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HANS RUEDI GIGER - Una vita tra arte, cinema e musica
09/06/2014 (3980 letture)
CHI-COME-DOVE-QUANDO (Brevi Cenni)
Nato nel 1940 a Chur, un piccolo paesino della Svizzera, H.R. Giger ha intrapreso gli studi di Architettura e Industrial Design nella scuola di arti applicate di Zurigo dal 1962 a 1970. Il padre farmaceutico voleva da sempre che il proprio figlio continuasse la tradizione famigliare, ripetendogli che “Il mestiere dell’artista è per quelli senza spina dorsale”. L'istinto artistico, ciononostante, non cessò mai di vivere nella mente del ragazzo: sin da quando era bambino le creature che comparivano durante i suoi sogni ed i suoi incubi venivano portate in vita grazie ai suoi disegni. Il vero inizio, per quella che è da considerarsi una carriera altisonante, può essere riscontrato nella serie Necronomicon, che lo portò ad un’esibizione nel 1972 a Kassel. La stessa venne riproposta nel 1975 allo spazio espositivo Manon; la particolarità di questa esibizione era che lo stesso artista filmava i presenti, documentando l’avvenimento per la creazione del documentario Giger’s Necronomicon; all’ingresso della mostra ogni partecipante aveva l’obbligo di presentarsi con scarpe usurate e maltrattate, per essere più in linea con la scenografia. Poco dopo la chiusura di questa mostra, la prima moglie dell'artista, Li Tobler, cadde in una profonda depressione, uccidendosi infine con un colpo di pistola. Questa tragedia creò parecchio scompiglio nella vita di H.R. Giger il quale, depresso e malinconico, non riuscì a riprendersi se non dopo un lungo periodo, andando a creare nel frattempo alcune delle opere più macabre e cupe della sua intera carriera.
Siamo già al 1976 quando ebbe luogo la collaborazione con Alexandro Jodorowsky, che portò alla creazione del mondo di Harkonnen in quello che sarebbe poi diventato il film di Dune. Questa esperienza fu molto utile per il nostro perché, dopo la pubblicazione del libro-documentario Necronomicon, Ridley Scott lo contattò per lavorare su ciò che poi divenne uno dei più grandi capolavori di entrambi, Alien. Nel Febbraio del 1978 l’accordo era già stato firmato e la concessione per molteplici uscite cinematografiche portò H.R.G. a diventare uno degli avanguardisti dell’epoca, in grado di sbalordire il mondo intero con la sua inumana creatura, lo xenomorfo: nero, viscerale e malvagio. La promozione del film fu talmente stressante che, alla fine del ciclo di interviste e di premiere che si susseguirono in giro per il mondo, H.R.G. manifestò una sorta di "intolleranza" ad Alien. Dopo aver ricevuto acclamazioni, belle parole ed elogi a livello globale, nel 1980 il talento indiscusso dell’artista venne riconosciuto ufficialmente dall’Academy Award: l'artista ricevette infatti il premio per i migliori effetti speciali. Tre anni dopo, visto il successo di Alien, la Twenty Century Fox gli propose un nuovo progetto che avrebbe dovuto chiamarsi The Mirror; tuttavia non se ne fece nulla e H.R.G. iniziò così la serie dei piccoli lavori formato di 34x48 che costituirono la prima, reale fonte di prospettiva all’interno dei suoi lavori.
