Spheres intendevo dire che di norma gli artisti che vogliono scappare da un'etichetta, ma hanno ancora obblighi contrattuali da assolvere si limitano a pubblicare album che non comportano uno sforzo creativo. Qui lo sforzo c'è stato eccome sebbene fosse una provocazione rispetto alle aspettative della Roadrunner. |
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@Rob Fleming: no, si è svolta in inglese. Riguardo Spheres, non credo volesse dire che non fosse un buon album, ma solo che non era ciò che la casa discografica si aspettava e che quindi la sua uscita avrebbe anche determinato la fine di un contratto che a loro stava stretto. @Riccardo:assolutamente nulla del genere. E credo che la cosa verrà fuori con chiarezza da un passaggio della prossima intervista che sarà pubblicata. |
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È bello leggere tutte le idee di Raven e Patrick. Comprensibile da parte vostra il "si stava meglio prima", erano i vostri tempi e evidentemente oggi non vi sentite pienamente a vostro agio, ma c'è qualcosa che sta diventando stucchevole da queste parti: "vecchi sapienti col vinile in braccio" vs "giovani ebeti con gli mp3 negli smartphone". |
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A proposito di Spheres...l'ho sempre trovato un grandissimo album ma proprio non mi piace il suono scelto per la chitarra... Ma magari non va solo a me 🤔 |
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X Steelminded... in effetti qualche problema si pone. Però sono attrezzato bene. Per ancora due anni dovrei avere spazio a sufficienza. Poi per pagarmi il culo li divido in generi come gira a me. Giocando a Tetris col sottogeneri e le band alle quali sono più affezionato. I negozi di musica vivono grazie ai banchetti ai concerti. Anzi è proprio lì che si vendono cd e lp. Il Signor Mameli sbaglia. Mi spiace per lui. Vedo concerti sia underground che non da 30 anni. Se il gruppo è bravo anche se sconosciuto almeno una decina di dischi a sera li vende. Se è conosciuto molti di più. |
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Concordo con tutti voi in merito alla bellezza dell'intervista. Aggiungo, alla profondità degli argomenti (su tutti quelli relativi agli smartphone e alla tecnologia affiancata alla musica). Ma quello che mi ha colpito veramente, a me che il death lo ascolto proprio poco poco, è quello che dice di Spheres. Un album "riempitivo" pubblicato per affrancarsi dall'etichetta. Cavolo! Quell'album (top album su Metal Shock mi pare) l'ho anch'io e mi sembra bellissimo altroché! Di solito si pubblica un live o una raccolta, non quello che è divenuto una pietra miliare. Ps: ma l'intervista si è svolta in inglese o uno che si chiama Mameli l'italiano lo parla? |
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Certo, ma secondo me se non li esponi manco ai concerti non li vendi...cosí sembra quasi che non servano e non fai che confermare a chi abusa di spotify e simili che hanno ragione, non condivido l'idea ecco... Magari io sono di un'altra generazione ma al banchetto della band i CD sono la prima cosa che cerco |
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Distinguiamo però tra CD e merch nel suo complesso. Patrick qui ha parlato dei primi, ma non vuol dire che non fosse comunque presente del merch Pestilence. |
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Quella volta che ho preso la casa per vivere "in proprio" l'ho fatto proprio per ospitare la mia collezione di album! Sono daccordo con quasi tutto quello che dice Patrik, però a parer mio se non vendi il tuo album ai fan che vengono a vederti hai già perso...devi credere nella tua musica e nei tuoi fans altrimenti è la fine. Ad esempio un gruppo tipo i Folkstone, tutt'altro genere lo so, campano proprio vendendo mechandising ai loro concerti...e per me è il modo giusto di fare |
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@Tatore: Condivio tutto quello che hai detto!
Ma aggiungo... in realtà l'intrattenimento é un lusso ed é giusto pagare per averlo.
