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17/01/25
SRL + LOCULO + VOX INFERI + NECROFILI
CLUB HOUSE FREEDOM, VIA DI BRAVA 132 - ROMA
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BEHEMOTH + IN SOLITUDE + INQUISITION + SVARTTJERN - Zona Roveri, Bologna, 20/02/2014
25/02/2014 (3757 letture)
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Era doverosa la programmazione di uno show Italiano, nonostante ci sia voluto un po’ per farlo comprendere ai promoter nel bel paese. L’iniziale annuncio di qualche mese fa del tour che avrebbe visto Behemoth e Cradle of Filth in veste di co-headliner, facendo tappa in tutta Europa, ma non in Italia, aveva scontentato più di qualche fan. Solamente con qualche settimana di distacco ecco emergere dal nulla nel programma la data bolognese, ma decurtata dei vampiri inglesi. Nonostante quest’assenza ingiustificata, la sera del venti febbraio il resto della carovana è ben presente ai propri posti, dopo una cavalcata di 900 km direttamente dal Lussemburgo. Si poteva temere una serata fiacca e con le palpebre spente a causa della lunga trasversata, ma ogni musicista presente è pronto a fare il proprio dovere. Già dalle 19:40 di fonte al locale una folla attende sotto la pioggia scosciante l’ingresso, in ritardo inspiegabilmente sulla tabella di marcia di oltre 40 minuti. Il locale che, al limite della sua capienza, ha sempre offerto una resa sonora con i contro fiocchi, questa sera non si dimostra da meno, vediamo insieme come è andata passo passo.
SVARTTJERN Per inziare bene la serata tocca agli Svarttjern rompere il ghiaccio. I norvegesi, consci della propria posizione in scaletta e con un minutaggio alquanto risicato (saranno poco più di venti i minuti a loro disposizione) offrono una prestazione tutt’altro che memorabile. La loro musica è basilare, prevedibile e a tratti monocorde,anzi, monotona. Pur riuscendo a incitare bene il pubblico, le canzoni non hanno un grande piglio tra i presenti, che vagano come anime in cerca della luce divina, una birra ed una maglietta ricordo. Da sottolineare il fatto che mentre gli Svarttjern suonano metà della gente è ancora fuori sotto l’acqua, unica pecca nell’organizzazione. L’impatto sonoro è buono, su questo non c’è nulla da obiettare anche grazie alle risapute potenzialità del locale, si sente la vecchia scuola, quelle personalità che ancora credono nel Trve Norwegian Black Fucking Metal che resistono nei boschi scandinavi, peccato che la loro parvenza sia tutto tranne che grim e frostbitten. L’ipervelocità a cui si affidano è figlia della violenza e non della ragione, per cui risulta fine a se stessa, peccato perché sotto un’angolazione diversa le potenzialità ci sono tutte. Come nulla fosse successo, in quattro e quattr’otto i nostri chiudono baracca e burattini, scivola via un quarto di concerto come niente fosse stato e siamo pronti a gustare qualcosa di più succulento. Venghino signori, venghino.
INQUISITION I colombiani, forti un ottimo nuovo disco quale Obscure Verses for the Mulverse, si presentano sul palco senza salutare e senza proclami. Una batteria, una chitarra e chiusa qui. Niente di nuovo sotto il sole, si sa che il nocciolo compositivo formato da Dagon e Incubus è forte come la roccia, difficilmente, anzi utopicamente, questo duo verrà scalfito o impregnato di altro sangue. Meritano rispetto sotto sia il livello umano che quello artistico, che gli viene tributato da una folla che conosce i pezzi ed intona con loro ogni verso, il pogo parte senza chiedere permesso, è spontaneo perché la ferocia dei loro brani non può che non creare odio ed intolleranza. La setlist viaggia veloce e senza fronzoli, pochissime parole se non i titoli dei brani -in certi istanti davvero incomprensibili dato il tono vocale scelto- ed una violenza inaudita; tracce come Forces of the Floating Tomb, Astral Path to Supreme Majesties e Crush of the Jewish Prophet vengono riproposte tale e quali al disco. Ovviamente la resa complessiva sarebbe migliore con bassista e chitarrista in più, certi suoni non riescono a trafiggere se non supportati adeguatamente, ma chi si accontenta gode e nei quaranta minuti proposti la goduria è servita su un piatto d’argento. La voce di Dagon è robotica, fredda e sempre più ricorda quella del miglior Abbath dei tempi che furono, Incubus è spietato e letale maltratta il suo set di piatti tra un anticristo e l’altro fatto con le bacchette, è semplicemente il trionfo della vecchia scuola riproposta con la produzione moderna. Non c’è molto altro da aggiungere, hanno regalato emozioni e meritano di essere visti da headlilner quanto prima possibile. All Hail to Inquisition!
