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FLESHGOD APOCALYPSE - La genesi di 'Agony' ed alcune curiosità...
10/08/2011 (6171 letture)
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Alla vigilia della pubblicazione del loro secondo album in studio abbiamo raggiunto telefonicamente i Fleshgod Apocalypse, nella persona di Tommaso Riccardi, voce e chitarra del gruppo. Una chiacchierata molto piacevole e ricca di spunti.
Nagash: Quali sono le vostre sensazioni alla vigilia, lunga, della realese del vostro nuovo disco?
Tommaso: Le sensazioni sono positive! Da parte nostra le sensazioni sono decisamente buone!
Nagash: Pensate possa essere il disco del definitivo salto di qualità?
Tommaso: Secondo me sì! Il lavoro che c’è stato dietro al disco è stato. Per noi Agony rappresenta sia un punto d’arrivo, che un punto d’inizio. Un punto d’arrivo perché questo disco è esattamente ciò che noi volevamo suonare quando è nata l’idea Fleshgod Apocalypse. Chiunque abbia sentito il nostro Promo del 2007 poteva rendersi conto che già allora la direzione era questa. Un punto d’inizio perché comunque da questo è nostra intenzione evolvere e scrivere grande musica!
Nagash: Agony è il vostro primo disco per una delle label più importanti del settore, quanto è importante, per voi, l’essere giunti dopo relativamente pochi anni di vita dei Fleshgod Apocalypse ad un deal di questo genere?
Tommaso: Quello con la Nuclear Blast è un deal importante e devo dire che, per quanto si possa dire sulle presunte imposizioni che una grossa indie come è Nuclear Blast faccia, queste sono solo dicerie. La label ha fatto un lavoro incredibile e ci ha dato il massimo supporto, ma soprattutto tra noi e loro il rapporto è stato chiaro e trasparente fin dall’inizio. Loro ci hanno sostanzialmente detto di fare ciò che sappiamo fare! Nient’altro. E noi questo abbiamo fatto, in assoluta libertà!
Nagash: Quanto ha influito sul vostro modus operandi in fase di stesura dei brani?
Tommaso: Per Agony l’approccio compositivo è necessariamente cambiato. Per Agony la stesura delle canzoni è nata direttamente dai temi e dalle partiture orchestrali e successivamente i pattern di batteria. Abbiamo voluto pensare alle chitarre, al basso e alla batteria, alle harsh vocals ed alle voci pulite, come se fossero degli elementi dell’orchestra.
Nagash: Una cosa che ho notato è che comunque l’impianto death metal non è stato sacrificato, anzi, si percepiscono chiaramente i vostri tratti caratteristici.
Tommaso: È così! Il punto è che Agony non giunge a nulla di diverso da quanto Oracles e successivamente l’EP Mafia presupponevano. Pensiamo ai concerti di musica classica del ‘700 o dell’800! Quella era la musica estrema di allora! Noi abbiamo semplicemente unito due generi estremi per fare qualcosa di ancora più estremo.
Nagash: Nel vostro caso io parlerei di maturazione e diretta evoluzione più che di “alleggerimento”. Qual è il vostro pensiero a riguardo?
Tommaso: Assolutamente. I brani di Agony sono tutto fuorché alleggeriti, anzi!
Nagash: Sicuramente le partiture orchestrali hanno acquisito maggiore rilievo nel vostro sound, tanto da farmi quasi pensare a voi come ai Dimmu Borgir del techno-death metal, in qualche modo è un paragone che ti trova d’accordo oppure pensi che nel vostro caso siate arrivati ad un certo tipo di sound da una tangente diversa?
Tommaso: Rispetto tantissimo ciò che i Dimmu Borgir hanno realizzato, però come hai giustamente detto tu noi arriviamo da un’altra intenzione rispetto a quanto fatto dai Dimmu. Come ho già detto questo era ciò che volevamo suonare fin dal principio.
Nagash: Mi vengono in mente band come i Necrophagist, i quali fondamentalmente riversano in chiave death metal composizioni genuinamente barocche.
Tommaso: Certo, loro però hanno puntato su un approccio completamente diverso, molto pulito, con una produzione satinata. Noi invece nell’approccio chitarristico siamo molto più grezzi, questo è un death metal che potrebbe rifarsi a tutti gli acts storici del genere.
Nagash: Pensando in grande, avete in cantiere di registrare un disco o esibirvi con una vera orchestra, magari in un teatro… forse non in Italia, purtroppo, ma ve ne fosse data la possibilità?
Tommaso: Noi siamo convinti di ciò che facciamo, vogliamo vivere di ciò che facciamo e pensiamo sempre in grande! Ci sono cose che ancora si dice non si possano fare e non sono mai state fatte, come appunto l’esibizione di una band estrema, a teatro, in italia. Beh, noi pensiamo che si possa fare tutto, e faremo tutto per poter fare grandi cose, anche suonare in un teatro, in Italia e con un'orchestra. Quindi in generale si, tutto ciò che può rappresentare un quid alla nostra proposta è contemplato. Sono tutte cose a cui pensiamo, non è presunzione o poca modestia, anzi è tutto il contrario, queste sono tutte cose che si possono fare, quindi noi cercheremo di farle!
