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27/12/24
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CASA DELLA MUSICA – NAPOLI
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SCOTT HENDERSON - L'importanza delle piccole cose
27/02/2010 (4569 letture)
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Altro buon colpo della Lizard Messina che, dopo averci proposto il clinic di Paul Gilbert riesce a portare a Messina anche Scott Henderson, stella della chitarra fusion con alle spalle una lunghissima carriera e collaborazioni con gente del livello di Chick Corea, Jean-Luc Ponty, -che abbiamo già incontrato in occasione della recensione di Aria di Alan Sorrenti- con i Zawinul Syndicate e molti altri, il tutto senza contare il lavoro in proprio ad esempio con i Vital Tech Tones.
Devo dire che inizialmente sono rimasto piuttosto spiazzato dalla piega offerta dalla serata in oggetto, ciò perché mi aspettavo, (chissà perché poi), una serata sul modello di quella con Paul Gilbert, ossia un vero e proprio concerto intervallato da dimostrazioni e suggerimenti tecnici.
Invece Scott Henderson -coadiuvato da Paolo Patrignani, (un altro ottimo chitarrista che vi invito a scoprire in rete), anche per la traduzione delle domande e delle risposte a favore dell’audience- ha proposto una lunga lezione vera e propria, con dimostrazioni di tecnica ed esecuzioni su input del pubblico con l’ausilio di un pc portatile con centinaia di basi preparate per fronteggiare qualsiasi evenienza esecutiva e sulle quali dimostrare quel che diceva.
Descritta così potrebbe sembrare una serata pallosa per chi non è strettamente interessato al lato tecnico della questione, ma Scott ha avuto il merito di impostare correttamente la cosa, dando la possibilità agli astanti di decidere cosa volevano che lui spiegasse, non imponendo nessun argomento pre impacchettato, ma stimolando i ragazzi presenti a chiedere quello che a loro maggiormente interessava, creando così –dopo i primi momenti di impasse- un feeling molto amichevole con la platea piazzata a ridosso del musicista.
La lezione comincia quasi senza che la gente se ne accorga, nel senso che essendo entrato con largo anticipo sull’inizio della serata ho potuto assistere al sound-check del musicista ad appena due o tre metri di distanza ed all’entrata della gente mentre Scott era ancora intento a suonare, in modo che il primo impatto con lui è stato immediato e musicale.
Il chitarrista Statunitense ha insistito molto sulla conoscenza orizzontale della tastiera per arrivare a muoversi in scioltezza su tutto il manico della stessa e sperimentare le varie possibilità di costruzione degli accordi offerti dallo sfruttamento completo dello strumento.
Altro tempo è stato speso per focalizzarsi sugli intervalli tra le note e sulle sfumature che gli intervalli stessi offrono intesi come musica vera e propria al pari delle note effettivamente suonate. Anche alcune smorfie di “accompagnamento” ed un paio di “shit” e “motherfucker” su alcuni sustain….senza sustain, hanno avuto la loro importanza, inserendo una nota di leggerezza ulteriore su una serata che altri musicisti avrebbero forse reso noiosa.
Uno dei consigli più importanti di Henderson ha riguardato il cercare di isolare piccoli licks ed imparare quelli, non necessariamente l’intero sviluppo di un pezzo, ma isolare delle singole idee anche semplici ed imparare a prendere quelle in modo da avere il cervello pronto ad assemblare quelle che poi –si presume- ognuno di noi può avere con la sua chitarra in mano e trarne poi dei brani dallo sviluppo compiuto,
E’ come per il parlare, prima impari le lettere, poi le assembli in parole e da queste ricavi i tuoi discorsi, ma devi conoscere i singoli mattoni che compongono questa costruzione.
Anche se poi –e questa è una costante delle dichiarazioni dei professionisti- è sempre l’istinto ad avere l’importanza maggiore e a dover essere preponderante sulla tecnica.
In altre parole: il talento non lo impari da nessuno.
Scott inoltre non ha fatto mistero di aver imparato centinaia di soli altrui a memoria e di continuare a farlo citando tra gli altri Stevie Ray Vaughan.
La serata si conclude in ogni caso all’insegna della musica, con lui e Paolo Patrignani impegnati in una lunga Jam session Blues su una base di basso e batteria ottenuta dal Pc che citavo in apertura.
Dopo i saluti e le foto con il pubblico si presenta anche l’occasione di una breve intervista filmata che potete vedere alla fine di questo articolo –dopo la traduzione della stessa per iscritto- totalmente improvvisata sul momento e che pertanto è da intendersi come una semplice chiacchierata a ruota libera su quello che ci veniva in mente. Anche la qualità audio è….perfettibile, ma in futuro vi prometto roba organizzata per tempo e di ottima qualità anche in questo campo.
Foto: Angelo Maimone.
Riprese: Sante SANFILIPPO.
Ed ecco l’intervista a Scott Henderson con una sintesi scritta e due video in lingua originale. Buona lettura.
