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22/11/24
BLAINE L. REININGER
SPAZIO WEBO, VIA JURI GAGARIN 161 - PESARO
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ROTTING CHRIST (set old school) + GUEST - Traffic Club, Roma, 05/06/2015
12/06/2015 (2704 letture)
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Ancora provati dalla trasferta Roma-Parma del giorno precedente, in occasione del live dei Portal, trasferta ingerita in un solo sorso ed un po' rimasta indigesta per le condizioni climatiche decisamente inumane all'interno del piccolo Titty Twister e per un'atmosfera di contorno al di sotto delle aspettative (nonostnate i singoli gruppi abbiano, dalla loro parte, assicurato una performance ineccepibile), ci dirigiamo verso il Traffic Club per l'altro attesissimo concerto di questo mese. Quello che vede protagonisti i greci Rotting Christ si preannuncia, infatti, come un live imperdibile, in concomitanza con il tour in cui la band ha deciso di incentrare la propria setlist sui pezzi del loro vecchio repertorio, che va dall'89 al '95, a conti fatti il periodo più prolifico e pioneristico della loro carriera. Rispettati gli orari d'apertura porte, ci dirigiamo all'interno del locale per assistere alla prima band chiamata ad esibirsi.
VORON Aggiunti nel bill a pochi giorni dal concerto, i Voron sono un gruppo romano attivo dal 2010, ma che è rimasto piuttosto in sordina fino a questa sera. In effetti, in questi cinque anni, non mi era mai capitato di incrociarli live e mi avvicino al palco con la curiosità di vedere la loro proposta. Il loro blackned death metal è di chiara ispirazione Behemoth/Hate, con elementi che ricordano anche gli austriaci Belphegor. Curati sotto l'aspetto performativo ed estetico, una volta fatto il loro ingresso in scena, i Voron trasformano il palco in un teatro che mira ad evocare atmosfere ritualistiche, complici due piccoli altari posti ai lati estremi dello stage con relative candele consumate. L'approccio stilistico è molto tecnico e questo a mio avviso toglie un po' l'impatto ai pezzi, che ne avrebbero acquistato con strutture più grezze ed impulsive. Ma del resto è il genere stesso a cui i Voron aderiscono che suggerisce certe dinamiche compositive, che personalmente mi lasciano poco coinvolta, non essendo un'estimatrice del genere, ma che non si può negare siano state ben eseguite. Purtroppo, il gruppo si esibisce davanti a pochissimi astanti, per cui la loro prova viene apprezzata solo da una minoranza, come spesso accade nel destino di chi è rivestito del ruolo di opener.
NERODIA Arriviamo al momento dei Nerodia, tra i quali individuiamo membri che sono decisamente di casa qui al Traffic, complice anche la presenza del chitarrista Marco Montagna, che abbiamo avuto modo di vedere live solo qualche settimana addietro insieme ai Doomraiser, in occasione del concerto degli Angel Witch. Il gruppo sembra molto sicuro di sé sul palco e ci trascina subito col suo thrash arrogante e sporcato da alcune pennellate black metal, sulle quali su tutti si eleva il martellare precisissimo d David Folchitto, attivo come batterista in numerose band capitoline, tra cui gli Stormlord e una delle istituzioni di demenzialità, parolacce e scorrettezza fatta musica per eccellenza quali sono i Prophilax. La performace gode di un pubblico leggermente più numeroso rispetto ai predecessori e la band trasmette carica, riuscendo a smuovere il parterre dalla sua timidezza. Durante il set vengono passati in rassegna pezzi tratti dal full length Heretic Manifesto e dall'ultimo Ep del 2013, Prelude to Misery, ma trovano spazio anche un paio di brani inediti che vengono presentati per la prima davanti ad un pubblico che sembra restare molto soddisfatto dalla loro esibizione.
STIGMHATE Oltrepassiamo i confini della Capitale per arrivare fino a Vicenza con il quartetto degli Stigmhate, che dopo essere stato purtroppo protagonista di un episodio tragico lo scorso anno, che ha visto la scomparsa per suicidio del cantante Marco, ha deciso di proseguire con tenacia nel proprio percorso artistico con i soli Mike (chitarra) e Xerberus (bassista e attualmente vocalist) come membri fissi, coadiuvati dalla presenza live di altri musicisti. Tra questi, riconosciamo Nicola Bianchi, già cantante degli Handful of Hate e da qualche tempo live sessionist alla chitarra. L'impatto è senza dubbio forte: il gruppo, nonostante il difficile trascorso, non sembra abbia lasciato che venisse intaccata una certa solidità in sede concertistica, conducendo una performance molto compatta e dall'incedere epico, a sostegno del loro black metal di derivazione svedese. La temperatura inizia ad alzarsi nella sala del Traffic, che nel frattempo si riempe nell'attesa dell'ingresso degli headliners. Gli Stigmhate, saldamente guidati dalla fisicità imponente del nuovo frontman Xerberus, dopo una pausa di sei anni tra Human Incapacity e The Sun Collapse, sembrano aver ritrovato una soluzione di continuità con l'ultimo Zodacare Od Zodameranu, che li conferma come una realtà interessante, attiva nell'underground dal 1998 ma ancora in grado di offrire qualcosa, come ci hanno dimostrato questa sera.
