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28/11/24
𝗠𝗢𝗢𝗢𝗡 + THE BACKDOOR SOCIETY + THE BRIGHTEST ROOM
ARCI BELLEZZA, VIA GIOVANNI BELLEZZA, 16/A - MILANO
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DREAMSHADE + LED BY VAJRA + SUDDEN DEATH + MORE - C.S.O.A. Spartaco, Santa Maria di Capua Vetere (CE), 26/05/2017
30/05/2017 (1818 letture)
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È una tiepida e placida serata primaverile, che io movimento subito per la fretta di arrivare in tempo -taccuino e macchinetta fotografica alla mano- sul luogo del concerto: il centro sociale Spartaco, nel cuore di Santa Maria di Capua Vetere. Il posto non è enorme ma si presterà a ospitare una grande band, con tanta bella gente pronta a supportare. La band in questione è niente poco di meno che la combo elvetica dei Dreamshade, direttamente dal Canton Ticino per la prima volta in terra campana e più in generale nel Sud Italia. È così che da Bari con furore mi appresto ad assistere all’evento. Fautori di questa serata eccezionale sono i ragazzi della Distrake, associazione attiva a Caserta per quanto riguarda l’underground ma che riesce spesso a portare in zona band di un certo calibro. Inoltre questa data organizzata con la collaborazione della Versus Music Project fa parte del mini-tour “Road to Dissonance Fest” (una sorta di warm-up del festival di modern metal che si terrà a Milano i primi di luglio, insomma non roba da poco). Mi appresto ad entrare e a guardarmi intorno quando la prima band sta dando il via alle danze.
SOUTH OF NO NORTH Altra cosa risaputa è quanto sia arduo il compito di aprire un concerto: la gente è ancora poca e disinteressata e non è mai facile accendere la situazione, eppure i nostri ragazzi ci riescono. Forti del loro post-thrash/groove metal cadenzato con sprazzi stoner riescono a titillare i pochi presenti e attirano anche la mia attenzione verso il palchetto, con una performance aggressiva, pulita, stilisticamente netta e forse per questo efficace a primo ascolto. Per la serie, a volte composizioni essenziali ripagano. La mia prima risata della serata è proprio ad opera loro, quando il penultimo pezzo vorrebbe essere dedicato ai vegani dallo scontento singer Giulio che però non ne trova nemmeno uno fra i presenti e non può ufficializzare la sua dedica. A poco a poco il locale si fa più gremito mentre io alzo il pollice bene in alto per questa band e mi accingo a prendere un po' d’aria fuori.
JUMPSCARE Dopo un cambio palco pericolosamente lungo in cui fuori dal locale abbiamo modo di assistere a un’autoctona versione di GTA con tanto di sgommate e testacoda, è il turno dei Jumpscare. I ragazzi partono con un intro che al pari della precedente attesa sembra infinito ma che scordiamo subito quando si voltano verso gli astanti e cominciano per davvero: parliamo di una base hardcore old school che ci ricorda Hatebreed e Terror, misto all’alternative/nu metal e al post-thrash con un retrogusto heavy metal. Uno schiaffo in faccia semplicemente, soprattutto ad opera del singer Lorenzo che nella sua figura minuta pare un’acqua cheta ma in realtà è un maremoto. Da dove esca quello screaming spesso e asperrimo non riesco proprio a capirlo, eppure c’è e nella sua potenza al fulmicotone va a bilanciare i pochi momenti di blando cantato pulito. Insieme a lui i suoi partner si scatenano sul palco, raccontando che il chitarrista è appena uscito dall’ospedale e che il nuovo batterista ha avuto solamente 3 giorni per imparare la setlist. A maggior ragione questi ragazzi stupiscono positivamente. Nella sala la gente comincia a fremere, ma del pogo vero nemmeno l’ombra e io non so decidere se sono più dispiaciuta o sollevata dall’evitare un ennesimo volo con tanto di macchinetta fotografica (per non parlare delle già sperimentate birre volanti). Quello che è certo è che questa band per possanza e impatto si sarebbe meritato un pogo altrettanto massiccio, ma di sicuro si prende gli applausi della sottoscritta e dei presenti.
