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23/11/24
VALLE CAUDINA METAL FEST IV
UDITORIUM PRESSO SCUOLA PRIMARIA - BELTIGLIO DI CEPPALONI (BN)
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( 1751 letture )
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Posizionarsi in mezzo ad un crocevia e respirarne le diverse idee di percorso, lasciandosi ispirare da vite ancora da vivere e storie già consunte dal tempo che trovano un loro punto di incontro e passaggio in un angusto svincolo tra i milioni esistenti sul piccolo pianeta Terra, terzo del sistema della stella detta Sole. I Siren sono una band di Pesaro, nata nel 2013 e arrivano molto velocemente al loro disco di esordio per la Red Cat Records, proponendo una formula che si pone appunto nel mezzo tra diverse ispirazioni e correnti, tanto che definire la loro proposta risulta piuttosto difficile, mentre ancora sfuggente risulta una definizione definitiva. Il loro è un rock alternativo, nelle ritmiche vicino a certo pop punk adolescenziale, che conosce però evoluzioni decisamente più mature e arriva a lambire persino leggere influenze stoner e grunge, chiamando in causa sia i Queens of the Stone Age che i Foo Fighters, ma nel mezzo pretendono spazio ed attenzione anche spunti ska, interventi di synth e molto brit pop rock. Insomma, un bel calderone di influenze che ci rendono alla fine un disco molto vitale e allegro, piuttosto sornione e ancheggiante, decisamente votato alla melodia e sorretto sempre da cori e armonie cantabili e apparentemente piuttosto disimpegnate. Il che cozza e non poco con i testi, che invece assumono caratteristiche tutt’altro che spensierate, come invece sembrerebbe indicare la musica.
The Row è come detto il primo lavoro della band e se è vero che ai primi lavori si deve perdonare una certa dose di inesperienza, quanto una messa a fuoco non sempre brillante, una identità ancora da maturare e una certa dispersione, è pur vero che è proprio su questo aspetto che si gioca la partita, in questo caso. Il gruppo finge una leggerezza che poi nella dimensione completa del disco si dimostra non poi così innocente e che mette in luce le già buone qualità tecniche dei quattro, in particolare del basso di Marcus Kawara, al pari dell’interessante vocalità di Samuel Frondero, che specialmente in prospettiva promette di riservare delle sorprese. Se è vero che i brani sono giocati tutto sommato su riff e parti melodiche molto abbordabili e in qualche caso tendenti al pop radiofonico, altrettanto si può dire che da questa semplicità e gigioneria esposta risulta poi difficile tirare fuori una linea chiara e definita. Il che indica sia che la band scrive in realtà musica molto meno scontata di quanto fosse intuibile da un primo ascolto, sia che le vie intraprese sono fin troppe e mai percorse fino in fondo in maniera convinta, come sfiorate per poi essere riposte in attesa di decidere in maniera più netta dove andare a parare. Così, il disco si apre con una Swan’s Tale che stupisce con un arpeggio evocativo su cui si dispiega il cantato di Frondero, opportunamente armonizzato dal resto del gruppo, che lascia poi spazio alla voce femminile della ospite Zeinab, la quale rivela una tecnica lirica che ben si sposa all’atmosfera onirica della canzone. Canzone che, d’altra parte, va presa come pura intro e unica traccia di questo tipo in tutto il disco, dato che poi i brani seguenti prenderanno tutt’altro abbrivio. Già la successiva Dr. Saint infatti si sposta sulle coordinate già tratteggiate: pop punk con venature alternative e ska, divertenti e leggere, abbinate ad un comparto lirico che appare al contrario tutt’altro che rilassato, nonostante un refrain assolutamente cantabile e piacevole. Si fanno notare anche gli interventi di synth e il già citato basso di Kawara, assieme alle chitarre che dettano l’andamento di tutto il disco. Una prima prova della non poi così spensierata musicalità della band arriva con Lonely Dance, brano molto particolare e interessante, che dimostra quanto tutto il gruppo goda di ottime qualità tecniche e sia capace di poliformismo musicale. Una atmosfera che prosegue e si amplifica con la seguente Track ‘92, brano che nella melodia della strofa ricorda e non poco addirittura i Blue Oyster Cult (e quindi i Ghost), squassata poi da un refrain alternative decisamente più aggressivo. Si torna su registri più easy e non particolarmente interessanti con Love Is Gone, per poi dare spazio a Wave, brano ancora una volta più riflessivo e ricco di chiaroscuri, che ci porta in una seconda parte di album meno immediata e più interessante che vede in Carpet e nella conclusiva Falling Down gli apici dell’album. La prima in particolare è forse la più riuscita combinazione delle fin troppe ispirazioni accarezzate dai Siren e mantiene un ottimo equilibrio tra strofa e refrain, mentre la conclusiva rivela una buonissima commistione tra alternative rock e l’uso di strumenti ad arco che ne enfatizzano la particolare atmosfera ed è probabilmente la più bella in assoluto. Nel mezzo trovano posto Roger Sabbath e Spit, due episodi che rimandano invece alla prima parte del disco, ma con qualche spunto in più, come a testimoniare una crescita compositiva che si manifesta sempre di più addentrandoci nell’ascolto.
The Row è quindi un album che alla fine vuole sin troppo. Essere melodico e facilmente apprezzabile, ma al contempo non scontato o votato all’easy listening. Inglobare molteplici influenze. Mettere in luce le qualità tecniche e compositive della band. Mostrare un percorso lirico non banale e tutto sommato sotterraneo rispetto all’atmosfera del disco. Il tutto senza esagerare con la distorsione, ma anche senza sprofondare nel pop più marchiano. Un equilibrio tra dinamiche opposte che riesce veramente a pochi. Troppe le strade imboccate e troppa la carne messa al fuoco in uno sforzo sì generoso, ma anche al momento poco bilanciato e che lascia alla fine insoddisfatti per l’impossibilità di farsi una ragione definitiva di cosa The Row e i Siren stessi vogliano essere. Le idee ci sono e forse più di quelle c’è l’idea del progetto che il tutto avrebbe dovuto rappresentare, ma che per adesso non è ancora compiuto. Il talento non manca, si tratta di decidere cosa lasciare indietro e quale strada intraprendere in maniera determinata e risolutiva.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Swan's Tale 2. Dr. Saint 3. Mission 4. Lonely Dance 5. Track '92 6. Love Is Gone 7. Wave 8. Roger Sabbath 9. Carpet 10. Spit 11. Falling Down
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Line Up
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Samuel Frondero (Voce, Chitarra) Jack Nardini (Chitarra, Voce) Marcus Kawaka (Basso, Voce, Synth) Mark “Supd” McKenzie (Batteria)
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