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RIVERSIDE + INNER VITRIOL + METHODICA + EVELYN ROGER - Porretta Prog Legacy, Parco Rufus Thomas, Porretta Terme (BO), 14/07/2024
20/07/2024 (859 letture)
Metti una sera d’estate in una ridente cittadina dell’Appennino toscoemiliano, Porretta Terme, che ha legato il suo nome a festival dedicati al blues e al soul, tanto da aver intitolato l’arena e il parco che la contiene al mitico Rufus Thomas e che, da qualche anno, ha deciso di aprire anche alla musica prog. L’edizione 2024 del Porretta Prog Legacy si estrinseca in una tre giorni di prog con headliner di rilievo come Banco del Mutuo Soccorso, Balletto di Bronzo e, in chiusura, i polacchi Riverside. Una bella occasione per vedere finalmente la band di Mariusz Duda all’opera, assieme a tre band italiane di supporto.

EVELYN ROGER
Arriviamo a Porretta Terme a ridosso dell’inizio dell’esibizione del primo gruppo. Notiamo da subito il caldo anomalo che avvolge la cittadina ancora alle otto di sera, mentre i suoni del concerto si propagano anche a distanza di qualche centinaio di metri dall’ingresso. Fatti velocemente i biglietti (55€ il biglietto) e preso il braccialetto che consente di entrare e uscire dall’arena, riusciamo ad ascoltare i due ultimi brani degli Evelyn Roger. Troppo poco per esprimere un giudizio: la band appare molto grintosa e decisamente convinta, proponendo un heavy a chiare tinte Iron Maiden, con il più che chiassoso aiuto di una pattuglia di fan nelle prime file davanti al palco. Il vocione roco e potente del cantante/chitarrista non appare il massimo di precisione, ma incita a dovere gli astanti, in un’arena comunque già quasi piena.

METHODICA
Cambio di palco piuttosto veloce e tocca ai Methodica. Già dal look, piuttosto avulso dal metal, il cambio di registro è decisamente evidente e ancora di più lo sarà musicalmente. Il gruppo propone infatti un curioso quanto interessante connubio di prog metal, alternative e musica elettronica. Non essendoci un musicista sul palco evinciamo che la band suoni con delle basi preregistrate per quanto riguarda le partiture di sintetizzatore, piano e tastiera, che pure ricoprono un ruolo piuttosto rilevante nelle trame degli arrangiamenti. Il cantato molto melodico, seppur avulso da refrain di pronto consumo, è senz’altro un elemento altrettanto importante. Molto buona la tecnica strumentale con tutti i musicisti in evidenza. Peccato che a lungo andare l’assenza di variazioni ritmiche di rilievo, come anche di sbocchi solistici, finisca per rendere i brani un po’ troppo uguali a se stessi, lasciando poco a chi non conosce già la proposta della band. Un aspetto questo che meriterebbe di essere affrontato, vista comunque l’ottima potenzialità dei Methodica.

INNER VITRIOL
Altro cambio piuttosto veloce di palco e arriva il momento degli Inner Vitriol. Il gruppo sembra già conosciuto da parte degli astanti e l’accoglienza, che pure finora è stata comunque più che partecipativa, si innalza ulteriormente di calore. Al contrario e per fortuna, la temperatura atmosferica invece inizia a cedere, liberando qualche salvifico refolo. La band di Bologna sembra decisamente giocare in casa e si permette infatti qualche interazione di più col pubblico, scherzando e invitando a battere le mani a più riprese, anche su ritmiche appena più ostiche: “d’altra parte è un festival prog”. Siamo di fronte a un prog piuttosto complesso e a tinte “misteriche”, con ampie sezioni virtuosistiche, in particolare da parte del chitarrista Michele Di Lauro, comunque piuttosto mobile sul palco, a cui fa da contraltare Francesco Lombardo al basso, anch’egli all’opera con più di un intervento solistico, mentre l’ottimo Gabriele Gozzi alla voce scalda la propria impressionante estensione, che libererà poi nei brani successivi. Il gruppo ha esperienza dal vivo e si vede: come riportato dalla loro bio, infatti, i lavori rilasciati con l’etichetta americana Melodic Revolutions Records hanno permesso loro di fare date di supporto a pesi massimi come Dream Theater, Pain of Salvation, Sons of Apollo, Evergrey, Soen e via elencando, con tour anche all’estero. Non di semplice fruizione, dato che anche in questo caso mancano appigli melodici di rilievo e i brani sono effettivamente piuttosto lunghi, il tempo a loro disposizione corre comunque piuttosto velocemente, grazie alla buona presenza scenica e all’ottima tecnica messa in campo, che a volte sopperisce un po’ alla sequenzialità compositiva non di primissimo impatto. A chiusura dell’esibizione le meritate foto di rito chiudono un concerto che ha raccolto diversi consensi.