Il 1985 fu l’anno del contratto per la collaborazione sul film Poltergeist II dove Hansi offrì solamente le sue idee e i consigli per portare alla realizzazione di quello che sarebbe diventato un box-office. Anche se il successo del film fu di livello planetario, egli non si sentì soddisfatto in quanto i consigli e le idee che aveva fornito non erano stati recepiti in maniera corretta. Ad oggi, guardando la pellicola, non si riescono infatti ad individuare molte delle idee fornite dall’artista svizzero. La sorte si risollevò in seguito, poiché nel 1990 giunse il momento di pensare ad Alien III (Alien II non vide la collaborazione di H.R.G., impegnato in quel periodo per le idee concettuali di Poltergeist II): per l'occasione venne eseguito anche un documentario che parlava della creazione dei due alieni e di come vennero le idee. L’anno 1992 portò invece alla costruzione del Giger’s Bar a Kalchbühl Center, Chur, sede attuale della struttura. L’evento fu di rilevanza mondiale e all’inaugurazione presenziarono amici e collaboratori storici. Il locale divenne un luogo di culto dove una semplice bevuta poteva trasformarsi in una vera esperienza. Nel corso degli anni Novanta l’esperienza artistica divenne più affine alle sole mostre e non consegnò più ai posteri dei capolavori nell’ambito della cinematografia o delle arti applicate. Le continue mostre in Europa e le apparizioni a convegni costituirono una conferma della fama di Giger. Le collaborazioni per film e documentari in seguito si riaffermarono prolificamente, ma ebbero sempre un ruolo secondario rispetto agli anni passati, destinate a "rimanere nelle retrovie". Nel 2002 venne inaugurata la prima collezione di gioielli firmati dall’autore con il nome di H.R. Giger Museum Jewelry, la cui anteprima venne presentata alla Fuse Gallery di New York. Nel 2005 l’Ibanez presentò la signature guitar firmata dall’artista, recante un design futuristico adattato ad una classica chitarra: sicuramente un caso in cui l’impatto visivo è maggiore rispetto a quello sonoro.
Queste sono le nozioni base per comprendere la storia di un’artista che, grazie ad un’istrionica creatività, realizzò molti dei manufatti moderni più appariscenti e "scientifici". Ora possiamo proseguire.

MUSICA & BIOTECNOLOGIA APPLICATA
Il perché siamo a parlare di H.R.G. su questo portale è presto detto: cover artwork. Molti di voi conosceranno il legame decennale tra l’artista e il mastermind di Hellhammer/CelticFrost/ Triptykon T.G. Fisher. Il rapporto che ha tenuto legati questi uomini è andato ben oltre la collaborazione artistica: si può parlare di amicizia empatica, viste le molteplici occasioni che hanno confermato salda la loro unione. Per scherzo, nel 1985, il giovane musicista scrisse a Giger per una collaborazione, non aspettandosi nulla di diverso da un rifiuto; sempre (quasi) per scherzo, i ragazzi presero la volontà da parte di Giger di collaborare, con tanto di espressione di stima e apprezzamento verso la loro musica. In tutto questo, comunque, non ci volle molto a creare I, Satan, una delle copertine più famose e riuscite della storia del metal. Geniale l'utilizzo della croce come una fionda ed il diavolo grande quanto un titano che guarda maligno l'astante con l’intentoo di uccidere ogni essere vivente di fronte ad esso. Scioccante e d’impatto, blasfema quanto basta per diventare un’icona mondiale. Questo è l’esempio perfetto per comprendere quanto forte fosse la passione per la musica "occulta" dell’artista svizzero. Facciamo però un passo indietro.
Già dal 1969 le cover di H.R.G. iniziavano a circolare (la prima assoluta fu composta per i The Shiver) e, nel 1973, l'artista ebbe la prima grande occasione quando gli Emerson Lake & Palmer commissionarono la grafica per quello che sarebbe diventato uno dei loro album di maggior successo, Brain Salad Surgery. Molto probabilmente la vita lavorativa del padre portò H.R.G. a molteplici interessi verso il corpo umano, vera ossessione negli anni più maturi, specialmente il corpo umano straziato e indistinguibile in perverse, grigie e malfatte pose . L’artwork di Brain Salad Surgery è composto di due parti: l’esterno con il teschio e le porte meccaniche che lasciano intravedere un aurea celestiale; l’interno è invece il volto di una musa ad occhi chiusi che con i suoi capelli a spira ricorda il mondo dell’aldilà, regalando serenità contrastante con l’immagine mortuaria che l’ha preceduta. Ognuna di queste due immagini è stata creata ad hoc per l’album con acrilico e carta spessorata. Un altro lungimirante esempio della sua creatività è riscontrabile nella cover per Debby Harry dell’album KooKoo: quest’opera dell’artista è oggi collocata alla venticinquesima posizione dei migliori artwork della storia della musica (se classifiche del genere siano attendibili o meno è soggettivo N.d.R.). La particolarità è l’utilizzo di una grafica che riesce a miscelare alla perfezione punk sci-fi e medicina: lo scalpore fu talmente elevato a livello commerciale che l’idea iniziale per la promozione (cartelloni giganti lungo le metropolitane di Londra) venne abbandonata a favore di video musicali. Come prevedibile, entrambi i cortometraggi furono diretti da H.R.G. su volontà della cantate.
