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27/12/24
UZEDA
ASTRO CLUB - FONTANAFREDDA (PN)
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( 1995 letture )
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Dopo il deludente risultato dell’ultimo album Third Act in the Theatre of Madness, gli Illnath tornano alla carica con un album certamente più convincente dei precedenti full-length, dove tuttavia a mancare è ancora la marcia in più, il tocco di originalità necessario per far uscire questa band danese da quella grande, oscura parte di release fotocopia che da tempo ormai caratterizza la scena black/death metal attuale. Ma andiamo con ordine.
Nel vago tentativo di cavalcare l’onda mediatica delle ‘sfumature’ (richiamando forse altre mostruosità letterarie ben lontane dalla musica metal?), 4 Shades of Me si configura come un album mediocre, che ben poco aggiunge a quanto già dimostrato in passato dagli Illnath. Infatti, una volta giunti ad ascoltare No Salvation (e non si è nemmeno a metà dell’album), è possibile affermare con una certa tranquillità di aver già ascoltato quanto di buono questo gruppo poteva proporre. Quanto segue, non è altro che materiale e arrangiamenti triti e ritriti, culminanti nella cover Angelic Voices Calling, inedito rifacimento del brano pubblicato dagli stessi danesi all’interno dell’omonimo EP, migliore release della loro discografia fino ad ora, nel non poi così lontano 2001. Più in generale, dal punto di vista vocalico, pur dando una prova discreta delle proprie capacità Mona Beck continua a mancare di un propria e originale tecnica interpretativa, che la porta a tentare la via stilistica Angela Gossow, non raggiungendone tuttavia gli stessi risultati. I fans storici rimpiangeranno certamente le grandiose prestazioni dello storico frontman Narrenschiff (fuori dalla band dal 2011) e i suoi vocals, possenti e penetranti. Nemmeno in ambito strumentale 4 Shades of Me si configura come una produzione sorprendente. Infatti, nonostante la post produzione sia una delle migliori mai raggiunte all’interno della carriera del quartetto di Copenhagen, e che la stessa faccia dei veri miracoli per riuscire a dare un corpo alla produzione, la chitarra di Peter "Pete" Falk è convincente solo a tratti (come nei riffing delle iniziali Blood Warrior e Gallow Hill o nei solo di Not My God). Non molto diversa è la prestazione di Dennis Stockmarr, anche se il suo drumming è capace di fornire all’intero album quel tocco di aggressività necessario per una produzione dal taglio death.
Di certo molto rimane da fare, se si vuole raggiungere un livello sufficiente per uscire dal mare di noia in cui gli Illnath stanno annaspando da anni. Sicuramente qualcosa è migliorato dal precedente Third Act in the Theatre of Madness, ma gli sforzi di due anni di lavoro non hanno comunque portato il combo danese ad una valutazione che superi la mera sufficienza. Siamo sicuri che un processo del genere, dopo una carriera pluridecennale tuttora priva di produzioni di un certo calibro, sia ancora possibile?
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Blood Warrior 2. Gallow Hill 3. King of Your Mind 4. Pieces 5. No Salvation 6. Captain of the Seven Seas 7. Unleashed 8. Shade of Me 9. Not My God 10. It’s on Me 11. Angelic Voices Calling (2012)
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Line Up
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Mona Beck (Voce) Peter "Pete" Falk (Chitarra) Kenneth Frandsen (Basso) Dennis Stockmarr (Batteria)
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RECENSIONI |
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