RIVERSIDE
Proprio mentre le tenebre cominciano a cadere e l’aria si fa decisamente più frizzante, arriva il momento degli headliner. Alle dieci in punto la band inizia a fare ingresso sul palco, mentre si spengono le note del vaudeville jazz che ci ha tenuto compagnia. Inutile dire che l’arrivo del band leader viene accolto da una vera ovazione, da parte di una arena ormai totalmente piena. Look informale per il gruppo, ma bastano pochi secondi della prima traccia per chiarire come il livello salga decisamente, anche e soprattutto a livello compositivo. #Addicted rompe gli indugi e fin da subito è evidente come la band giri totalmente attorno a Duda e al suo basso. Non solo strumentalmente, il cantante è senza dubbio il centro nevralgico della band e la sua centralità compositiva risulta il perno attorno a cui tutto si muove. Perfetti i suoni, sin dalle prime note, con forse la chitarra appena sacrificata in termini di ritmica, mentre ottima la resa in fase solistica e ben bilanciate invece batteria e tastiera, per quella che si appresta a essere una esibizione memorabile. Che la band sia in palla è palese da subito e che il pubblico apprezzi e molto non tardiamo a capirlo dall’applauso scrosciante che si scatena a termine del primo brano. Ampio spazio in scaletta viene riservato come prevedibile all’ultimo ID.Entity ed è nell’introduzione a Landmine Blast che Mariusz tira fuori l’altro asso nella manica: la simpatia. Inaspettata, forse, ma la vena ironica del band leader è davvero marcata e in qualche caso pungente: si presenta dicendo di essere molto felice di aver ricevuto l’invito per questa bella manifestazione di cui, confessa, ignorava l’esistenza, come dell’esistenza della stessa Porretta Terme, d’altra parte. Ricordando quindi che, nel bene o nel male, i Riverside sono considerati parte del movimento prog o addirittura del prog metal, precisa che a lui dispiace sempre vedere ai concerti qualcuno che si affanna a battere le mani su tempi astrusi e rassicura tutti che se ci sarà da farlo daranno loro un aiuto (risate da parte del pubblico) e che eventuali riferimenti a band come Dream Theater non sono da considerarsi complimenti, per loro (ancora risate di cuore). Infine, presentando appunto il nuovo disco, rivela come stavolta abbiano deciso di usare una copertina con dei colori vivaci e vividi, in contrasto con i toni malinconici degli album precedenti, perché appunto desiderosi di lasciarsi un po’ alle spalle le tristezze degli ultimi anni. Ricorderà poi più avanti che il fatto di essere un gruppo prog non implica necessariamente che debbano essere sempre seri e accigliati e fa notare, infatti, che stasera invece del look total black, ha aggiunto delle note di colore (anche qua risate e applausi, quando indica la toppa verde sulla felpa). Un passo per volta, dice. Chiuso il siparietto, si riparte con una fotonica Landmine Blast che, nonostante le premesse, non può fare a meno di rivelare una certa vena malinconica e velata, che conquista comunque subito, grazie a una melodia che fa immediatamente presa, senza per questo essere semplice o scontata. Ancora più evidente questo passaggio nella successiva, lunga e variegata, Big Tech Brother splendido brano che coniuga presente e passato del prog, con l’ennesima grande prestazione strumentale. Bellissima Lost (Why Should U Be Frightened By a Hat?), nella quale le influenze dei Marillion sembrano più evidenti che mai e nella quale si fa notare anche la bravura del chitarrista Maciej Meller, dall’ottimo tocco e dal suono perfetto. Anche qua da sottolineare la simpatica ruffianeria nel fatto che Mariusz presenti gli altri membri del gruppo con nomi italiani, Marco, Michele e Pietro e come quindi venga presentato come Mario ricevendo in cambio subito un coro Mario! Mario! Mario! da parte del pubblico, che si premura di interrompere molto modestamente presentando il brano successivo, la spettacolare e lunghissima Left Out. Duda precisa che i Riverside sono una band che vuole la partecipazione del pubblico e quindi ci invita a considerarci assolutamente obbligati a intonare il coro centrale. Solo che, trattandosi di una canzone prog, l’impegno sarebbe arrivato appunto dopo circa cinque minuti!!! (anche qua, risate del pubblico). Pezzo stratosferico, comunque, nel quale il gruppo dimostra ancora una qualità tecnico-strumentale a dir poco stordente, che ci consegna a un altro momento a dir poco emozionante, con The Place Where I Belong: tredici minuti e oltre di puro godimento, che conferma non solo la grande ispirazione presente nell’ultimo album, ma anche la splendida intesa tra i musicisti del gruppo, per una resa dal vivo stordente, senza una sbavatura. Una parola anche per la bella voce di Mariusz Duda: non sarà forse l’aspetto che colpisce per primo, ma il band leader, come non bastasse tutto il resto, possiede anche una splendida timbrica, a dir poco perfetta per la musica del suo gruppo e assolutamente centrale nella resa dal vivo dei brani, identici alle versioni da studio e con forse ancora più calore e rotondità. Nuovo invito a cantare sul finale del brano e nuova entusiastica risposta del pubblico, rapito e complice al tempo stesso. Ci avviciniamo alla fine e dopo due “pezzoni” piuttosto impegnativi, la partenza di Friend or Foe? con le sue reminiscenze di synth-pop ottantiano è un ottimo "stacco" nell’economia del concerto e d’altra parte il pezzo fa breccia immediata, facendo felici tutti i presenti, con un ascolto appunto meno impegnativo, ma non per questo meno interessante. Chiude la meravigliosa Conceiving You e qua c’è poco da dire: brividi ovunque, sin dall’introduzione di piano, per poi passare alla stupenda melodia e ai bellissimi fraseggi chitarristici. La canzone viene dilatata ben oltre i suoi quattro minuti di durata della versione originale, superando abbondantemente gli undici, per la gioia dei presenti, grazie a una lunga parte centrale strumentale su scale "mediorientali" che ricordano vagamente Kashmir, ampiamente esaltate dai giochi di luce della scenografia e dall’ultima boutade del buon Mariusz, che invita il pubblico a urlare, ma sottovoce, in pratica alitando a tutto spiano un “aaaaaahhhhhhhhh”. Lo chiama “silent scream” e fa ripetere l’esperimento due volte, dicendo che se qualcuno avesse gridato, invece di urlare sottovoce, loro sanno dove viviamo (risate a cuore aperto, ma sottovoce). Alla fine, chiede un urlo vero, "il più potente del Porretta Prog Festival, All editions!!!", se non che, quando arriva il momento dell’urlo, la musica riparte a tutto volume, azzittendo tutti! Gran finale con risate generali di una esibizione clamorosa. Niente bis, ma un’ora e mezza di musica di altissimo livello, che riconcilia con la vita. Grazie Riverside.