Molteplici, dopo, furono le collaborazioni con artisti dei generi più disparati. Possiamo ricordarne alcune indimenticabili quanto ad impatto visivo: How God Kills, l’album di Danzig uscito nel1992 con un risultato commerciale mai più raggiunto in seguito, portava come cover l’opera Meister und Margheritha, leggermente modificata per regalare una visibilità maggiore al volto e al metaforico pene eretto serpentino. Venne impiegato un avviso a causa dei forti contenuti profani all’uscita, ma il tutto giocava intorno alla cover stessa, essendo i testi dell’album privo di ogni qualsivoglia blasfemia. Ciò può essere visto come un messaggio, come un avvertimento nei confronti del’artista, che in quel periodo era sulla cresta dell’onda, che ci fa comprendere quanto oltre si spingesse e quanto poca fosse la tolleranza nei suoi confronti da parte del cosiddetto mondo civilizzato. L’anno dopo usci quel capolavoro targato Carcass che tutti conosciamo e abbiamo ascoltato almeno una volta: Heartwork è un manifesto ancora oggi e la controversa rappresentazione del simbolo di pace con la flebo attaccata aveva l’impatto che tutti cercavano. Life Support 1993 è una scultura rielaborata, originariamente realizzata trent’anni prima a livello prettamente materico, che solamente all’uscita dell’album venne presa ed elaborata graficamente per donarle quell’aspetto che oggi noi tutti conosciamo. Vengono in mente le parole di Jeff Walker quando cercò di spiegare la scelta effettuata: "E’ un gioco di contrasti, come la mia vita. Sapevo benissimo che avrebbe sconvolto un po’ il simbolo della pace su una nostra cover, ma devi andare oltre la semplice visualizzazione. Penso possa essere visto anche in maniera negativa e se si leggono i testi della canzone questo può venire alla mente". Ennesimo esempio di come H.R.G. unisse e dividesse il pubblico portando a molteplici letture dei propri lavori, soprattutto all’interno dell’ambito metal, dove non sempre il giusto viene accostato al male e viceversa. Chiudiamo la carrellata delle cover del passato con una minimale e silenziosa operata chiamata Hommage and S Becket I, utilizzata sull’album dei tedeschi Atrocity intitolato Hallucinations. La volontà dei musicisti in questo caso era quella di unire un death vecchia scuola brutale e grezzo con stilemi classici e operistici, il tutto con testi riguardanti droghe e allucinazioni. Il disegno, come si può notare, è un’unione tra le metamorfosi umane di Dali e il mondo biotecnologico dello svizzero.
Facciamo ora un salto di 20 anni: siamo nel 2010 e la terza creatura del geniale T.G. Fisher usciva allo scoperto con un’ opera melanconica, notturna e sofferente, a tratti indemoniata, che necessitava della giusta grafica. Come già detto, negli anni i due artisti svizzeri divennero buoni amici, frequentandosi moltissimo e costruendo stretti legami che difficilmente si potrebbero immaginare, viste le nature cupe e intolleranti dei due. Eparistera Daimones (sulla mia sinistra i demoni) è la volontà di due amici di condividere un progetto che non solo porta la musica precedentemente realizzata con i Celtic Frost ad un livello successivo, ma è anche l’unione di molteplici intenti. Fisher chiese timidamente se ci sarebbe stata la possibilità di poter ottenere un disegno che rappresentasse al meglio l’identità del disco, conscio dell’abbandono dalle scene e della volontà da parte di Hansi di rimanere nascosto: il musicista non riuscì a credere alla risposta positiva che successivaente arrivò. H.R.G. commentò: "Sono moltissimi anni che non vedo una copertina di una album con una mia opera e credo sia arrivato il momento giusto per tornare sulla scena; sono veramente contento che Thomas abbia scelto nuovamente me. Credo che la musica qui dentro, combinate con l’artwork, sia in perfetta sintonia: non è un lavoro solamente musicale, ma un progetto che abbraccia molteplici arti". Vlad Tepes è un’opera del 1978 di 200x140 cm su carte e legno: la distorta visione viene manifestata attraverso una corona di chiodi, una croce portata a braccetto da due elementi oscuri ed impreziosita da figure femminili con volontà sessuali ben precise e messaggi subliminali. L’intento era di voler dar luce non tanto alla creatura del conte della Carpazia, ma di rendere le paura e le insane visioni che potevano essere evocate all’incontro con quest’ultimo. Da segnalare la collaborazione con Vincent Castiglia per i ritratti all’interno del booklet.