Poi mi va di dire anche un cosa a favore del formato fisico... é sempre meglio avere anche una piccola collezione di dischi (non importa il numero o se siano CD o Vinili) , perché i computer possono rompersi, internet può essere lento o non funzionare determinati giorni, ma i dischi saranno sempre lì pronti ad andare con o senza la connessione |
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Ho letto questa intervista per curiosità, in passato avevo anche il cd di Testimony of the ancients, ma solo quello, quindi non mi sono mai davvero considerato un loro fan....
Detto questo dico che é stata "Dura" leggere alcune risposte perché purtroppo cioé che pensa il buon Patrick é un po quello che penso anch'io, ma forse in maniera leggermente meno pessimistica, soprattutto sulla questione della musica e sul suo consumo.
Nel senso che oggi c'é Spotify e altre piattaforme ok...
In questi ultimi anni si é visto un rinnovato interesse per il Vinile (per molti fa figo ma per tanti altri é un interesse reale), però ultimamente é un successa una cosa che mi ha fatto pensare... di recente pare che sti succedendo una cosa molto simile con i CD, prova ne é anche il fatto che negli ultimi 3 mesi mi é capitato di andare in 4 negozi di dischi in Italia e uno in Spagna che per scelta non tengono più CD... e ogni volta entravano dentro diverse perosone a chiedere proprio i CD.
Da un lato fa piacere, ma da un altro ti chiedi "Ma dove cavolo erano tutte ste persone che oggi cercando i CD 5 anni fa?
Si insomma sono semi-convinto che la gente molto molto lentamente si stia rendendo conto che tutta questa disponibilità in realtà é si comoda ma stufa e non emoziona.
E' un pensiero romantico però l'emozione che ti da avere e ascoltare un disco é la stessa che ti da il comprare e leggere un libro.
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Bella intervista Francé!
Su Spotify già dissi la mia tempo fa e non mi ripeterò.
A me è piaciuta molto di più la parte sugli smartphone, perché sono queste le tecnologie da demonizzare a mio parere.
Ho letto, riguardo Spotify, "basta non esagerare": e che vuol dire? Quanto può far male ascoltare quintalate di musica, anche se non rimane niente?
Quello che secondo me fa male alla società è l'alienazione, e (citando il buon Mameli) chiudersi tutti nel proprio mondo davanti allo schermo del cellulare è il modo più veloce per rimanere soli e non saper più affrontare la vita reale. |
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Galilee dove li metti dischi? Io comincio ad avere qualche problema di spazio. |
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@Galilee: amen, concordo! 😉 |
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Bella intervista. Interessante sapere che per Patrick dischi considerati passi falsi, rappresentino invece qualcosa di molto importante. Sulla questione tecnologia la vedo molto Come lui. Si è vero non è il vino che ubriaca ma è l'uomo che si ubriaca. Però è provato che l'uomo in generale non sa darsi un limite, soprattutto di fronte a tutta questa nuova tecnologia studiata ad arte per non averne. Riguardo a Spotify non so molto. Avevo scaricato l'applicazione ma non la usavo. Io sono old school. Compro dischi come se non ci fosse un domani e lì ascolto. Leggo recensioni e ascolto qualcosa su Youtube. Stop. |
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bella intervista....sono d'accordo su come vede la tecnologia ...amo il vinile e il cd...e non sopporto lo streaming.... |
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Sono d'accordo sul non demonizzare le tecnologie, che sono solo un mezzo. Infatti ho posto la questione in forma interrogativa. Se ne riparlerà a breve in un'altra intervista di prossima pubblicazione. |
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bella intervista e le risposte di patrick sono ai più (anziani) condivisibili,direi solo di non demonizzare il nuovo,ogni generazione ha la sua nuova tecnologia,come lo è stato per noi,toccherà a loro valutare le sue possibilità e ciò che è giusto o meno,non a noi,a noi è gia toccato (sigh)....quello che deve preoccupare è come e con che intenti si svilupperanno queste nuove tecnologie,perchè la loro portata sarà enormemente maggiore di un vinile o di un cd,e siamo solo all'inizio,sputifai passerà,come alla fine passa tutto ma passerà nel momento in cui si creerà qualcosa di nuovo il cui impatto ancora non è prevedibile.Mi sento solo di dire,ragazzi....è tutta una puttanata per fregarvi.occhio. |