SUDDEN DEATH Dopo l’ennesimo cambio palco (la cui lunghezza non è imputabile ai ragazzi della Distrake che si danno un gran da fare, ma piuttosto a una serie di problemi tecnici inaspettati) è il turno dei Sudden Death, in trasferta da Roma e pronti a percuoterci con il loro brutal death metal. Questi ragazzi non mi sono assolutamente nuovi e ancora una volta confermano l’idea che mi ero già fatta di loro: una martellata sui denti. Se le prime due band hanno acceso la miccia, sono loro che fanno esplodere l’artiglieria pesante, è arrivato il momento di prendere i parastinchi, i paradenti e i paraorecchi eventualmente perché il loro muro del suono è trapanante e perforante. Un brutal death caustico, ansiogeno e matematico, penalizzato appena dalle distorsioni un po' impastate ma fortunatamente non è una pecca che vada così tanto a cozzare col genere in questione. Batteria implacabile, chitarre dissonanti, la performance è violenta, schiacciante, precisa e incontestabile se non nella sua eccessiva linearità che viene compensata dall’impatto. Il frontman Luis ha uno screaming/growl potentissimo alternato a momenti di pig squeal e la sua capacità di headbanging con tanto di dread lunghissimi fa venire ernie cervicali solo a guardarlo, ma comunque ispira tutta una serie di movimenti convulsi ai presenti: impossibile non scatenarsi e i primi tentativi di moshing si palesano. È sui pezzi finali che io mi allontano per farmi una bella chiacchierata con i Dreamshade, ma nel complesso mi reputo molto soddisfatta dell’esibizione dei Sudden Death che seppur abbastanza decontestualizzati dalla serata a livello stilistico, si guadagnano l’approvazione dei presenti.
LED BY VAJRA I cambio palco non sono il punto forte della serata, ma il soundcheck lunghissimo e accurato dei ragazzi mi fa presumere cose grosse: e presumo bene. Infatti i Led by Vajra (monicker in stile moderno che già proietta la mente su attitudini sperimentali) sono una band che per dirla in poche parole piacerebbe alla Sumerian Records, se sapete cosa intendo. I nostri si preparano mentre viene lanciato l’intro, in sei a mo’ di schieramento riempiono tutto il palco, pronti a stupirci con una sorta di progressive metal core/djent/experimental, condito di suoni digitali, momenti fusion jazz, poliritmie, parti lente alternate con momenti tiratissimi: nel complesso uno stile molto particolare purtroppo in parte penalizzato dall’acustica non ottima nonostante il soundcheck, ma la materia prima è comunque ben evidente. Punta di diamante della formazione i due cantanti, completamente agli antipodi: Mariano uscito dritto dalla nuova scuola americana sia per immagine che per attitudine, con i suoi harsh mette a ferro e fuoco location ed astanti e mi fa rimanere a bocca aperta, mentre Athena è una gothic lady la cui ammaliante presenza scenica e stacco di coscia sono comunque secondi alle ottime capacità canore a metà fra qualcosa come i Lacuna Coil e il prog/djent tanto in voga ultimamente. È evidente che questi ragazzi stanno osando parecchio, ma come si sa la fortuna premia gli audaci e i nostri sono capaci di mixare alla grande le loro varie influenze, prendendo il pubblico ormai aumentato soprattutto nelle parti più estreme, in cui partono moshpit e crowd surfing e anche io mi lascio andare al mosh perché il groove è davvero irresistibile: i giochi di campane del batterista, i breakdown, gli assoli completamente avulsi dalle composizioni ma comunque assennati mandano il cervello in loop e fanno scattare gli astanti. Anche i Led By Vajra sembrano divertirsi sul palco, scatenandosi a tempo con le loro variegate e potentissime canzoni, con lady Athena che incalza i presenti e Mariano che si butta nella mischia fra il pubblico. In conclusione “Vajra” in sanscrito significa “fulmine”: questi ragazzi hanno senza dubbio la carica e la luminescenza della folgore e ci hanno guidato in un momento di musica ricco, sia in potenza che in atmosfere. Bravi ragazzi, ci vediamo alla Sumerian Records.