Nagash: Piccola curiosità. A cosa è stato dovuto il cambio della grafica del logo? Io personalmente, a primo impatto, ho pensato due cose: sicuramente c’è un discorso riferito al marketing, lecito a mio papere proprio perché comunque si tratta di un prodotto da valorizzare, dovuto ad una maggiore riconoscibilità e leggibilità, in secondo luogo ho anche pensato ad una scelta precisa di semplificazione in accordo con il sound maturato, ovvero l’impostazione classica ha voluto anche una rappresentazione molto più classica, o addirittura seria.
Tommaso: Hai centrato i due punti! Da un lato c’è sicuramente un aspetto riferito al marketing. Il logo dev'essere leggibile, chi legge deve sapere subito di fronte a chi si trova, senza troppe seghe insomma! Ma soprattutto c’è la chiara volontà di voler accordare il contenuto all’involucro. Per rendere l’idea ti cito una frase di Tommy Lee Jones in 'Non è un paese per vecchi': “con l’età si diventa lineari”.
Nagash: I titoli delle canzoni danno l’idea di un concept o per lo meno di un filo conduttore tra le liriche, potete illuminarci su ciò?
Tommaso: Agony è un concept a tutti gli effetti: tratta quelli che sono i mali dell’uomo dall’ipocrisia, all’egoismo, la violenza; l’aspetto lirico vuole trattare tutte quelle sfaccettature che definiscono quelle che sono le catene che relegano l’uomo in una sorta di prigione interiore. Oggi le persone sono incatenate perché non vivono la vita che hanno scelto di vivere, questa è una prigionia che ignoriamo e che non ci permette di realizzare quanto già abbiamo, portandoci inevitabilmente a ricercare dei bisogni futili ed imposti dalla società, nei casi migliori, a episodi di violenza, gente che prende e ammazza la madre, i figli per poi togliersi la vita, scappare in qualche modo da ciò che non si è voluto essere, spesso gesti estremi. La copertina rappresenta chiaramente il messaggio, c’è un uomo incatenato, non uomini, uno solo che rappresenta l’interiorità di ogni singolo, ognuno con le sue catene.
Nagash: C’è un connotato pessimistico nelle liriche o in qualche maniera riponete una sorta di speranza in uno spiraglio di luce?
Tommaso: Il messaggio è ambivalente. È sia pessimistico che ottimistico perché in fondo sta ad ognuno di noi cercare di liberarsi e quindi leggere nel messaggio delle liriche uno sprono all’autocritica e la messa in discussione costante di se stessi, cercando così di fare quello che si vuole fare, oppure arrendersi alla realtà fatta di cose che vorrebbero fare ma che lasciamo intentate in nome del conformismo.
Nagash: Avete già in programma tour di supporto?
Tommaso: Sicuramente! Non posso ancora dire nulla visto che nulla è stato ancora definito e prima di avere tutti gli accordi sulle date non posso sbilanciarmi. Di sicuro c’è che saremo in tour con la carovana del Summer Slaughter 2011 (in compagnia di The Black Dahlia Murder, Whitechapel, Six Feet Under e Dying Fetus, nda) il ché non è poco, considerata la levatura del bill.
Nagash: Un messaggio che vi sentite di dare ai lettori di Metallized, ai fans ed a chi vi segue?
Tommaso: Vi lascio con una citazione, presente in fondo ai ringraziamenti sul booklet di The Sound Of Perseverance dei Death: “Support music, not rumors”. Sostenete la musica, non i pettegolezzi.
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Perdonate il lapsus tra satinata e patinata. In merito poi al contenuto io invece ritengo doveroso dividere, a ragione, la produzione dal sound, soprattutto se poi ci si riferisce al live. Epitaph è indubbiamente un disco dalla produzione cristallina, oserei dire sui canoni del power neoclassico, che propone un brutal tecnico, raffinato e, grazie al cielo, fruibile vista la pulizia e la udibilità di ogni orpello, particolarità dei fraseggi e dei dettagli. In tal senso mi sento di avvalorare questa descrizione. |
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Io non direi che i Necrophagist siano un gruppo che gode di una produzione "satinata" (forse voleva dire "patinata"). Chiunque li abbia visti dal vivo sa che suonano talmente bene che il loro essere puliti ed impeccabili dipende solo dalla loro estrema bravura e non dalla volontà di risultare meno spigolosi mentre i Fleshgod dal vivo sembrano sempre essere una tacca meno brutali di quanto non lo siano in studio. Ci sono molti video esplicativi in questo senso sul tubo e nei commenti ai video sono in molti a notare questo aspetto. |
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4
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buona l'intervista anche se mi sarei aspettato domande più spigolose quali "per le esibizioni live ri arrangerete anche i pezzi?" |
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Bell'intervista e Tommaso Riccardi sembra veramente un tipo molto alla mano. Al di là del cambio di logo e la cover penso che i FA stiano crescendo notevolmente come band e sono orgoglioso di essere rappresentato all'estero da realtà come questa! |
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Ho ascoltato il promo da un amico rimasto nel giro del giornalismo musicale e l'ho trovato inumanamente bello. |
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Bella l'intervista, molto simpatico e giustamente entusiasta l'intervistato. Gran gruppo, orgoglio tricolore e certamente ottimo disco (devo ancora ascoltarlo ma considerando i precedenti e il singolo mi fido alla grande). Però, poche storie, copertina e soprattutto logo fanno pena. Leggibilita' e linearita' sono concetti che mi fanno rabbrividire...non capisco come gruppi di questa qualita' possano cedere a certe idiozie. |
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