Francesco: Partiamo? Ok, mi dai intanto una tua impressione su questa serata? Come ti trovi in veste di insegnante?
Scott: Niente di particolare, lo faccio da molti anni, è molto normale per me, ma questa sera è andata bene perché le domande erano intelligenti, qualche volta diventa molto noioso perché le domande sono noiose, ma non ci sono state domande stupide stasera, tutti quanti capivano bene di cosa stavamo parlando, molte volte ciò non accade e sono costretto a spiegare le cose di nuovo. Essere chiaro nel modo in cui descrivo la musica è uno dei miei principali obiettivi come insegnante, in modo che tutti capiscano di cosa sto parlando. Naturalmente si finisce spesso per parlare di vari tipi di scale, stasera abbiamo parlato di alcuni concetti del Jazz , parlare di scale, di modi di organizzare le scale, questo non è quello che maggiormente mi interessa, perché talvolta tutto quello che noi sappiamo è sulle scale, ma quelle possono insegnarle tutti.
Francesco: bèh, c’è tutto un mondo oltre.
Scott: Si, voglio dire…quello è un fatto puramente tecnico che chiunque può insegnare, ma stasera abbiamo parlato di cose non completamente tecniche, come mi piace.
Francesco: Un approccio più amichevole e meno tecnico.
Scott: Si, io ho visto molti insegnati preoccuparsi di consigliare ai loro allievi di suonare molto velocemente, ma questo non è insegnare, io non voglio fare questo, io voglio suonare nella maniera più chiara possibile.
Francesco: Io scrivo per una metal webzine, non esattamente il tuo tipo di musica preferito, ma so che ti piacciono molto certi chitarristi come Jimmy Page, un po’ uno dei nostri nonni.
Scott: Sicuro, lui è stata la mia prima fonte di ispirazione, infatti quando ho cominciato a suonare la chitarra ho imparato i soli di Page e ho detto: “Questo è quello che io voglio fare”.
Francesco: Ed ascolti chitarristi metal del giorno d’oggi?
Scott: Bèh, non sono un grande fan di chi suona tonnellate e tonnellate di note, quando è venuto fuori Eddie Van Halen non c’era niente di simile, il suo modo di suonare in tapping, la sua scintillante mano destra…ma c’era anche qualcosa di molto sentimentale nel suo modo di suonare, e suona grande ancora oggi. Sfortunatamente molti hanno cercato di copiarne la tecnica, ma non l’anima. Quando ascolto musica heavy metal con ragazzi che suonano continuamente scale minori, su e giù, questo mi annoia molto, vorrei ascoltare qualcosa…..voglio dire, per me il migliore è Steve Vai, che suona si anche quelle stronzate, ma anche in modo blues, c’è un’anima nelle sue cose, molti ascoltatori metal hanno dimenticato tutto questo, è importante quello che dice la frase musicale più che suonare a tonnellate, (di note – NdR), non è quello che mi diverte ascoltare, questo per me è circus-guitar, vai al circo, guardi lo spettacolo e dici: “Forte, tornerò il prossimo anno”, ma non è una cosa che vorresti vedere tutti i giorni e così è la musica. Quando vedo questa gente dico: “Cazzo, fantastico.” , ma non è quello che vorrei sentire tutti i giorni, non mi fa battere il cuore, quando ascolto Steve Ray Vaughan allora mi batte, questo è quello che voglio ascoltare tutti i giorni e non mi stanca mai, è un qualcosa che mi parla.
Francesco:Credo che ci sia un problema nelle produzioni che riguardano il metal e forse tutta la musica. Le produzioni moderne puntano su un wall of sound , tutti i dischi suonano uguali, è un problema che riguarda anche gli altri tipi di musica?
Scott: Si, tutto è molto formulato, e questo si sente in particolar modo nell’Happy Jazz, e tutto suona esattamente allo stesso modo…..
Francesco: Non è solo un problema nostro allora.
ScottNo, non riguarda solo il metal, è un problema generale, perché la gente tende a copiare una certa formula dicendo: “Se ha funzionato per loro, funzionerà per noi” e tendono a copiare ciò che è gia famoso e popolare, e così facendo presto tutto uguale.
Francesco: Questo è spiacevole in particolare per il Jazz, che dovrebbe essere la forma di espressione musicale più libera.
Scott: Si, infatti, credo che sia un problema che si è creato da poco, se tu mi avessi fatto la stessa domanda negli anni 70 non sarei stato d’accordo con te, perché la fine degli anni 60 ed i 70 sono stati un periodo molto , molto creativo per il rock ed il pop….
Francesco: Basta dire che è stat oil tempo del Rock Progressivo.
Scott: Certo, è stato molto, molto creativo, ma oggi per me è molto difficile distinguere l’uno dall’altro. Preferisco i chitaristi blues che suonano meno note, con più spazi nella musica, con frasi musicali facili da identificare. E’ facile distinguere B.B. King da Albert King, se ascolto Gordon Fletcher so immediatamente cosa sto ascoltando, quando ascolto Steve Ray, John Mayall è lo stesso, perché ci sono meno note, più spazi, più frasi musicali, ed è più facile capire chi è chi.
