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22/11/24
HIGH VIS + PAIN OF TRUTH
LEGEND CLUB, VIALE ENRICO FERMI 98 - MILANO
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Grateful Dead - Aoxomoxoa
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( 6025 letture )
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I Grateful Dead sono sicuramente una di quelle band che non ha bisogno di troppe presentazioni. Pur non essendo tra le superstar della musica rock rientrano a pieno diritto tra i gruppi più influenti del prog rock e della musica psichedelica dagli anni 70 ad oggi. Aoxomoxoa è il terzo disco della band, dopo il discreto Anthem of the Sun; il disco verrà caratterizzato da diversi scombussolamenti e cambiamenti interni alla band, che però si rifletteranno positivamente sul risultato finale, suonando vario, fresco, sperimentale, tanto da risultare uno dei dischi dal sound più “moderno” della band. Una delle svolte in seno alla band che influenzò il sound dell’album fu sicuramente l’ingresso in formazione dell’eclettico tastierista e pianista Tom Constanten che affincava Ron “Pigpen” McKernan, che a sua volta lottava con problemi di alcolismo e scelte stilistiche e di sound che non si sposavano con la direzione della band. Pigpen infatti pur facendo parte ancora della formazione partecipò marginalmente alla composizione ed alla registrazione di Aoxomoxoa. Altro inserimento fondamentale nella band fu quello di Mickey Hart, batterista e percussionista che non sostituì Bill Kreutzmann ma bensì lo affiancò in uno sperimentale uso di due batterie.
Il disco si apre con St. Stephen, brano decisamente dalle atmosfere allegre ma caratterizzato da una serie di cambi di tempo e stacchi strumentali, come assoli di chitarra e batteria, risultando uno dei classici di sempre della band. Nella successiva Dupree's Diamond Blues si può apprezzare il tocco ed il lavoro del nuovo arrivato Tom Constanten, la canzone è infatti incentrato sul lavoro dell’organo e delle tastiere, arricchito da inserti di chitarra acustica e da strumenti più folk come il banjo, suonato da Jerry Garcia, vero leader della band, anche se durante tutto il corso della carriera della band il musicista ha sempre rifiutato di essere un leader, considerando la band un gruppo di persone in cui nessuno contava più degli altri. Si passa poi per la riflessiva e lenta Rosemary alla più sostenuta e vagamente folk Doin’ that Rag ma è con Mountais of the Moon che troviamo un altro brano pronto a diventare un classico della band, caratterizzato nuovamente dal suono delle tastiere di Constanten che in questo episodio inserisce un clavicembalo, aggiungendo al brano un pizzico di epicità e sound medioevale che si mischia alla psichedelica in modo abbastanza naturale. Phil Lesh al basso si prodiga per tutti i brani in una prestazione sopra le righe, dimostrando una tecnica invidiabile, per quanto le band dell’epoca non tendessero mai a relegare il basso a strumento di contorno o in secondo piano come purtroppo avverrà sempre più frequentemente negli anni successivi. Discorso valido comunque per tutti gli strumenti coinvolti, e buono anche il lavoro vocale, principalmente a cura del già citato Jerry Garcia. Tra i rimanenti brani va sicuramente citata l’ipnotica Chine Cat Sunflower, dall’irresistibile ritornello nel più puro stile settantiano, spensierato, psichedelico e vagamente schizoide, ma bisogna ammettere che tutti i brani presenti posseggono personalità e carattere. Come già accennato il livello tecnico dei musicisti è alto, non tanto a livello di virtuosismo, perché era una componente del tutto non necessaria nella musica dell’epoca, ma come la maggior parte dei musicisti del periodo pronti a dare il massimo, sia per le esecuzioni che per la ricerca del suono e soprattutto per la voglia di creare, inventare, sperimentare, senza schemi predefiniti e senza troppi vincoli.
I Grateful Dead furono anche tra le prime band ad esibirsi dal vivo in lunghe improvvisazioni e jam, creando veri viaggi psichedelici musicali. La loro carriera continuerà con molti altri lavori significativi e seminali, ma purtroppo anche con molti tristi episodi di scomparse premature dei componenti, minando inevitabilmente la stabilità della carriera della band fino all’inevitabile scioglimento. Senza troppi giri di parole Aoxomoxoa è considerato a ragione il capolavoro dei Grateful Dead e consiglio a tutti gli appassionati di musica, non solo rock di recuperarne una copia e godere dell’ascolto, nel corso degli anni sono state pubblicate numerose ristampe e riedizioni con bonus track live e studio che non possono che rendere più godibile l’album. Curiosità riguardo il titolo dell'album, liberamente tratto da wikipedia: “è un palindromo (il cui significato non è mai stato spiegato), creato da Rick Griffin (autore della copertina) e Robert Hunter (autore dei testi): è stata tuttavia suggerita un'ipotesi interessante, dove "AO" richiamerebbero la forma greca abbreviata di alpha e omega, quindi il principio e la fine, la "X" come simbolo di intersezione tra le cose e l'"OM" col significato tantrico di infinito, il tutto ripetuto nella forma palindroma per rappresentare la ciclicità delle cose. Il nome del gruppo, Grateful Dead, sulla copertina è crittografato e si può leggere anche come "We ate the acid". La specularità del titolo dell'album viene ripresa anche nella copertina: se viene posto uno specchio sull'asse centrale della copertina, si riprodurrà esattamente la stessa immagine, con l'unica eccezione del nome della band, che mantiene comunque forme simili".
