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14/03/25
ALESSANDRA NOVAGA + SILVIA CIGNOLI
TEATRO DELLA CONTRADDIZIONE, VIA DELLA BRAIDA 6 - MILANO
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( 2748 letture )
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I QUATTRO DONI DI BABBO KHAINE, TERZA PARTE (Clicca qui per leggere la seconda parte)
Barry, così ho ribattezzato la renna, si è appropriato della cucina e ha iniziato a produrre un’amatriciana indossando un grembiule di Burzum e ascoltando le Spice Girls, di cui è grande fan, a palla. Problema: in casa mi manca il guanciale. Come abbiamo ovviato la cosa? Semplicemente usando il simil-carbone del mio amico! Mentre osservo il quadrupede ai fornelli, esso si gira di colpo e dice: "A stronzo. Che stai a gguardà?” "Mmm. Tipico linguaggio glaciale e nordico; Cortina D’Ampezzo?” "Si, D’Ampezzo de mmerda! A zozzo! Nun me guardà eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeer didietro!" Ok ok. Non è cosa. Lascio Barry alle prese col suo rituale allucinogeno e riprendo in mano la busta magica, proveniente dalla città del Palladio, che di architettonico ha ben poco. Anzi, analizzandola meglio, sa di tappo.
TERZO DONO, AZURE AGONY "Welcome to the official website of the best Italian prog metal band.” Cercando per vie ufficiali la line-up della band ci si imbatte in questo messaggio di benvenuto nel loro sito ufficiale. Nessun preconcetto, tranne l’ovvia precisazione che la migliore prog band italiana sono (crediamo sia unanime) gli Area. Sì, sono, perché nessuno a quei livelli ci è ancora arrivato e forse mai ci arriverà. Detto questo, gli Azure Agony sono una band friulana che suona un progressive metal di buon livello. India è il loro secondo album (il primo con un cantante, Beyond Belief era totalmente strumentale) ed è composto da otto lunghi pezzi per la durata complessiva di quasi un’ora. I nostri suonano un progressive metal molto tecnico e dilatato: stile Dream Theater per intenderci. Anzi, intendiamoci meglio: troppo stile Dream Theater! Ci immergiamo in soluzioni prese in prestito dalla band americana in tutto e per tutto; non parliamo di plagio, sia chiaro, ma di un gruppo che stilisticamente suona alla stessa maniera, pur se tecnicamente a un livello inferiore. I pregi e i difetti di questo approccio sono fin troppo evidenti, concentriamoci quindi sul disco in sé. La prima cosa che salta all’orecchio è una produzione oggettivamente non all’altezza per la proposta della band: si sente tutto benissimo, ci mancherebbe, ma ha il grave difetto di suonare soft anche quando si alza il tiro verso momenti in basse tonalità e groovy. Le chitarre sono in lontananza e l’ascolto è fin troppo delicato: India sfoggia dei suoni adattissimi per l’aor ma non per questo genere di musica. Una maggiore presenza delle sei corde e una sterzata verso il metal avrebbero dato una freschezza totalmente diversa al sound proposto, che purtroppo o per fortuna si sentirà adeguatamente solo in sede live. Gli Azure Agony offrono comunque una prestazione ineccepibile e priva di sbavature, in cui si eseguono partiture complesse e di discreto valore artistico; in un paio di frangenti ricordano addirittura i grandissimi Eternity X. Ottima la sezione ritmica con un batterista veramente sopra le righe: tempi sbilenchi, rullate, accenti, usa di tutto e di più; picchia come un forsennato e rallenta quando il pezzo lo richiede senza mai strafare in nessun senso, buonissima prova. Non convince appieno la voce, che risulta talvolta stentata e sporadicamente influenzata da una pronuncia maccheronica dell’inglese; in certi frangenti, poi, il cantante è lasciato troppo in solitario e si sente la mancanza di qualche rafforzo (sovraincisioni, effetti, cori ecc..). La sensazione ricorrente quindi è che la band sia da 8, il cantante da 6, e ciò penalizza la buona struttura dei pezzi in favore di un senso di poco amalgama tra gli strumentisti e il frontman.
Sono presenti nel disco strumenti come fisarmonica, violoncello e Chapman stick : si rivelano un buon valore aggiunto e risultano dosati a dovere per supportare le finalità dei pezzi. Gli Azure Agony hanno tutte le carte in regola per poter raggiungere grandi risultati: il distaccarsi dalla band madre (Dream Theater) per puntare più alla personalizzazione del sound potrebbe risultare un buon punto di partenza. Con le qualità tecniche che il combo ha, poi, è quasi un obbligo. Siamo fiduciosi sul fatto che la legge del terzo disco verrà rispettata alla lettera consegnandoci davvero una delle migliori band prog italiane. PS: C’è comunque gente che fa tour su tour suonando molto peggio di questa band, e in un certo senso è un’ingiustizia.
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3
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Tra l'altro per inciso, 70 per questo disco è anche troppo...ci sono buoni spunti qua e la ma anche delle ingenuità non da poco... ari' Bah... |
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2
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Non capisco come certa gente riesca a essere così presuntuosa. 'sti qui che dicono di essere la migliore prog metal italiana dovrebbero fare un bel bagno di umiltà e magari ascoltare gli ultimi lavori di gente come Kingcrow e DGM , che al momento sono per il sottoscritto le migliori realtà "prog metal" (etichetta un po' strettina per i Kingcrow e più calzante per i DGM) e anche quelle che hanno un maggior riscontro all'estero mi pare. Oggi basta veramente così poco (fare un disco carino in questo caso) per montarsi la testa? Bah... |
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1
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già gente che si presenta come "the best italian prog metal band" non è degna di un ascolto...ci sono centinaia di band validissime e molto umili, che nessuno si caga e che invece meriterebbero un vasto seguito! abbassate le creste e ne riparliamo |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1) Twin Babel 2) Private Fears 3) Libra’s Fall 4) My Last Time On Earth 5) India 6) Hold My Hand 7) A Man That No Longer Is 8) Forever Blind
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Line Up
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Marco Sgubin: Tastiere, Voce Gabriele Pala: Chitarra, Chapman stick, voce Federico Ahrens: Voce, tastiera Carlo Simeoni: Batteria Marco Firman: Basso
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RECENSIONI |
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