Poche settimane fa usciva Melana Chasmata (Nere, profonde vallate), nuovo disco dei Triptykon recante, come prevedibile, un’altra opera firmata H.R.G. mostrata al mondo dopo moltissimi anni. L’artista aveva chiesto espressamente di poter fornire una nuova cover a sorpresa mentre il gruppo si stava preparando a ragionare su cosa fare per l’aspetto grafico. Mordor VII è realizzata aerografo, carta e legno e, come sempre, è stata fornita in esclusiva per l’amico; a livello di titoli, si può evincere che il legame tra quello del disco (che deriva dal gergo astronomico che contraddistingue alcune profondità dello spazio assoluto) e quello dell’opera, che porta alla mente Tolkien, sia molto sottile; sono invece le musiche a tenere uniti i due pilastri, le atmosfere e le visioni di nero che portano con sé molto del disagio delle vite degli artisti.

LA CADUTA
Tragica è stata la fine di H.R.G., caduto malamente in casa in circostanze ancora poco chiare. Sicuramente si tratta di un grave lutto per il mondo del’arte e non solo, data la sua vita ricolma di successi. Morto mentre la promozione del nuovo album dei Triptykon era in atto, il mastermind degli svizzeri ha preferito annullare la partecipazione ad alcuni concerti per la preparazione del funerale del suo amico.
Lavorava da solo, nel mondo di cui solo lui aveva le chiavi e nessun’altro; le notti lunghe e i giorni infiniti erano colmati da opere di dolore, di sofferenza e la monocromia, caratteristiche che l’hanno contraddistinto per l’intera vita e che pervadono anche noi dopo la sua perdita. Certamente il Museo, il Bar e le sue opere in primo luogo sono la testimonianza che egli non potrà mai essere dimenticato, ma questo articolo è un nostro ulteriore omaggio, senza nessun fine se non questa semplice frase: "Grazie H.R.G.".


Sono sempre stato interessato al mistero, all’oscuro ed ai significati più profondi di un’opera d’arte. Mi sono sempre chiesto perché essa è uscita in questa maniera e non in un’altra e se penso ai miei dipinti a volte mi sorprendo. È strano vedere le mie idee realizzate nella realtà e il fatto che in molti ci vedano depressione e pessimismo mentre io non lo faccia credo possa essere sintomo di una percezione della realtà differente.
Hans Ruedi Giger (5/2/1940 – 12/5/2014)



KIA
Venerdì 11 Luglio 2014, 11.30.35
7
uno dei miei artisti preferiti, grazie per aver speso parole su questo grande e incompreso artista, come spesso succede ai grandi gli onori arrivano sempre dopo la loro scomparsa
Theo
Martedì 10 Giugno 2014, 21.19.43
6
Bellissimo articolo, complimenti in primis per il pensiero non da tutti. Da parte mia posso dire ancora grande perdita, uno degli artisti che più ha dato immagine a questa musica... Immenso.
pest
Martedì 10 Giugno 2014, 19.35.47
5
artista unico r.i.p
Delirious Nomad
Martedì 10 Giugno 2014, 16.56.50
4
Uno degli artisti più visionari del secondo Novecento, ha creato capolavori di follia e terrore, ma anche di bellezza. Conosco molto bene il museo e il Giger Bar di Gruyères, sono omaggi dovuti e molto ben riusciti a questo grande artista. Splendido articolo, Ad Astra.
tartu
Martedì 10 Giugno 2014, 9.03.28
3
artista unico, sono rimasto basito....
Aelfwine
Martedì 10 Giugno 2014, 3.19.05
2
Un bell'articolo per onorare la memoria di un artista di tale portata, che si è affacciato anche al mondo del metal con risultati fantastici. Ci mancherà davvero.
Aelfwine
Martedì 10 Giugno 2014, 3.19.04
1
Un bell'articolo per onorare la memoria di un artista di tale portata, che si è affacciato anche al mondo del metal con risultati fantastici. Ci mancherà davvero.
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09/06/2014
Articolo
HANS RUEDI GIGER
Una vita tra arte, cinema e musica
 
 
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