Francesco: Ma è un problema che riguarda anche le etichette o dipende solo dai musicisti?
Scott: Fa tutto parte del problema perché gli uni vogliono fare soldi e glia altri vogliono incidere, e tutti tendono a rifare ciò che ha avuto successo dicendo: “Se lo hanno fatto loro, perché non noi?”, e per me questo è proprio un approccio sbagliato. Certi dicono : “Fateci provare qualcosa di nuovo”, “No, non si è mai sentito e non sappiamo se alla gente piacerà”. In un certo senso molti vorrebbero sentire certe cose proprio perché differenti, io credo che la gente sia stufa delle corporation, delle cose che identificano il sound, in ogni tipo di musica. La gente non vuole sentire qualcosa di generico , ma qualcosa che segni un nuovo a capo, ma è più facile rifare ciò che è stato fatto, perché fare qualcosa di nuovo è molto difficile.
Francesco: Cosa pensi delle tecnologie offerte da internet? Stanno salvando o stanno uccidendo la musica?
Scott: La stanno uccidendo. Ecco…credo che molti dicano delle stronzate, alcuni dicono di scaricare per poi comprare il disco fisico, tutte stronzate, grandissime autentiche stronzate, stronzate, capisci cosa intendo? La gente è povera, l’economia va male, la gente sa quanto vale il denaro e se può avere qualcosa gratis la prende, giusto? Quando io chiedo alla casa discografica un verto budget loro rispondono: Ci dispiace, non possiamo darti tanto, ed io : Ma è meno di quello che vi ho chiesto per l’ultimo disco”, e loro dicono che la ragione è che ogni nuovo disco vende meno perché meno fans lo comprano e gli altri lo rubano, e questa è una cosa che non si è mai vista, questi soldi sono il sostegno della mia famiglia, non posso farne a meno, capisci? E questi ladri fottuti motherfuckers non fanno altro che scaricare il disco e non ne hanno mai comprato uno.
Francesco: Ma io potrei detenere una copia digitale per me.
Scott: No, perché la copia digitale può essere rubata è non c’è ragione di non proteggerla, ed ognuno può copiarla ed il nostro business è perso. Ogni giorno ricevo e-mails con scritto :Perché perdere tempo a andare a teatro? Scarica da noi liberamente così tu puoi vedere tutto comodamente nella tua grande tv nel salotto di casa tua, e questo è criminale, è come rapinare una banca, è come presentarsi armati e dire : ”Dammi i soldi”, non c’è differenza. Quindi, si! Stanno uccidendo il music business. E’ diverso per le copie promozionali che si danno a quelli come te. Se io do ad un sito web –proprio come faccio- un promo con alcuni pezzi da far sentire liberamente e diffonderli per invitare poi a comprare l’album, ma se io concedo l’intero album per il download e non si compra poi nei negozi è come togliere il pane di bocca a mia figlia di sei anni. La musica non può essere gratis, i musicisti lavorano proprio come i dentisti o gli avvocati, e devono essere pagati per il loro lavoro. Questo è il mio punto di vista, ma se chiedi ad altri musicisti ti diranno la stessa cosa.
Francesco: Veniamo a te. Prossimo disco?
Scott: Sono al lavoro per il mio album e con i Tribal Tech in Maggio, poi un tour con il mio trio in tutta Europa ed in India. Poi torneremo negli States ed in Sud America con Dennis Chambers e Jeff Berlin, negli ultimi sei anni sono stato molto in tour, ma stavo fuori settimane e poi tornavo brevemente a casa e così via , questo sarà molto lungo e per me sarà molto duro separarmi da mia figlia, perché durerà mesi e mesi, ed è un problema separarsi così a lungo dalla famiglia.
Francesco: Pensa che sono fuori da solo tre ore e mia moglie ha chiamato tre volte, anzi, mi sta chiamando anche adesso.
Scott: Ha, ha, ha, per fortuna mia figlia ha solo sei anni…ha ha ha.
Seguono saluti.
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Giovinastri irrispettosi |
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Ma no Frà, infatti il mio non voleva essere un complimento!! |
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Comunque dev'esser stato un gran bel concerto... fa piacere sapere che c'è qualcuno che fa queste cose. Massimo rispetto! |
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Renaz, non so....tu che te ne intendi, ti sembra di buona qualità? Rob, secondo te essere come Marzullo è un complimento? |
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Ottimo lavoro Frà! Mi sembri Marzullo! BUAHAHAHAHAHAHAHAH... complimenti davvero! |
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Khaine, se sapessi che corsa ho fatto per mettere tutto on line non saresti così parsimonioso nei complimenti (scherzo). Pinche; pensa che alcuni mesi fa ho perso Steve Vai a tu per tu per un banale disguido di accredito |
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Grande Raven. Comunque devo dire che a Messina vengono personaggi veramente interessanti. |
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Francesco, sei UFFICIALMENTE un grande! |
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