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Intervista molto interessante, credo che Francesco abbia colto il nocciolo del problema nella sua quarta domanda, infatti secondo me tutto sta nel tipo di formato che una persona scopre e usa quando inizia ad appassionarsi alla musica, non è una questione di stile o genere, io ad esempio ho iniziato nei primi 90 e sono legato al cd ma ricordo che erano in molti a dire che il cd avrebbe rovinato la musica, che non aveva il fascino del vinile e altre mille difetti... oggi si rimpiange il cd. Quindi, considerato lo sviluppo tecnologico, non faccio fatica ad immaginarmi i giovani di oggi quando, tra una ventina d'anni, si lamenteranno con frasi tipo 'belli i tempi quando c'era Spotify...' oppure 'i cari vecchi mp3 di una volta, quando la musica si scaricava...'. |
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L'evoluzione è stata la "rovina" di tanti gruppi. |
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@Ad Astra: i miei non li ho mai contati, ma sono tanti e lo spazio in camera diventa sempre più risicato..😉 Non rinuncio neppure, ahimè, alle sigarette o alle due birre, ma ho una stima talmente elevata per chi si sbatte per comporre, incidere, registrare, missare ed emozionarmi, tanto che non riesco a starmene con le mani in mano senza andare nel mio negozio di fiducia o ordinare dal sito dell'etichetta. @freedom: il problema non sei te, che da come deduco utilizziamo queste piattaforme allo stesso modo e probabilmente hai mooolti più CD del sottoscritto. Becco su Pitchfork un album indie interessante? Lo ascolto per una settimana e se mi piace, lo compro. Chi mi terrorizza sono le nuove generazioni. Temporalmente parlando, io mi trovo nel mezzo e già verso il 2006/2007 ero una "mosca bianca" (col cavolo che mi definisco "pecora nera"!). Tradotto: mentre tutti cominciavano ad andare in discoteca, io mi sfondavo i timpani con uno dei miei primissimi acquisti, Blood Mountain, uno degli album della vita. Non ho mai potuto condividere la mia passione con nessuno, eccetto con un paio di persone alle superiori e all'università, che in realtà era una condivisione "parziale", ma perlomeno andavo ai concerti con qualcuno. Fortuna c'era Metallized. Non mi spaventa ciò che ascoltano i nati dopo il 2000 (sì, anche quello in realtà), ma COME lo ascoltano. Come ha detto Ad Astra, certi, tanti, troppi elementi non sono al corrente del lavoro che sta alle spalle di un album. Non dico che comprare per "feticismo" sia la soluzione migliore, ma già fare degli acquisti ponderati, ogni tanto, ma farli, sarebbe un gran bel passo in avanti per valorizzare chi lavora in questo ambiente. |
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Ed il sottoscritto che compra ancora 150 dischi all'anno di media si sente un primitivo, guarda i giovani con distacco con la sensazione di quanto superficiali siano. Non mi sento migliore, ma spontaneo e onesto.. Si Patrick ho comprato anche hadeon, perché il supporto alla scena metal è più importante che altre due birre o le sigarette o un sushi orrendo mangiato ad un all you can eat. Prendiamo il prodotto finito, senza pensare che dietro ci son mesi e anni fa i lavoro, di dedizione. Ma sii... Ascoltiamo su supporti digitali che tanto. Chissenefrega. Bella intervuata ad ogni modo e rispetto. |
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Ne approfitto per ricordarvi la presenza nel nostro DB di articoli specifici che hanno affrontato questi argomenti, anche se risalenti a qualche anno fa nel caso della smaterializzazione dei supporti, ed un po' più recenti sul vinile ed argomenti simili. |
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Hai detto bene @Giaxomo. Tutto sta nel soggetto che va ad utilizzare Spotify. Per uno come me, è una grande comodità e anche oserei dire una gran figata. Non uso fare zapping con la musica, quando decido di ascoltare mi metto lì e ascolto sul serio, e con una piattaforma del genere ho la possibilità di avere a portata di mano una quantità di roba enorme. Basta non abusarne. Ma quello credo sia un problema più delle nuove generazioni, nate e cresciute col "tutto e subito". Per noi cresciuti col mito del supporto fisico che sudavi per acquistare e ascoltavi fino alla nausea, la modalità di ascolto credo sia rimasta praticamente la stessa, almeno per me è così. Se becco qualche artista che non conosco, lo salvo tra i preferiti e poi me lo vado ad ascoltare con calma, come ho sempre fatto. Ho la musica sempre con me ovunque io vada e spendo molto meno di quello che spendevo in cd, ed intendo veramente molto meno. Sinceramente la cosa mi aiuta parecchio, considerando che, a differenza di quando avevo 18/25 anni, adesso ho le rate da pagare, le bollette, la casa da ristrutturare e molto meno tempo per andare nei negozi di dischi, visto che faccio due lavori. Insomma, non sarà tutto oro ok, ma nemmeno questo grande Satana che i conservatori ci vogliono vedere a tutti i costi. |
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Su Spotify, sulla digitalizzazione, sulla smaterializzazione dei supporti si potrebbero scrivere biblioteche intere.