DREAMSHADE L’hype si fa palpabile mentre il palco viene preparato per gli headliner della serata. Strategicamente mi vado già a posizionare in pole position sotto il palco per avere una visuale completa e un posto da cui fotografare, nel frattempo attendo. Le luci calano, la folla è tutta un fremito e finalmente è arrivato il momento tanto agognato: i Dreamshade salgono sul palco e non si sa come il centro sociale Spartaco assume tutt’altra forma: saranno le luci caleidoscopiche, saranno le basi digitali o semplicemente un carisma che la band porta con sé e che si diffonde ad ampio spettro, da questo momento in poi il palchetto dello Spartaco si trasformerà in un enorme stage di un qualche oper air o del più rinomato ed esclusivo metal club. Questo l’effetto che fin da subito fanno i Dreamshade, che ci allieteranno e intratterranno col loro modern melodic metal, un misto di emotional metal core/death melodico, alternative e nu metal, anche se mettere etichette è davvero difficile e anche superfluo, meglio godersi lo show.
Un’ovazione accoglie i ragazzi svizzeri, che iniziano con It’s Over, pezzo incalzante perfetto per aprire grazie all’attitudine emotional core, le chitarre guizzanti e soprattutto la melodia agrodolce: essa è marchio di fabbrica dei nostri e anticamera dei feelings che proseguiranno per tutto lo show, mandando i presenti in un mood di adrenalina e trasporto. Se It’s Over ci ha fatto emozionare, la successiva e dolcissima Where My Heart Belongs parte in quarta per poi divenire in un ritornello che fa venire i lucciconi, con il pubblico che canta e anche io, perché le canzoni dei Dreamshade sono davvero da cantare a squarciagola, le mani al cielo. Il singer Kevin Calì si cimenta con destrezza e convinzione nei suoi clean vocals armoniosi alternati agli harsh vocals, spalleggiato dagli sbalorditivi controcanti del chitarrista Fernando Di Cicco (detto Fella) e in minor misura anche dal bassista Gian Andrea Costa: insomma se due è meglio di uno, tre è il numero perfetto e questo accostamento/interscambio di voci è senza dubbio uno dei punti forti dei nostri, rendendo tantissimo nel live. Il terzo brano in setlist è niente poco di meno che la nota e emotivamente devastante Consumed Future, pezzo che fa l’inchino al melodic metal core: estratto dal penultimo album che attinge a piene mani a un’aggressività amara e toccante, facendoci già godere di questa alternanza di momenti agrodolci e momenti pesantissimi. La gente si lancia e comincia un pogo scatenato ma rispettoso, quasi come se i presenti volessero sì far casino ma senza perdersi un particolare di ciò che accade sul palco. E sul palco in effetti accadono cose belle: i nostri eseguono una performance precisa, dinamica e adrenalinica seppur lievemente penalizzata dai suoni, infatti le rarissime defaiances saranno riconducibili solo all’acustica non sempre ottimale. Kevin pare addirittura non sentirsi mentre canta ma non per questo si prenderà il lusso di sbagliare una nota. Dal punto di vista tecnico ed espressivo non c’è nulla da dire, fra gli scattanti riff e special di chitarra squisitamente melodici di Fella e Rocco Ghielmini, il supporto delle linee di basso di Gian Andrea e i meticolosi pattern di batteria del drummer Sera Chiommino, che dalle retrovie getta le fondamenta per un incisivo muro del suono. La classe non è acqua e i Dreamshade, intralciati dai suoni o meno, suonano alla grande e anche loro nel frattempo si divertono e si scatenano, con una presenza scenica trascinante e contagiosa (dove spiccano le evoluzioni del singer Kevin e l’headbanging selvaggio del chitarrista Fella, che fra suonare, cantare e dimenarsi dimostra una volta per tutte che il multitasking non è una dote solo femminile come si vorrebbe far credere). Si continua con la opening track di Vibrant, ovvero la poetica ma aggressiva Autumn Leaves, ma è quando Kevin incita i presenti a non smettere di sognare e di non rinunciare mai ai propri sogni, che io già capisco quale sarà il pezzo successivo: Dreamers Don’t Sleep , forse uno dei momenti più segnanti per intensità di tutta la serata, soprattutto sul meraviglioso ritornello che molti cantano a gran voce (me compresa), sicuramente condividendone appieno il significato lirico.