SETLIST RIVERSIDE
1. #Addicted
2. 02 Panic Room
3. Landmine Blast
4. Big Tech Brother
5. Lost (Why Should U Be Frightened By a Hat?)
6. Left Out
7. The Place Where I Belong
8. Friend or Foe?
9. Conceiving You


AL FINALE
Bella edizione, questa del Porretta Prog Legacy, con una proposta validissima e con un headliner conclusivo che ha soddisfatto alla grande le aspettative di un’arena piena in ogni ordine e grado. Piacevole la cavea da cui è ricavato l’anfiteatro, col palco praticamente a livello terra, che permette al pubblico una buona visione, una ottima acustica e un contatto quasi fisico con i musicisti. I quali, infatti, a fine concerto si vedono arrivare tutte le persone addosso, per un saluto caloroso "all’italiana" che i polacchi, forse non abituati, schivano appena possibile, guadagnando velocemente il camerino.
In generale, buona la rodata organizzazione, che si giova dei decenni di esperienza del Porretta Soul Festival e permette una fruizione molto piacevole e "user friendly", con all’interno banchi per cibo e bevande a prezzi ancora accessibili (5€ la media alla spina, 8€ la piadina) e comunque con la possibilità di uscire fuori, dove si svolgeva una specie di fiera cittadina, con diverse altre soluzioni a disposizione. Peccato non ci fosse alcun merchandising dei Riverside, un neo non da poco, con Methodica e Inner Vitriol a presentare invece i propri lavori e le magliette.
Certo il prezzo del biglietto non era proprio popolare, considerando che questa era la serata con il maggior dispendio, ma alla fine dei conti si torna a casa soddisfatti e i diciassette (dico 17) gradi sulla strada del ritorno sono una vera goduria senza prezzo.



Lizard
Sabato 3 Agosto 2024, 7.14.38
3
No, non direi affatto. I gruppi di supporto erano comunque di spessore, al di là dei gusti personali e i Riverside in forma strepitosa. Nove pezzi per un\'ora e mezza di concerto a livelli altissimi. Chi c\'era ha passato una serata che difficilmente dimenticherà.
Adoratore della patata decespugliata
Sabato 3 Agosto 2024, 1.46.46
2
Riverside solo 9 pezzi, setlist scontata e discutibile, gruppi spalla così così, prezzo 55€, un autentico furto per un festival del genere
Adoratore del cespuglietto muliebre
Giovedì 1 Agosto 2024, 9.55.37
1
Avevo letto PorCHetta Prog Legacy. Sono un po\' deluso.
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20/07/2024
Live Report
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