É un processo storico in atto che produce numerose mutazioni: chi nasce oggi sentirà ancora (capirà?) il feticismo dell'oggetto fisico libro/disco? La smaterializzazione può essere considerata un bene perché più sostenibile (non genera rifiuti solidi) in un mondo in continua espansione (aumentano i prodotti, aumentano i consumatori...)?
E altre mille mila domande, in particolare sul ruolo della proprietà intellettuale. Insomma sono questioni di una complessità incredibile ed é impossibile rispondere in tre parole (a meno di non banalizzare il tutto in "non c'è più la mezza stagione").
Il mio gusto mi spinge ad acquistare compulsivamente decine di cd e vinili, unitamente all'abbonamento a Spotify...la musica é la mia passione e non ne ho mai abbastanza. In più ho anche il feticismo dell'oggetto fisico, che mi piace possedere e collezionare. Quanti dischi li ho comprati SOLO per la copertina? Veramente tanti. |
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Prossimo passo: intervista davanti a cantiere della metro dopo fuga da casa di cura |
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@Raven: Intervista stupenda, davvero. Io, purtroppo, la penso come Patrick sulla questione "Spotify". Non è tutto oro quel che luccica e vorrei riagganciarmi al discorso che era stato fatto sotto la rece del nuovo AiC, in cui si parlava di qualcosa di simile (vinile sì, vinile no, spotify sì, spotify no, cd sì, cd no). Partiamo da un presupposto: Spotify lo uso 25 ore su 24, ma il giorno in cui Spotify dovesse prendere il sopravvento sui mezzi fisici sarebbe veramente la fine della musica. Spotify dovrebbe essere usato un po' da tutti come "spunto per qualcosa di nuovo", il problema è quando qualcuno si/ci convince del fatto che con qualsiasi mezzo streaming si possa capire a fondo l'artista e l'opera appena ascoltata. Io ho avuto lo stesso problema di cui parla Patrick, poco dopo il boom di Spotify (2013, se non sbaglio). Nel giro di un mese avevo scoperto centinaia di nuove band delle quali non ricordo neanche ora mezza nota e mezzo nome. Il problema di fondo credo risieda nella moderazione/nell'interesse che ha ogni singolo individuo per la musica, perché "piattaforma più veloce" non significa "piattaforma più approfondita". Qui siamo d'accordo tutti, o no? Acquistavo cd prima di Spotify e li ho continuati ad acquistare dopo questa "rivoluzione". L'ultimo è Rainier Fog, per esempio. Perché è solo grazie allo strumento fisico (cd/vinile) che riesco a puntellare nella mia memoria lo stato di un band, le nuove (o vecchie) idee, il proprio messaggio. Con Spotify l'unica cosa che mi rimane impressa è l'artwork enorme sul mio iPad e il gesto di me, che sbavando come un perfetto idiota, scopro nuove band. Lunga vita al CD, al vinile e...al cartaceo! |
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