Nelle pause il frontman Kevin ringrazia gli organizzatori, le band di spalla e fomenta i presenti, li invita a supportare sempre la scena, sa come tenere il pubblico fra una canzone e l’altra ma anche durante le canzoni stesse, quando ad esempio scherza lamentandosi di quanto siano difficili da cantare, mentre sotto il palco si avvicendano moshing e crowd surfing. I nostri proseguono con estratti del nuovo album inframmezzando con classici come Photographs, pezzo fra i più attesi che manda in visibilio il pubblico, trascinandoci in un mood di dolce nostalgia; si arriva poi alla brillante Don’t Wanna Go in cui possiamo assaporare l’avanguardia abbracciata dalla band nell’ultimo album e la speranzosa The World in my Hand, che il frontman presenta invitando tutti a mettersi in ginocchio per poi cominciare a saltare e ballare al via del groove irresistibile del pezzo: il coro molto hardcore “WE ARE THE SOLUTION AND WE WILL FOREVER BE!” e il finale digressivo “THE WORLD IS IN OUR HAND” rendono tantissimo live e confermano il tono ottimista del pezzo. Si conclude con un altro classico, Your Voice che ancora una volta ci riporta a metà fra un feeling melodic death metal e emotional metal core. Una chiusura perfetta per una setlist davvero ben ponderata, che non lascia nessuno scontento. Siamo arrivati alla fine, appurando che i Dreamshade hanno il talento musicale ma soprattutto il talento di trasmettere, lo fanno su disco e ci riescono altrettanto bene dal vivo, in maniera spontanea e non pretenziosa, lasciando molti volti felici e una sensazione corroborante che spazia dall’intrattenimento alla pura emozionalità. La loro è stata una splendida performance che lascerà lampanti ricordi positivi in tutti i presenti, me compresa, che torno a casa con la testa risuonante di buona musica e il cuore pieno di buoni sentimenti. Grazie ai ragazzi della Distrake che oltre ad organizzare il bellissimo evento hanno creato la situazione ottimale per un’intervista, ho avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con i Dreamshade.
Valeria di Chiaro: Ciao Ragazzi!! Innanzitutto grazie per la disponibilità! Come sta andando il tour? Che aspettative avete per le prossime date? Fernando: Ciao Valeria, grazie a te!!! Allora, dovremmo annunciare ancora altre date per l’estate, per il momento è andato tutto benissimo, un bel giro di prova in Europa. Kevin: In Inghilterra e in Scozia era la nostra prima volta ed è stato entusiasmante! Stiamo girando in Italia e in Svizzera e nel frattempo stiamo pianificando qualche festival in estate e anche date per l’autunno.
Valeria di Chiaro: Voi avete iniziato come band swedish metal… Kevin: …e siamo finiti a far la mazurca! (ridono tutti)
Valeria di Chiaro: Siete partiti quindi come melodic death metal con una preponderanza old school e il vostro percorso vi ha man mano portato verso la nuova scuola, i suoni digitali , in un certo senso metal core.. mai dimentichi della vecchia attitudine e sempre fedeli a un certo tipo di melodia avete evoluto il vostro genere e vi siete reinventati. Cambio di line up a parte, come e perché è avvenuto questo cambiamento e in che modo siete arrivati a scrivere un album con un gusto così moderno come Vibrant? Kevin: Allora, potremmo passare ore a spiegartelo! È avvenuto in modo davvero naturale, non ci siamo mai detti: “Vogliamo cambiare, il prossimo disco lo facciamo così” .. e più che metal core io direi che ci siamo avvicinati a un attitudine rock, persino pop in certe strutture, diciamo metal core più che altro come attitudine perché suona più moderno, viene facile a tutti definirlo metal core..