IN SOLITUDE Gli In Solitude devono ancora salire sul palco, ma già per la sala si mormora che il giovanissimo quintetto svedese sia stato voluto personalmente da Nergal nel bill di questo tour, e le aspettative per l’esibizione sono piuttosto alte. Unica band heavy nel roster che, nonostante l’eta media dei componenti sfiori a stento al quarto di secolo, ha già tre uscite alle spalle ed il merito di aver smosso numerosi nostalgici della NWOBHM con l’ultima fatica Sister. Nonostante il genere c’entri come i cavoli a merenda con il resto della serata e una fetta del pubblico prenda quest’esibizione come un’ottima occasione per visitare i banchetti del merch o andare a prendere una boccata d’aria, va riconosciuto che sul palco il quintetto ci sa fare e i suoni dal vivo riescono ad arricchirsi in frequenze, risultando in una miscela corroborante. L’ottima performance strumentale, specialmente nel caso degli axemen e del batterista, dimostra che abbiamo a che fare con dei professionisti, che suonano con passione e dedizione. Seppure inizialmente l’attitudine on stage non sia delle migliori ed i nostri soffrano di una certa staticità, soprattutto il frontman Pelle Åhman che appare perso in una sua dimensione e fatica ad interagire con il pubblico, di brano in brano l’attitudine algida si scioglie e tutti i musicisti cominciano a muoversi ed incalzare i presenti. Gli incensi, piazzati strategicamente vicino ai fusti della batteria, diffondono la loro fragranza e l’impressione di assistere ad un deviato rituale si fa via via più forte: pur suonando heavy, gli In Solitude sfruttano melodie psichedeliche (vedasi Lavender e A Buried Sun) e non fanno mistero della propria passione per l’occulto, riuscendo infine a creare un’atmosfera mistica che ben si adatta ad aprire l’esibizione dei Behemoth, vista la grande assenza per questa data (annunciata fin da subito, a scanso di equivoci) dei vampiri guidati da Dani Filth, che hanno preferito un day off ai palchi italiani. Poco male, l’energica setlist (che pesca quasi esclusivamente da Sister) offre una mezz’ora abbondante di divertimento e permette anche di spezzare la monotematicità della serata, riuscendo a lasciare un’impressione positiva a diversi dei presenti.
SETLIST IN SOLITUDE: 1. Death Knows Where 2. Lavender 3. Horses in the Ground 4. A Buried Sun 5. Sister 6. Witches Sabbath
BEHEMOTH Due anni, settecentotrenta giorni precisi sono passati dall’ultimo concerto Italiano dei Polacchi; visto e considerato l’anno bisestile, sembra quasi una coincidenza. Era il 21 Febbraio del 2012 quando per il Phoenix Rising Tour all’Estragon avevano fatto piazza pulita, tanta la voglia e la curiosità di comprendere se qualcosa era cambiato, se il nuovo e coraggioso The Satanist avrebbe tenuto il confronto con la passata produzione. Il cambio palco, con la scenografia riaggiornata, ed implementata offre una chance in più di confermare o smentire se il fenomeno Behemoth è solo frutto della spinta dei media oppure no. Le luci si abbassano, l’audience urla e gli smartphones iniziano ad immortalare l’ingresso sul palco dei quattro; Inferno prende posto in galleria -la postazione è a circa un metro e mezzo d’altezza rispetto al palco- e subito dopo Seth e Orion salgono le scale del palco e di spalle attendono l’ingresso del reverendo Nergal, che si presenta sul palco impugnando due torce. I quattro sono vestiti di tutto punto con gli abiti di scena rinnovati, come tradizione vuole ad ogni nuovo concepimento discografico, che sono molto più sobri rispetto al passato (senza maschere o ingranaggi vari, solamente avvolti da una tunica nera) ed aprono le danze con il nuovo singolo, quella Blow Your Trumphets Gabriel che ha lasciato parlare molto di sé. La partenza offro subito modo di saggiare l’ottima resa sonora del locale, forse le sovraincisioni e gli arrangiamenti orchestrali proposti sul platter originale perdono un poco, questo è indubbio, ma a prevalere su tutto è sicuramente un’ottimale qualità audio che riesce, far comprendere ogni singola nota e ruggito. Si prosegue con The Satanist, tocca infatti a Ora Pro Nobis Lucifer, che si dimostra valida sotto ogni aspetto e miete vittime: il pogo non si ferma ed è uno spasso vedere i gomiti alti che si mischiano a sorrisi di circostanza. I quatto sono carichi, sono animali da palcoscenico e mai han negato di trovarsi meglio a confronto col pubblico rispetto all’esperienza da studio: Inferno è una macchina da guerra, a volte sembra quasi incomprensibile quanto vada veloce e quante siano le note che riesce a frantumare in pochissimi secondi, Orion dal canto suo, imponente come un armadio a sei ante, attira l’attenzione da parte del pubblico prendendo a pugni il proprio strumento. Già col nuovo disco si è vista una maggiore propensione all’interazione con il mastermind, che in quest’occasione viene nuovamente confermata, le backing vocals e vari giri di basso solisti che vengono offerti sono ottimamente eseguiti e per una volta tanto non si vede un bassista statico ed insofferente in un angolo. Seth, il