ROTTING CHRIST L'ingresso dei Rotting Christ fa salire subito a mille l'adrenalina, ma veniamo per un attimo spiazzati nel momento in cui la band ci propone come incipit due pezzi tratti dal loro ultimo Κατά τον δαίμονα εαυτού, per la precisione Χ Ξ Σ (666) e P'unchaw kachun - Tuta kachun. Quando, infatti, sentiamo la litanìa iniziale di 666 è quasi impossibile non intercettare sguardi sorpresi e timorosi che la parentesi dedicata alle ultime, discutibili, esperienze della band si protragga oltremodo. Probabilmente anche il frontman Sakis Tolis si rende conto delle reazioni che suscita e arriva pronto a rassicurarci dello scampato pericolo, annunciando finalmente l'inizio della parte di set oldschool, nonostante l'apertura del live abbia già rivelato un gruppo decisamente in forma nel condurre una performance molto fisica e coinvolgente. Nel percepire l'inizio di The Old Coffin Spirit, tratta dal loro indimenticabile EP Passage to Arcturo, già si iniziano a registrare le prime vittime del glorioso passato e tutti, me compresa, iniziano a perdere il controllo sulle note di quella che è una prima testimonianza di quanto ai tempi (parliamo del 1991) il loro contributo sia stato essenziale per la nascita ed il conseguente affermarsi della scena black metal greca. A cavallo tra melodia, aggressività ed incedere epico, i Rotting Christ hanno mosso i primi passi al fianco di altri gruppi come Necromantia, Varathron, Agatus e Thou Art Lord (che raccolgono sostanzialmente una summa degli artisti delle band-cardine dell'ondata ellenica,tra cui lo stesso Sakis Tolis), tutti gruppi alla loro pari in termini di importanza storica, ma che inevitabilmente sono stati schiacciati dalla notorietà dei loro connazionali molto più famosi. The Old Coffin Spirit viene sfumata ed incorporata alla successiva The Forest of N'Gai, che con le sue tastiere (purtroppo non eseguite dal vivo, ma campionate) porta ai massimi livelli il nostro carico di adrenalina, anche se avremmo di gran lunga preferito l'esecuzione dei due brani per intero, piuttosto che come medley.
The Sign of Evil Existence annuncia l'inizio della parentesi dedicata al full length di debutto Thy Mighty Contract, insieme a Transform All Suffering Into Plagues ed alla bellissima Exiled Archangels, sulle note della quale il trasporto emotivo sfocia quasi nella commozione. Un tuffo all'indietro ci fa torniare, invece, al demo del 1989, Satanas Tedeum, e la pelle rabbrividisce quando, dopo un breve intermezzo, vengono eseguite Feast of the Grand Whore e The Nereid of Esgalduin: un vero e proprio concentrato di blackmetal oldschool, nero e maestoso come solo gli abitanti di Hellas sono stati in grado di donare. Ma c'è spazio anche per l'aggressiva e trascinante cover dei prima citati Thou Art Lord , Societas Satanas, che fa registrare uno dei picchi massimi di pogo tra il parterre, oramai infuocato ed incontrollabile. Dopo gli ultimi pezzi, i Rotting Christ si ritirano nel backstage lasciandoci alle note di un breve intro che fa da colonna sonora al nostro richiamarli a gran voce. E' proprio in questo momento che la band torna sul palco e pone fine in maniera trionfale ad un'impeccabile esibizione con il doppio encore composto da The Fifth Illusion e da quella che attendevamo più di tutte: Non Serviam. Ero consapevole che la titletrack del secondo album avrebbe scatenato delle reazioni smisurate, ma ho avuto la reale percezione della potenza di questo pezzo solo vivendo in prima persona un'accoglienza così infernale, cantando a squarciagola il ritornello, urlo disperato compreso.
La serata volge al termine con un tripudio di ovazione che difficilmente ci farà dimenticare ciò di cui abbiamo fatto esperienza. Il caldo ha reso la nostra partecipazione nettamente più umida e, nonostante alcuni non abbiano apprezzato l'approccio molto fisico ed espansivo del quartetto, in particolar modo del chitarrista George Emmanuel, ho trovato, invece, che il tutto si sia collocato perfettamente all'interno della performace, amplificando la forza trainante che già si prospettava in vista della scaletta speciale. Da un lato la scelta di fare un tour di greatest hits potrebbe essere visto in maniera critica, perché se una band è forzata ad aggrapparsi ai grandi classici per assicurarsi l'appoggio dei fedeli passatisti è indice che qualcosa nel loro presente attuale sia andato storto o che, per lo meno, l'intento di prolungare quei fasti -dai quali tutti noi ci sentiamo pienamente coinvolti, nonostante gli anni- non abbia maturato conseguenze poi così positive. Ciò che è certo è che comunque il live sia stato vissuto con un trasporto talvolta sconvolgente e che legittima di fatto il posto occupato dai Rotting Christ nell'Olimpo dei grandi mousikoí.
Tutte le foto sono a cura della collega Floriana Ausili "RosaVelata".
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Ottime anche i due estratti da Triarchy...King of a stellar war e la devastante Archon....Bel concerto davvero...grande live...scaletta perfetta. |
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Concertone pazzesco dei Rotting Christ...un ora e mezza di grandi classici dell'Hellenic Black...sinceramente dentro di me avevo quasi le lacrime agli occhi nel risentire quei pezzi che tanto ho amato di questa grande band. A me di loro piacciono anche gli ultimi ottimi lavori..ma con Thy mighty contract e Non serviam non c'è storia!! Oltretutto Sakis e company sono delle persone splendide e alla mano. Giù il cappelo...migliore concerto da me visto in questo 2015 insieme ai Moonsorrow. |
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