Valeria di Chiaro: ...ma non ci sono i breakdown! (ridono) Fernando: Esatto !! Questo è un fattore importantissimo perché è una cosa che noi abbiamo sempre evitato per non essere etichettati: abbiamo sempre avuto questo problema fin dai primi dischi, quando venivamo categorizzati in un genere ma in realtà avevamo già molte altre influenze da tanti altri filoni. E diciamo quando ci etichettavano come melodic death metal a noi non andava bene (ride). Quando è uscito The Gift of Life ci etichettavano come melodic metal core.. e a noi non andava bene! Abbiamo fatto Vibrant per provare a noi stessi soprattutto che potevamo spaziare fra tutte le nostre influenze, che ci vengono naturali, alcune canzoni sono nate così, senza che ci ponessimo dei limiti. Suona moderno perché è stato prodotto e pensato in maniera moderna, tanti lo definiscono metal core, noi preferiamo non mettere etichette. Gian Andrea: Quello anche perché la band ha un attitudine abbastanza positiva, pur ascoltando tanto metal estremo noi tutti siamo più vicini a una band metal core piuttosto che a una band brutal, per immagine e anche per i testi.
Valeria di Chiaro: La mia prossima domanda non a caso parla proprio di questo: i vostri testi sono molto luminosi e positivi, a volte partono come vicende tristi che però si mescolano e tramutano in messaggi di incoraggiamento, di rivalsa, di consapevolezza, di accettazione, sono testi che arrivano all’ascoltatore: qual è in summa il significato lirico, il messaggio di Vibrant? Kevin: i testi parlano tanto di amore, famiglia, di amicizia, del fatto che nella vita possano capitare a tutti delle situazioni tristi e negative ma non per questo tu ti debba far sopraffare o arrenderti. Gian Andrea: Sono storie vere, potrebbero sembrare anche storie inventate ma in realtà sono situazioni che soprattutto Kevin e Fella che scrivono i testi hanno provato sulla loro pelle e quindi è più facile arrivare alla gente per quanto semplice o complicato sia il tema che affronti. Fernando: a volte è difficile trasmetterlo perché sei lì davanti a una cosa che può sembrare un clichè però effettivamente è ciò che tu vuoi esprimere e quindi ti assumi il rischio di dire qualcosa che sembra la solita cosa, ma sai che chi si è davvero trovato in quella situazione può comprendere la tua posizione.
Valeria di Chiaro: La mia prossima domanda riguarda l’artwork di Vibrant, un disegno espressivo e toccante: vorrei sapere la sua intenzione comunicativa, cosa significa e come è riconducibile ai contenuti dell’album? Gian Andrea: Ci fa piacere che tu abbia chiesto! Ci abbiamo lavorato tanto con dei nostri amici artisti, è un artwork esclusivo ad opera di questi ragazzi che si chiamano Newercrew, due writers che fanno pareti in tutto il mondo, sono i migliori dalle nostre parti e conosciuti ovunque. E’ oggettivamente un pezzo d’arte unico, loro hanno disegnato l’artwork appositamente, per questo ci teniamo molto. Fra poco tra l’altro uscirà il vinile, con un altro artwork esclusivo sempre fatto da loro, simile per motivi ma comunque si tratta di un disegno a parte, una sorta di regalo sia per chi vorrà acquistare il vinile che per noi stessi. Il significato è difficile da spiegare, noi abbiamo cercato di descrivere loro quello che per noi doveva rappresentare Vibrant, qualcosa che avesse una vita propria, che vivesse di un’energia propria, è per questo che la palla di cavi aleggia e fluttua, non sai cosa c’è ma sai che c’è qualcosa che la tiene in sospensione e la fa librare in aria: era quello che volevamo rappresentasse Vibrant, che esiste un energia che non sappiamo spiegare neanche noi a parole ma che fa parte della musica. Fernando: E che è molto più grande di ciò che sembra, infatti se hai notato nell’angolo destro c’è una sedia piccolissima, per rendere l’idea della proporzione.