rinnegato, colui che non farà mai parte della line-up ufficiale pur essendo parte dei Behemoth da dieci anni, è sotto osservazione ad ogni assolo, crea attimi di brivido e si vede palesemente come Nergal abbia voluto lasciargli spazio, ampiamente meritato visto che gli assoli da lui composti non risultano inferiori in nulla a quelli del frontman. Andando avanti con la setlist c’è tempo per riscoprire vecchi classici quali Decade ov Therion, Conquer All, As Above, So Below tutte studiate in base alle nuove tecniche compositive ed ai nuovi standard sonori. C’è infatti un’inspessimento del suono e questo a va a giovare ai brani, la mai dimenticata Christians to the Lions scatena il delirio in sala, inaspettata e poco incline a compiacimenti, è stata una delle canzoni più apprezzate della serata. La sorpresa viene offerta dalla riproposizione di un vecchissimo brano, Hidden in a Fog presente nel primordiale Sventevith (Storming Near the Baltic), che riprende vita e assume tutt’altro aspetto, splendida ed impossibile da cantare. Questa scelta è ottimale perché lascia comprendere l’intera evoluzione del gruppo, che non ha mai rinnegato il propri passato. Tocca poi ad un piccolo break, durante il quale Nergal fuoriesce con il turibolo ed incensa la folla prima di eseguire la titletrack dell’ultima fatica. Forse la traccia più interlocutoria si lascia apprezzare maggiormente con il suo riff di pura matrice heavy e potente come non mai, ottima scelta di chiaroscuri. Si prosegue con i classici, fino alla fine quando un finto saluto porta la band ad uscire dal palco. Come di consueto, cominciano le acclamazioni e le richieste di tornare fuori ed i polacchi escono a concludere lo show con la splendida O Father O Satan O Sun, ultima non sono dello show, ma anche di The Satanist, come a chiudere un cerchio. Questa traccia vede un ennesimo cambio di faccia perché nell’ultima parte, quella del monologo i quattro si nascondono dietro le maschere nere cornute (le stesse del video di Blow Your Trumpets Gabriel) e suonano i riff sino a dileguarsi nel nulla. Chiusura da incorniciare. Bisogna ammettere che a livello di impatto i Behemoth sanno decisamente come farsi notare, puntando certamente molto sull’aspetto scenografico, ma che volete farci, prendere o lasciare. Di sicuro se questi sono i presupposti, certo continueremo a vederne delle belle in futuro.
SETLIST BEHEMOTH: 1. Blow Your Trumpets Gabriel 2. Ora Pro Nobis Lucifer 3. Conquer All 4. Decade of Therion 5. As Above So Below 6. Slaves Shall Serve 7. Christians to the Lions 8. Hidden in a Fog 9. The Satanist 10. Ov Fire and the Void 11. Furor Divinus 12. Alas, Lord Is Upon Me 13. At the Left Hand ov God 14. Chant for Eschaton 2000 15. O Father O Satan O Sun!
A PRESTO Seppur il tour, come già scritto, fosse carente di un gruppo, la scorpacciata c’è stata lo stesso. Il prezzo d’ingresso potevava variare dai 25 ai 30 e passa in base alla scelta d’acquisto effettuata, ma sono stati soldi ben spesi visti i nomi in gioco, peccato solo aver dovuto fare una doccia fredda non prevista per il ritardo nell’apertura dei cancelli. Musicalmente parlando, anche se gli In Solitude son risultati troppo decontestualizzati in complesso si può parlare di una promozione pressoché totale, l’unica pecca è aver voluto iniziare a suonare con metà del pubblico fuori, ecco perché molti si sono persi gli Svarttjern, che avrebbero meritato di essere visti da tutti. Si torna a casa, si torna con la certezza che domani il mal di collo ed un acciacco in più si faranno sentire, ma questo è il prezzo da pagare. Mi resta solamente da dire: a presto, per un altro venturo ricordo, per un’altra sfida a dadi con la morte. Viva arte! Viva Blasfemia!
Introduzione, report di Svarttjern, Inquisition e Behemoth e conclusione a cura di Andrea Poletti”Ad Astra”, report di In Solitude a cura di Giovanni Perin “GioMasteR”. Tutte le foto a cura di Floriana Ausili “RosaVelata”.
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6
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anche se con un lieve ritardo son on line le foto del concerto... molto evocative!!! |
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5
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Bella serata, buona performance dei Behemoth, ottimi suoni e ottima affluenza. Ce ne fossero di show cosi'! |
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mi sarebbe piaciuto esserci, peccato |
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3
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Pr fortuna i suoni erano più che buoni, perché l'organizzazione del locale ha fatto davvero cacare. In tutto e per tutto. |
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2
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Infatti sono proprio stati trattati male gli Inquisition... |
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INQUISITION...."chi si accontenta gode???".....quanta pazienza ci vuole a leggere certe dichiarazioni!!!!!! |
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