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11
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Area: x cavalcate psichedeliche intendo il loro doppio Live, ad esempio. Ma anche i 20epassa minuti di Whippin' Post sul Fillmore East, x citare una Band a me carissima che non ha niente a che vedere con la Psichedelia. Qui il fenomeno è assai limitato. Ma pezzi di 10 o + minuti con improvvisazioni prolisse, se pur di classe, a un certo punto dici "Si guaglio', te sarai stato in trip ma io no!..." |
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10
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@Fabio Rasta, Beh questo disco affascina fin dalla copertina, St stephen se non l'avessero scritta loro probabilmente lo avrebbero fatto i Beatles...
Non so bene cosa tu intenda con "cavalcate psichedeliche", ma in realtà questo disco scorre via molto bene e qua e là si comincia a sentire che avrebbero virato presto verso il country. Infatti Workingman's Dead é country/folk.
Tante band Psych Americane avevano cominciato un riavvicinamento al country su tutti oltre ai Dead ti cito anche i Jefferson Airplaine (The Farm su Volunteers), Janis Joplin (Me and bobby mc gee su Pearls) e i Quicksilver.
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9
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Complimenti Area, conosci questo LP come le tue tasche. Come dici tu, l'ascolto di Aoxomoxoa, è sempre una grande esperienza. Non essendo io un particlare amante delle infinite cavalcate psichedeliche, lo apprezzo anche maggiormente, che sono canzoni davvero belle ma anche, come dicevi Tu un anno fa, uniche. Mi piace anche il + canonico Workingman's Dead. /// Stretta di mano! |
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8
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Ritorno su questa recensione dopo un anno dopo aver preso la recente ristampa con il mix originale del 1969... l'ho ri-ascoltato a fondo con questo mix ed é molto diverso.
Il mix del 1971 infatti aveva notevolmente ripulito il sound e tolto qualche piccolo "orpello" qua e la (diversi effetti sonori tipo piccole campanelle etc), la cosa é udibile soprattutto nella prima metà di St. Stephen.
Sul disco in se c'é poco altro da dire, ascoltarlo é sempre una grande esperienza soprattutto se si é interessati al genere psichedelico e più in generale a quel periodo storico. |
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7
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Bellissimo! Un capolavoro Psichedelico immenso! Uno degli Artwork più rappresentativi e geniali, che da solo ha fatto storia.
Una serie di canzoni uniche, su tutte St Stephen (ancora oggi la mia preferita) e Mountains of The Moon.
In diverse canzoni già é possibile sentire la futura direzione Folk/Country della band.
Nella recensione non é stato detto che l'album in studio é stato remixato pochi anni dopo nel 71 credo per renderlo meno "grezzo" ed é la versione che si trova ancora oggi in giro da dopo quella data.
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6
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Galilee#4: facciamo Live/Dead che è meglio....Live Undead è degli Slayer |
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5
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"Anthem Of The Sun" non era "discreto", era e rimane un capolavoro della psichedelia californiana più free-form ed espansa...questo un gradino sotto, ma ottimo eccome, anche se più relegato alla forma canzone. Ma che canzoni...Voto 90 |
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4
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il rock, la psichedelia e il folk sono le componenti predominanti. Si è il loro miglior disco, ma il meglio l'hanno sempre dato nei live. Live Undead domina su tutta la loro discografia. |
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3
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@roger hai ragione, etichettare la musica è sempre fuorviante, i Grateful Dead abbracciano tantissimi generi, sarebbe più corretto scrivere "musica fatta bene, da ascoltare con attenzione" |
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1
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Un vero e proprip capolavoro, St. Stephen è letteralmente ammaliante |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. St. Stephen 2. Dupree's Diamond Blues 3. Rosemary 4. Doin' That Rag 5. Mountains of The Moon 6. China Cat Sunflower 7. What's Become of the Baby 8. Cosmic Charlie
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Line Up
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Jerry Garcia (Voce, Chitarra) Bob Weir (Voce, Chitarra) Tom Constanten (Tastiere) Ron "Pigpen" McKernan (Organo) Phil Lesh (Basso) Bill Kreutzmann (Batteria) Mickey Hart (Batteria, Percussioni)
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RECENSIONI |
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