Valeria di Chiaro: L’ho vista, è bellissima. Andiamo avanti, voi venite da Lugano: com’è la scena metal e metal core underground in Svizzera, come siete riusciti a spiccare e ad elevarvi rispetto all’underground? Fernando: la Svizzera è qualcosa di strano (ridono). E’ un posto piccolo ma diviso culturalmente e linguisticamente, di conseguenza non so se si può proprio parlare di scena svizzera. Più che svizzera c’è una forte scena svizzero-tedesca, la parte germanofona è la più grande con molti gruppi metal e metal core, loro hanno una scena nella quale noi in realtà non siamo stati mai davvero, pur avendo ottimi rapporti con le altre band e pur essendo reduci proprio da un tour svizzero che per noi è abbastanza sorprendente, perché non ci è mai capitato di fare un tour completo lì, con le stesse band di spalla e tutto. Gian Andrea: Come band mi vengono in mente Breakdown of Sanity, Eluveitie, ce ne sono sicuramente molte altre valide ma come paese è talmente piccolo che è difficile spiccare, anche a causa delle lingue differenti; noi per il fatto della lingua siamo outsider, non possiamo negarlo: il Canton Ticino , la Svizzera italofona è la più piccolina, quindi per noi è quasi un traguardo avere un riscontro nel resto della Svizzera, possiamo ben dire che non ci sono altri italofoni che ce l’hanno fatta, noi ci siamo riusciti dopo dieci anni di dedizione e impegno. Fernando: Noi siamo stati sempre più fortunati all’estero, perché pur essendo gli unici italofoni che fanno qualcosa del genere, è sempre stato più difficile farsi valere in Svizzera che fuori; perché se tu dici all’estero che vieni dalla Svizzera risulta una gran figata, paradossalmente se lo dici in Svizzera stessa piuttosto c’è diffidenza perché c’è diversità culturale , non ci conosciamo e ci sono davvero le montagne a separarci. Gian Andrea: Della Svizzera di sicuro possiamo dire che ci sono tanti bei concerti e bei locali, ospita tutte le tournèe grosse, un bel posto dove venire ad ascoltare musica e soprattutto la Svizzera ha una grande tradizione di open air, è il paese in Europa con più open air, persino più della Germania! E’ un record, però si tratta di open air molto variegati a livello di genere anche all’interno di uno stesso festival; questa cosa contribuisce a creare una scena di ascoltatori ma non di genere, perché appunto si vanno a toccare molti filoni musicali diversi, non solo metal o metal core etc.
Valeria di Chiaro: Ragazzi , l’ultima domanda, potrà sembrare banale ma occorre farla! Quali sono le band che più vi hanno ispirato fin dall’inizio, musicalmente e testualmente? Sera: In Flames, Killswitch Engage, anche un po' i Children of Bodom, i Soilwork e i Darkest Hour. Fernando: i Darkest Hour soprattutto come valore artistico, i testi, tutto ciò che c’è dietro, il messaggio di “dire la verità”. In realtà inizialmente tutte queste band ci hanno spinto a esplorare il genere, poi ovviamente le influenze sono stata molteplici; per Vibrant non so se veramente ci siamo ispirati a nessuno nell’ambito metal, è un disco un po' fuori dai canoni per la gente che ascolta metal perché è nato senza pensare prettamente al metal, per essere capaci di avere un’impronta come band anche senza fare brani tutti dello stesso genere. Questa era la nostra intenzione, questo volevamo fare con Vibrant.
Ringraziando e congedandomi dai ragazzi, non posso che pensare che la parola Vibrant rende perfettamente l’idea di ciò che i nostri vogliono comunicare: una vibrazione che dalla musica tocca le corde dell’interiorità, si propaga all’esterno e si tramuta in energia, in potenziale e positività, in qualcosa che ha davvero, semplicemente, la “sfumatura di un sogno”.
SETLIST DREAMSHADE 1. It’s Over 2. Where My Hearts Belongs 3. Consumed Future 4. Autumn Leaves 5. Dreamers Don’t Sleep 6. Oceantides 7. Photographs 8. Sleep Alone 9. Sandcastles 10. Don’t Wanna Go 11. The World in My Hand 12. Up All Night 13. Your Voice
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Bellissimo live report, molto interessante. Ci sarà la possibilità di leggere una loro recensione in futuro? |
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ciao Alex ! grazie per la segnalazione, i ragazzi stessi mi avevano già riferito il refuso e provvederemo al piu presto a correggere ! |
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Ciao ragazzi, io i Jumpscare li seguo e sono miei amici , ci sta un piccolo errore , quello che ha imparato i pezi in tre giorni è il secondo chitarrista, non il batterista (che è il fondatore) Grande serata e grazie ! |
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