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28/11/24
𝗠𝗢𝗢𝗢𝗡 + THE BACKDOOR SOCIETY + THE BRIGHTEST ROOM
ARCI BELLEZZA, VIA GIOVANNI BELLEZZA, 16/A - MILANO
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Eight Bells - The Captain’s Daughter
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( 1168 letture )
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Prima ancora di prendere in mano una copia di The Captain's Daughter, tenete ben presente un unico, semplice fatto: gli Eight Bells non sono per tutti. Questo trio statunitense, nato dopo la fine del progetto Subarachnoid Space, descrive il proprio stile come “Blackened Experimental”, andando in realtà ben oltre il concetto di sperimentazione. All’interno della mezzora dei brani proposti per il questo debutto (30 minuti che, al di là dei meri numeri, sono decisamente più che sufficienti) si susseguono infatti i generi più svariati, tra cui black, post-rock, noise, sludge e drone, uniti tra loro in modo inaspettato, a volte fluente, a volte sorprendente, dando vita a quattro tracce lunghe e tortuose, che rendono difficile qualsiasi tipo d’approccio. Ma andiamo con ordine.
Anche se siete degli ascoltatori amanti delle sperimentazioni come chi vi scrive, già ad un primo ascolto della opening track Tributaries, vi renderete conto che questa band sembra non avere un piano preciso, ma dà vita a brani inconsueti e ricchi di sfumature differenti, come a volere seguire le indicazioni della traccia stessa, mente la si compone. Tuttavia, se questo insolito modus operandi, può funzionare con pezzi sotto i quattro minuti, esso perde carattere nelle successive canzoni proposte dagli Eight Bells, dove spesso, forse per voler mantenere alta la durata delle stesse, Melynda Jackson e soci tendono a ripetere se stessi, soprattutto per quanto riguarda la chitarra, che per fortuna (o purtroppo?) rimane leader indiscussa di questo full-length. Esempio lampante di questa tendenza a tratti suicida (sia per il gruppo, ma soprattutto per chi li ascolta) è la title track The Captain's Daughter, dove i quasi tredici minuti avrebbero potuto essere tranquillamente ridotti a cinque e mezzo, anche considerate le ritmiche molto lente e la fin troppo flebile presenza della batteria. Senza dubbio migliore è invece la precedente Fate and Technology, senza dubbio il brano più assimilabile per dei fan classici del black metal, grazie soprattutto al drumming finalmente incisivo e performante di Chris Van Huffel, nonostante le ritmiche si mantengano anche in questo caso piuttosto blande, soprattutto nei passaggi prettamente vocalici della Jackson, rigorosamente in clean. Altro elemento non particolarmente sorprendente è l’artwork, piuttosto prevedibile, mentre la registrazione e postproduzione, affidate a Billy Anderson, risultano precise e professionali.
Controverso, contorto, oscuro, complesso. Trovare la chiave per comprendere questa release necessita di tempo e concentrazione, ma un’interpretazione univoca non esiste. C’è chi l’ha descritto come un pezzo di pura arte, chi come l’album più inutile del 2013. A voi la sentenza, ma non dimenticate che arrivarci, non sarà facile.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Tributaries 2. Fate and Technology 3. The Captain's Daughter 4. Yellowed Wallpaper
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Line Up
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Melynda Jackson (Voce, Chitarra) Haley Westeiner (Basso, Voce) Chris Van Huffel (Batteria)
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RECENSIONI |
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